Il Pd lavora per un Conte-ter. Il segretario Zingaretti dà la linea alla direzione: si lavora per il reincarico al premier e niente veti sul ritorno di Matteo Renzi nella maggioranza. Ma fra le righe lascia la porta socchiusa a un piano B, “sarebbe insufficiente affidarsi a un nome”
Per chi si stesse chiedendo qual è la linea ufficiale del Pd sulla crisi, eccola dettata dal segretario Nicola Zingaretti. Il Pd, ha detto intervenendo alla direzione nazionale, dà la sua benedizione alla nascita di un Conte-ter. E Giuseppe Conte non si tocca: “Il Partito democratico ha una sola parola ed esprime un nome come possibile guida di un nuovo governo di cambiamento. Quello di Giuseppe Conte”.
Ci sono ancora “dubbi sulla affidabilità” di Italia Viva ma “niente veti” sul possibile rientro in maggioranza di Matteo Renzi e della sua squadra. Il voto? “Noi non abbiamo mai voluto o auspicato elezioni politiche anticipate e non le vogliamo ora”.
È questo “il passaggio strettissimo” per uscire dalle secche della crisi, dice Zingaretti. Che rompe così gli indugi e dirada un po’ della nebbia che si era addensata attorno al Nazareno, fra voci di “ribaltoni” dietro l’angolo e il timore, nella cerchia del premier, che in fondo il nome di Giuseppe Conte non fosse proprio imperativo.
Timori smentiti, ma solo in parte. Perché nel lungo discorso tenuto di fronte alla direzione, che ora dovrà esprimersi con un voto, c’è più di un messaggio fra le righe. A più riprese Zingaretti ricorda che il Conte-ter è l’obiettivo da raggiungere, ma senza accanimenti terapeutici.
“Sarebbe insufficiente affidarsi ad un nome se in questi giorni tutti, sottolineo tutti, non compiono un atto di generosità nei confronti dell’Italia facendo un passo in avanti”, spiega il presidente della Regione Lazio. Poi ancora: “Non abbiamo nessuna intenzione di chiuderci nelle nostre stanze a cercare un governo a qualunque costo. Non è questa la nostra storia e non è questo che serve alla nazione”.
Insomma, la linea ufficiale che sarà riferita dalla delegazione dem a Sergio Mattarella questo giovedì è quella di un pieno endorsement a un Conte-ter allargato. Ma come un anno e mezzo fa è venuto meno il veto contro Conte premier-bis, così adesso, si intende dalle parole del leader Pd, potrebbe venir meno, se si creassero le condizioni, l’impuntatura sul re-incarico al premier avvocato.
La verità è che si vive alla giornata e da un momento all’altro gli equilibri possono saltare. Il dato politico che emerge dalla relazione di Zingaretti è una chiara, netta apertura al ritorno di Renzi nella maggioranza. “Io in particolare con Renzi ma anche con gli altri leader della maggioranza nei mesi scorsi ci siamo confrontati e abbiamo cercato vie comuni per rilanciare e migliorare l’azione di governo dentro uno spirito unitario e positivo”, dice lui. “Per quanto mi riguarda, il tema del rapporto con Italia Viva non ha nulla a che vedere con un aspetto di risentimento per il passato”.
Dunque l’appello ai tanti indecisi, soprattutto al centro, che in queste ore stanno meditando se indossare o meno la pettorina dei “Responsabili”. Quando Zingaretti parla di “un governo con una maggioranza ampia”, strizza l’occhio alle “tante forze di ispirazione moderata e liberale” che potrebbero trincerare il nuovo esecutivo.
Ma anche a Forza Italia e agli indecisi che si contano in doppia cifra. Sono almeno una decina alla Camera e poco meno al Senato. Soffrono il protagonismo di Matteo Salvini a destra e temono che Silvio Berlusconi si sia fatto ammaliare dagli ultimi sondaggi, che premiano la linea dell’unità. “Sì, ma adesso, con Zoom e i webinar, siamo ad armi pari con i leghisti – ci confida uno di loro – quando Salvini farà 30 comizi al mese, voglio vedere”.