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Biden-Erdogan, sarà scontro tra Usa e Turchia? Risponde Politi

Il direttore della Nato Defense College Foundation a Formiche.net: “Il nuovo segretario generale della Nato? L’Italia potrebbe spendere 3 nomi rosa di candidate, ma dovrebbe crederci fino in fondo in quella nomina e non subirla. Il Mediterraneo? Va curato attentamente”

Nei primi segni della politica di Biden si scorge la considerazione che gli alleati non rappresentano una cosa scontata, passaggio visibile con l’Arabia Saudita, dice a Formiche.net Alessandro Politi, direttore del Nato Defense College Foundation.

Una riflessione che si intreccia con il ruolo mutato nello scacchiere euromediterraneo, con le dispute sugli idrocarburi, con il nuovo ruolo della Grecia e con quei fattori geopolitici (Cina e Russia) che hanno recitato un ruolo dalla guerra siriana in poi. E l’Italia? Potrebbe secondo Politi spendere tre nomi in rosa per il dopo Stoltenberg alla Nato.

Il ruolo della Turchia, mescolato all’instabilità del dossier energetico che vede al tavolo Egitto, Grecia, Israele, Cipro come potrà mutare anche alla luce della nuova amministrazione Usa?

Un conto sono le relazioni bilaterali tra Usa e Turchia, altro quelle più ampie. Le prime sono state dettate da incomprensioni che non sono caratteriali, ma che risalgono addirittura al 1991. Tutti gli alleati degli Usa in Europa, soprattutto quelli nel Mediterraneo, dopo il crollo del Muro di Berlino hanno cambiato natura. Quindi gli Stati Uniti hanno cambiato priorità. Da molto tempo ormai la Sesta Flotta nel Mediterraneo è minimalista: un dato che va sottolineato particolarmente, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che sia tutta una cosa nata ieri. Non lo è.

Anche la Turchia ha mutato il suo modus operandi?

Sì, è diventata più battitore libero. Ma, guardando ai rapporti all’interno della Nato, osservo che sono questi che permettono di mettere da parte gli attriti bilaterali. Per cui al momento c’è una mediazione Nato tra Grecia e Turchia, per evitare che due alleati si trovino ai ferri corti. Ma l’alleanza non presume di dover risolvere dispute marittime.

Quale il fattore scatenante di questo quadro mutevole?

Da un lato Ankara si rende conto che tutte le premesse della geopolitica turca sono cambiate intorno a loro. Dall’altro la scelta di annunciare una politica neo-ottomana è più recente, non è quella del primo Erdogan per intenderci. Le cose sono precipitate purtroppo quando la Siria è entrata in guerra civile: da quel momento ha preso inizio un gioco pericolosissimo a cui hanno preso parte Russia e Cina. I missili S-400 potremmo definirli un pegno di simpatia: il quadro è cambiato grazie alla necessità brutale di doversi mettere d’accordo in Siria. Ciò ha creato delle reazioni a Washington. Nei primi segni della politica di Biden si scorge la considerazione che gli alleati non rappresentano una cosa scontata, passaggio visibile con l’Arabia Saudita.

Le nomine di Lloyd Austin, nuovo segretario alla Difesa, e Brett McGurk, coordinatore per il Medio Oriente e il Nord Africa cosa ci dicono dei futuri rapporti tra Washington e Ankara?

Tutti stiamo studiando, come i sovietologi, i minimi segnali che scorgiamo per capire qualcosa di più. In realtà è presto per dirlo. Ognuno di loro ha un passato, ma non basta. Anche la retorica dei 100 giorni di Biden appunto solo è retorica. Dovremo vedere delle azioni concrete, solo dopo capiremo qualcosa al di là dei colloqui riservati. I diritti umani sono importantissimi, ma bisognerà verificare con quale geometria. La Grecia, per dire, diventa una carta alternativa per gli Usa: sta ai greci, ai turchi, alla Nato e agli americani dire se sarà un’alternativa dialogante, magari per far riportare la Turchia in un alveo più disteso, o se essere solo un’alternativa secca. Penso che nessuno abbia interesse a tagliare la Turchia fuori, in un momento in cui ci sono geometrie molto variabili e si parla al plurale di occidenti rispetto ai tempi della guerra fredda.

Non solo in Libia, ma soprattutto in Grecia e a Cipro potremmo vedere ancora lo schema siriano tra Russia e Turchia, con un apparente scontro che si conclude con un accordo molto favorevole per entrambi?

Russia e Turchia hanno una secolare diffidenza, non credo che i litigi siano sono apparenti. Ankara ha dovuto riconoscere che in Siria ha investito tanto ma ha cavato poco: le resta solo l’interesse a non creare irredentismi curdi. Cipro è in una fase molto particolare, essendo stata precipitata dai Colonnelli greci in una situazione come quella della Falkland/Malvinas. Il nodo sono le competenze, riconosciute dalla Convenzione di Montego Bay, sulle acque territoriali e la zee. La Turchia sta giocando in maniera disinvolta perché non vuole che le sia precluso lo sfruttamento degli idrocarburi.

Anche con una domanda di petrolio così bassa?

Non so francamente quanto senso abbia la corsa al barile nel Mediterraneo orientale. Un conto è l’autosufficienza energetica, ma altre opzioni vanno analizzate. La Tap è stata conclusa per motivi essenzialmente strategici. Ma tutte le altre pipeline che dovevano essere un’alternativa a quelle russe non hanno visto la luce del giorno. E Mosca non è rimasta con le mani in mano.

Lo scorso fine settimana ad Atene si è tenuto il Phillia forum, con Emirati Arabi Uniti, Arabia, Saudita, Egitto, Francia. L’Italia grande assente? E Biden come sta progettando il suo primo tour europeo?

Ciò che può progettare Biden è, in primis, ricomporre una serie di frizioni pesanti con alcuni alleati. “Ci siamo, non ci disinteressiamo del Mediterraneo, ma se siamo alleati dobbiamo camminare assieme su due o tre punti”, è la sua prima opzione. Gli alleati devono comprendere che hanno bisogno di offrire agli Usa (e quindi alla Nato) delle capacità. Washington non ha più le priorità di ieri in Europa: tanto è vero che la Nato comincia a parlare di capacità globale. L’Italia assente in Grecia al Philia forum è una cosa disgraziata, figlia di gestioni poco accorte. Se l’elite italiana non comprende che la suddivisione del potere in casa nostra è solo un dettaglio a fronte di un globo popolato da sette miliardi e rotti di abitanti, allora le logiche saranno ancora di tipo subsahariano. Continueremo purtroppo ad essere assenti nonostante stiamo tornando sui porti greci: non avremmo mai dovuto lasciare la Grecia. Quando lo abbiamo fatto i cinesi di Cosco hanno preso Pireo, mettendo in discussione la supremazia di Gioia Tauro. Ma un modo per non essere marginali ci sarebbe.

Si riferisce all’avvicendamento ai vertici della Nato?

L’Italia potrebbe spendere almeno tre nomi rosa di potenziali candidate, come si intuisce da trend americano: ma dovrebbe crederci fino in fondo in quella nomina e non subirla.

twitter@FDepalo

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