Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Biden come Wilson. Ecco cosa cambia per l’Italia. La versione di Sapelli

Come Wilson dopo Versailles, Joe Biden lancia una coalizione di democrazie per contenere Cina e Russia. Ma i tempi non sono maturi, spiega lo storico Giulio Sapelli. L’Ue continua a parlare di autonomia e sovranità senza una costituzione. Draghi? Chissà se sa muoversi come Moro e Andreotti…

Joe Biden come Woodrow Wilson, Angela Merkel come Otto von Bismarck. Serve l’occhio di uno storico come Giulio Sapelli per capire che la storia si sta ripetendo. La coalizione delle democrazie lanciata dal presidente americano nel suo primo discorso all’Europa, durante la Conferenza per la Sicurezza di Monaco, “ricorda il patto Briand-Kellog per la conquista della pace mondiale nel 1928”. Nella proposta di un nuovo asse transatlantico c’è “una nuova entente cordiale, come quella inaugurata all’indomani del Trattato di Versailles che ha deciso la fine dell’Impero austro-ungarico”, dice il professore della Statale di Milano.

Con la Cina, ha detto Biden durante la kermesse di Monaco, Ue e Stati Uniti devono prepararsi a una “competizione di lungo periodo, e sarà una competizione dura”. Di Russia ha invece parlato come di “una minaccia”: “I leader russi vogliono far credere alla popolazione che il nostro sistema sia corrotto quanto il loro”. È un capovolgimento non solo retorico rispetto all’era Trump. Suggellato da un’epigrafe: “America first è finito, siamo tornati”.

I tempi per un patto Ue-Usa per contenere Russia e Cina potrebbero però non essere maturi, avvisa Sapelli. “Biden si riferisce a un’unione internazionale simile a quella di Wilson. Ma in Europa è prevalente un’altra opinione. Cioè che l’assenza di guerra si realizza con la neutralizzazione delle spinte bellicistiche attraverso un accordo temporaneo con le dittature, che garantisca un equilibrio concordato, anche se parziale”. A Parigi come a Berlino, prosegue lo storico, le élites sono convinte che “la Russia sia a tutti gli effetti una potenza europea”. “Un’Europa dall’Atlantico agli Urali, come diceva Churchill. E una diplomazia che si deve fare con tutti. Su queste premesse, è difficile trovare un compromesso con Washington DC”.

C’è poi un altro ostacolo, forse insormontabile, sulla via della “coalition of the willing” auspicata da Biden. Come fa a conciliarsi con la narrazione di una “autonomia strategica” e “sovranità europea” di cui la Commissione Ue di Ursula von der Leyen ha fatto un manifesto? Non può, risponde Sapelli. “Ma tutto questo nasce da un grande, clamoroso equivoco. Non esiste sovranità europea senza una costituzione europea. La sovranità è frutto di un diritto costituzionale, e senza costituzione non esiste stato di diritto. Merkel e von der Leyen parlano di cose irrealizzabili. Parlano il linguaggio di Bismarck, perché in fondo questa “autonomia” altro non è se non il tentativo di consolidare il soft power teutonico in Europa”. Da quell’equivoco deriva una posizione di debolezza nei confronti degli autoritarismi cinese e russo. “Un conto è una potenza fondata sullo stato di diritto e una carta costituzionale, un altro è una realtà a geometrie variabili. Così non c’è credibilità”.

Dove si colloca l’Italia di Mario Draghi in queste geometrie? Di Cina e Russia il neo-premier ha discusso brevemente nel suo discorso per la fiducia in Parlamento. Con Mosca bisogna dialogare di nuovo, ha spiegato l’ex presidente della Bce. Un passaggio che ha sollevato i dubbi fra alcuni addetti ai lavori del mondo diplomatico. Sia per il tempismo, con una frattura che va allargandosi fra Ue e Russia per il caso Navalny e le violazioni dei diritti umani. Sia per una lettura che sembra figlia di un vecchio spartito della diplomazia italiana.

Ci sono davvero le condizioni per una nuova Pratica di Mare? Ovvero per ambire (senza farsi male) al ruolo di pontiere fra Usa, Ue e Russia? Sapelli crede di sì, ma la via è strettissima. “Bisogna prima prendere coscienza della propria condizione, che è quella di uno Stato vassallo. Non della Cina, come qualcuno a Roma vorrebbe, ma degli Stati Uniti. Il vassallo, se si muove bene, può fare quello che non riesce all’imperatore. Andreotti e Moro l’avevano capito, e sapevano usare gli spazi a disposizione. Ma erano Andreotti e Moro…”.

×

Iscriviti alla newsletter