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Così gli Usa possono affrancarsi da Trump. Lo spiega Del Pero

Istituzioni sfregiate, schiaffo di Trump contro la democrazia americana, che risponde senza fermarsi e ratifica la vittoria di Biden. Ora per il Gop la strada, lunga e difficile, è quella di affrancarsi al presidente per aiutare gli Usa a riemergere dal giorno più buio. Conversazione con Mario Del Pero, professore di Storia internazionale a SciencesPo di Parigi

La riscossa delle democrazia è arrivata nel giorno più buio per le istituzioni americane: dopo l’assalto dei fanatici trumpiani a Capitol Hill, i congressisti statunitensi hanno voluto riprendere il più rapidamente possibile la riunione congiunta interrotta con quel “tentato colpo di stato” – come lo hanno definito in molti, sebbene forse è meglio dire “insurrezione” sostengono altri – e ratificato formalmente la vittoria elettorale di Joe Biden. La democrazia continua con le istituzioni che procedono nel proprio esercizio. Poi il messaggio di Donald Trump, conciliante, quasi non riconoscibile, che — seppure non nomina di mai il suo successore — ammette per la prima che fra meno di due settimane ci sarà un’altra amministrazione a Washington.

Certo, resta “difficile sottostimare la rilevanza simbolica, e quindi la salienza storica, di ciò a cui abbiamo assistito ieri” commenta con Formiche.net Mario Del Pero, professore di Storia internazionale a SciencesPo di Parigi. “È uno sfregio e una vandalizzazione del luogo sacro della politica e delle istituzioni staunitensi. Simbolo della forma democratica – continua Del Pero – e, nelle sue banali fattezze neoclassiche (riprodotte in tantissimi altri campidogli statali), di una sobria virtù civica repubblicana antitetica tanto alla demagogia trumpiana quanto a incontrollate manifestazioni di piazza come quella di ieri”.

Il “come siamo arrivati fin qui” è la somma di una deriva che la politica e la società statunitense hanno preso da tempo, una polarizzazione sempre più spinta, come spiegava il professore sempre su queste colonne non più di due mesi fa, commentando le elezioni Usa2020 – elezioni che peraltro sono oggetto del contendere della ribellione di ieri, conTrump che aveva raccolto i suoi come pressione sul Congresso riunito per ratificare la sua sconfitta, seguendo un percorso avviato sin da subito e guidato dalla pretesa di dimostrare, senza prove, che la vittoria di Biden fosse frutto di brogli.

“L’assalto fisico al simbolo della democrazia statunitense – continua Del Pero – è il portato, non inevitabile ma logico, dell’assalto verbale che il presidente usa da tempo. Lo abbiamo detto e scritto mille volte: l’elezione e la Casa Bianca non hanno civilizzato istituzionalmente Trump, che ha continuato (per inclinazione, opportunismo e inadeguatezza) a cavalcare e offrire una grammatica anti-istituzionale e talora finanche eversiva”.

Trump pare fagocitato dalla stessa narrazione avvelenata che l’ha creato e che lui ha sfruttato finora per costruirsi una dimensione elettorale, giocando però su leve in parte finite fuori controllo. “Trump è il prodotto, non la causa, della polarizzazione radicale e della evidente fatica della democrazia statunitense, intendiamoci. Da presidente però l’ha invariabilmente acuita”, aggiunge il docente dell’università parigina.

Non è forse questo il paradosso e il corto-circuito di questi 4 anni di presidenza; paradosso che ieri si è reso completamente visibile al mondo intero? “Certamente. Il presidente, figura ultima e apicale delle istituzioni e custode e garante dell’unità della nazione, ha continuato scientemente a dividere e lacerare il paese, e a picconare e delegittimare le istituzioni”, risponde Del Pero.

Al di là del tessuto sociale lacerato, questione enorme, sotto la sfera più strettamente politica c’è anche un Partito Repubblicano che sembra in netta difficoltà. Nonostante Trump abbia in questo momento chiesto una “ordinata” transizione di potere verso Biden, in queste settimane ha abbinato le sue denunce contro fantomatici brogli con l’immagine del Grand Old Party. E anche per questo, mentre un frangia estremista capitanata dal senatore texano Ted Cruz ieri si preparava a votare contro la ratifica delle vittoria di Biden, la componente maggioritaria – guidata dall’ancora capo della maggioranza senatoriale, Mitch McConnell, e dal vicepresidente Mike Pence – marcava il punto finale di un apparente processo di presa di distanza dai tentativi trumpiani di rovesciare l’esito delle presidenziali.

“Forse si apre un’opportunità per i repubblicani (sottolineiamo forse, però)”, spiega Del Pero. Come? “Credo che passi dal prendere finalmente le distanze da Trump. Ciò presuppone una lunga marcia nel deserto, perché Trump galvanizza e mobilita la base conservatrice come nessun altro; perché il suo nazionalismo razziale è egemonico in tanta parte dell’elettorato repubblicano; e perché la tossicità del discorso trumpiano è ormai entrata in circolo e farla uscire è compito non semplice. Ma come ci mostrano sia il voto in Georgia sia il grottesco assalto al Congresso di ieri con Trump non vi può essere un futuro, o almeno un futuro democratico, per i Repubblicani”.


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