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La Via della Seta cambia ma non muore. E l’Italia?

Gli investimenti nella Via della Seta attraverso le due banche di Stato sono in calo. Ma il progetto sta cambiando anche grazie al ruolo degli istituti commerciali, avverte Rhodium Group. Cosa significa per l’Italia, sempre più ai margini del dialogo Ue-Cina nonostante il memorandum nel 2019?

Una recente ricerca della Boston University mostra un netto calo dei prestiti delle policy bank cinesi all’estero: nel 2019 i due principali istituti di Stato, China Development Bank ed Export-Import Bank of China, hanno fatto registrare un calo di circa il 94% rispetto al picco stimato nel 2016 passando da 75 miliardi di dollari a soli 3,9. Numeri che hanno alimentato i dubbi, anche del Financial Times, sulla sopravvivenza della Via della Seta, che vede coinvolta anche l’Italia, che nel marzo 2019 ha firmato (governo gialloverde) un memorandum d’intesa.

“Le precari condizioni economiche e la pressione del debito in diversi Stati beneficiari suggeriscono che i prestiti saranno rallentati fino a nuovi minimi nel 2020. Tuttavia, sospettiamo che il rallentamento del 2019 non sia stato così drammatico come indicano i numeri della Boston University. E i numeri non riflettono i cambiamenti in corso nell’ambiziosa iniziativa cinese”, commentano Matthew Mingey e Agatha Kratz in un rapporto del Rhodium Group, uno dei think tank di riferimento quando si parla delle mire economiche di Pechino verso l’estero.

I due esperti riconoscono il rallentamento, dovuto anche ad alcuni inciampi di Pechino (come ala “trappola del debito” emersa nel caso del porto di Hambantota in Sri Lanka e che ha spaventato un po’ tutti i partner). Ma sottolineano anche alcuni errori nell’analisi della Boston University, a partire dalla sottovalutazione del ruolo delle “banche commerciali cinesi”, che sono “diventate sempre più importanti prestatori dei mercati emergenti, sia per i governi, sia per le imprese statali sia per le aziende private”.

Per questo, scrivono, dobbiamo attendere i dati del 2020, che non saranno disponibili fino all’anno prossimo. Nei dodici mesi che ci siamo lasciati alle spalle sia la Cina sia i Paesi beneficiari hanno concentrato le risorse sulla lotta contro il Covid-19. Inoltre, i due istituti centrali per la Via della Seta hanno frenato le loro spinte verso l’esterno. Tuttavia, concludono, “sebbene la Via della Seta sia stato fino a oggi un progetto incentrato sui prestiti, il 2020 potrebbe evidenziare il ruolo vitale (e in crescita) di altre forme di interazione. Tra questi, la chiave è l’investimento greenfield cinese, sia per le infrastrutture sia per altri settori, che ha resistito molto meglio nel 2020 rispetto ad altre forme di flussi di capitali cinesi transfrontalieri. Nel 2020 potremmo anche vedere le quattro grandi banche cinesi e persino le imprese di Stato svolgere un ruolo più importante nel mix di prestiti all’estero della Cina, una tendenza che abbiamo osservato negli ultimi dieci anni. In breve, la Via della Seta del futuro potrebbe non essere il programma infrastrutturale finanziato da prestiti politici degli anni passati, ma è tutt’altro che morto.

Dare un’occhiata ai dati relativi al 2020 sarà interessante anche per l’Italia, visto anche che Exim ha firmato, sulla scia del memorandum d’intesa tra Italia e Cina del 2019, un accordo con Sace-Simest.

Firmare quell’accordo sulla Via della Seta non è servito all’Italia a esportare di più in Cina, come racconta il rapporto “ La Cina: sviluppi interni, proiezione esterna”, realizzato dal Torino World Affairs Institute per l’Osservatorio di politica internazionale; né a contare di più nei rapporti tra Unione europea e Cina, com’è emerso chiaramente in occasione del recente accordo sugli investimenti.

Non è servito neanche un vertice tra i ministri degli Esteri italiano e cinese, Luigi Di Maio e Wang Yi, a ridosso della conclusione delle trattative tra Bruxelles e Pechino: il nostro Paese non soltanto non ha ottenuto un posto nella videoconferenza tra il presidente cinese Xi Jinping e leader europei (presenti, invece, la cancelliera tedesca Angela Merkel e presidente francese Emmanuel Macron) per l’annuncio dell’intesa. Non ha neppure potuto visionare le bozze dell’accordo.

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