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Unire le forze, per il bene dei libici. Parla l’inviato speciale amb. Ferrara

Mentre il processo di stabilizzazione della Libia guidato dalle Nazioni Unite procede, l’Italia nomina un inviato speciale, l’ambasciatore Pasquale Ferrara. Fresco di nomina dalla Farnesina ha detto a Formiche.net: “Uniamo le forze, miglioriamo il coordinamento, coltiviamo con assiduità l’interlocuzione con i principali attori internazionali”

La Farnesina ha attribuito all’ambasciatore Pasquale Ferrara l’incarico di “inviato speciale del ministro [degli Esteri] per la Libia”, ossia – come spiega la nota del ministero italiano – gli è stato conferito l’incarico di rappresentare l’Italia garantendo “la piena partecipazione a tutte le iniziative multilaterali a sostegno del processo politico libico, in linea con il nostro tradizionale impegno a favore della pace e della stabilità nel Paese”.

La nomina di un rappresentante speciale italiano, in discussione da qualche tempo, arriva nei giorni immediatamente successivi a una serie di contatti che hanno vista Roma protagonista dei negoziati sulla Libia. Prima il presidente del Consiglio presidenziale, il premier Fayez al Serraj, era arrivato nella capitale italiana per incontrare la rappresentante facente funzione dell’inviato speciale Onu, Stephanie Williams, e successivamente i vertici del governo italiano, il premier Giuseppe Conte, il ministro Luigi Di Maio.

Nei giorni successivi, Serraj si è fermato a Roma (rimandando un viaggio in Turchia) per aspettare il suo vice, Ahmed Maiteeg, politico di Misurata con ottimi rapporti con la Cirenaica, e insieme hanno visto di nuovo Williams. Poi Maiteeg ha continuato i suoi appuntamenti romani incontrando il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, quella degli Interni, Luciana Lamorgese, e di nuovo Di Maio.

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L’Italia torna centrale per la tela diplomatica con cui si cerca di stabilizzare un Paese da anni in crisi – militare, sociale ed economica. Che ruolo svolgerà come inviato speciale?

Credo che il modo migliore di presentare il ruolo che il Ministro Di Maio ha inteso assegnarmi sia anzitutto quello di un ulteriore tassello per rafforzare l’azione che la Farnesina già svolge con grande impegno da anni sul dossier libico – risponde Ferrara, diplomatico di lunga carriera, fino al novembre scorso ambasciatore in Algeria – sia a livello centrale che attraverso l’Ambasciata a Tripoli. Si tratta di unire le forze, migliorare il coordinamento, coltivare con assiduità l’interlocuzione con i principali attori internazionali. La Libia richiede uno sforzo corale, un’unità di intenti per favorire soluzioni che devono essere trovate in piena autonomia e sovranità dai protagonisti del processo politico libico. Noi dobbiamo incoraggiare ed accompagnare questo percorso, naturalmente in totale sintonia con le Nazioni Unite e nel solco delle linee esplicitate dalla comunità internazionale nella conferenza di Berlino un anno orsono.

Come vede l’evolversi dei negoziati a guida Onu per la stabilizzazione del Paese?

Credo che ci troviamo in un passaggio cruciale, con l’avvio di un cammino, articolato in varie tappe, come risultato del Foro di Dialogo intra-libico tenutosi dal novembre scorso. La Nazioni Unite grazie anche agli sforzi profusi incessantemente dall’inviata Stephanie Williams, sono state centrali nel propiziare un consenso, che però adesso deve essere consolidato, trovando concreta attuazione nell’identificazione delle personalità che saranno chiamate a reggere le istituzioni libiche (Consiglio Presidenziale e Primo Ministro) in vista delle elezioni previste per il 24 dicembre 2021. Gli strumenti ed i fori di confronto sono stati trovati: penso al comitato consultivo e al comitato giuridico che sono chiamati a mettere in musica, per così dire, le intese raggiunte nel Foro di Dialogo. Le prospettive sono in incoraggianti, ma il percorso non è privo di ostacoli ed insidie.

Uno dei problemi della crisi libica è anche la sovrapposizione degli interessi di attori esterni che hanno sfruttato il contesto per conflitti per procura, dannosi nell’interesse della Libia, a cui forse la Comunità internazionale ha dato troppo spazio rispetto a certi attori geograficamente già vicini che hanno sempre dimostrato un atteggiamento costruttivo. Come, e fin dove, l’Italia può giocare un ruolo nel processo interno e in questi equilibri internazionali?

Credo che sempre più ci si renda conto che non c’è soluzione alla crisi libica senza una piena padronanza del processo politico da parte degli stessi attori politici libici. Noi siamo convinti che la comunità internazionale debba sostenere ed incoraggiare, e che gli attori regionali possano svolgere in tal senso un ruolo costruttivo, a cominciare dai paesi realmente vicini della Libia, cioè quelli che condividono un confine geografico. Non aiutano invece le interferenze e gli interventi che rischiano di perpetuare la situazione di conflitto, tra l’altro in violazione anche dell’embargo decretato dalle Nazioni Unite sulle forniture militari alla Libia. Quanto agli interessi internazionali, credo che siano legittimi solo se coincidono con gli interessi del popolo libico, che ormai da un decennio vive una situazione drammatica di conflitto e di insicurezza. È questa la nostra stella polare.

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