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Se i grillini si spaccano, guadagna il centrosinistra. Meloni invece… L’analisi di Ceccanti

Murray

Il voto sulla piattaforma Rousseau e le due anime del Movimento 5 Stelle. L’ala governista e i dibattistiani barricaderi. Una probabile scissione potrebbe giovare alla coalizione del centrosinistra con il Pd. Fratelli d’Italia seppur coerente rischia: “Non si campa di rendite di posizione”. Ceccanti, deputato Pd e costituzionalista, spiega perché

Mario Draghi può dormire sonni tranquilli. E, se una parte di Movimento si staccherà dalla base governista, “potrà solo portare beneficio al Movimento stesso”. Parola di Stefano Ceccanti, deputato dem che, sulla votazione in corso sulla piattaforma Rousseau, si dice tutto sommato tranquillo.

“C’è una parte consistente di grillini che sta cercando di orientare il voto degli iscritti verso un adesione al governo del premier incaricato Mario Draghi – dice – e questo, al netto di tutto, non può che essere un elemento positivo”. Come detto in premessa “prima di tutto per la solidità del Movimento stesso”. In particolare nel processo palingenetico di trasformazione a vero e proprio partito. L’ottica auspicata anche da Ceccanti è quella di una “coalizione di centrosinistra che, necessariamente, deve avere una base solida che si incardini su alleati credibili”.

Oramai è chiaro che la visione di centrosinistra comprenda anche quel che resta del grillismo di governo. Il punto di snodo rimane la parte di parlamentari che fa capo, quantomeno idealmente, ad Alessandro Di Battista. In tutto, prosegue il dem, “una fronda di populisti e parlamentari che non fanno certo gli interessi dei grillini, come li conosciamo a partire dal voto favorevole alla presidente Ursula von Der Leyden che consentì il varo del Conte, specie in un momento come questo”.

La ricetta, suggerisce il deputato, “sarebbe quella di accordare al nascente esecutivo la base parlamentare più ampia possibile e, ovviamente, senza limiti temporali, seppur con qualche mal di pancia”. Qualche dolore allo stomaco si potrebbe generare anche nell’ambito dell’assegnazione dei dicasteri. Anche su questo punto però Ceccanti è molto chiaro: “si tratta di una partita che è totalmente giocata fra Draghi e Mattarella sulla base letterale dell’articolo 92 della Costituzione e non è oggetto di discussione politica.

Per cui, qualsiasi tipo di illazione sui ministri non ha in nessun modo fondamento nella realtà”. Insomma per sintetizzarla: “I partiti non propongono nulla come in un classico governo di coalizione: non è in corso una trattativa perché si tratta di un governo che procede dal Presidente della Repubblica. Ed è Draghi che decide”. Sull’atteggiamento del Pd, da questo punto di vista, il parlamentare parla di “atteggiamento attendista ma fiducioso del partito”. Anche perché “la nostra, credo, sia la formazione partitica più vicina a Draghi per cultura politica tra tutti i gruppi parlamentari più grandi”.

Ciò non vuol dire però “che sarà un governo del Partito democratico o di centrosinistra perché ci muoviamo nella cornice oltre gli schieramenti precisata dal Presidente Mattarella, tuttavia noi siamo uno di quei partiti che da subito ha accettato di buon grado la discesa in campo di Mario Draghi. Quindi per noi non si presenta il problema del mal di pancia”. In altri termini “per dirla più sloganisticamente non è il Governo del Pd o del centrosinistra perché non può esserlo, ma non è neanche un governo amico da tollerare come definì con freddezza la Dc il governo Pella perché non deve esserlo, è un governo a cui aderiamo con piena convinzione anche se non è solo nostro”: la compagine del prossimo esecutivo, comprenderà forze diverse e di estrazione, talvolta, opposta.

“Ma governare con la Lega guidati da Draghi non ci crea problemi: non si tratta di un governo politico basato su un’intesa o su un patto di governo. E’ tutta un’altra cosa, il perno è il presidente del Consiglio”. La Lega però “che di fatto ha operato quella che sembra un’inversione di tendenza e un cambio di rotta importante, che però ora deve formalizzare e consolidare”.

Cioè “il cambio di passo che il Carroccio ha operato per sostenere l’Esecutivo guidato da Mario Draghi, anche apprezzabile a nostro modo di vedere, perché restiamo distinti e distanti, fisiologicamente alternativi, ma non più opposti da una divaricazione profonda sulla Ue, che è uno dei perni dell’equilibrio costituzionale, deve andare di pari passo con azioni politiche che in un certo senso siano coerenti”. Sempre nella compagine di centrodestra, “Forza Italia si è sempre dichiarata favorevole al governo guidato da Draghi, accogliendolo peraltro in maniera convinta. Mantenendo una coerenza che aveva espresso nel momento in cui il Conte bis si avviava sul crinale del tramonto e che avrebbe tenuto anche senza la Lega”.

Coerenza che Ceccanti riconosce anche a Fratelli d’Italia. Ad oggi l’unica formazione politica al di fuori delle forze che sosterranno il costituendo l’esecutivo. “Giorgia Meloni ha una posizione legittima di auto esclusione, essendo su una posizione euroscettica contro l’Ue non può che star fuori dal governo Draghi – chiude il deputato – l’importante però è che non si attenda dividendi che difficilmente le arriveranno : non si campa di rendite di posizione anche se sul momento sembrano promettere bene. Se il governo funzionerà, e io credo che funzionerà specie se opererà fino a fine legislatura, io sono convinto che le persone premieranno le forze politiche che l’hanno sostenuto, non quella che è all’opposizione, pur se unica a farlo. Per questo Il Pd dovrebbe essere il primo a rimarcare il fatto di essere il più sintonico col Presidente del Consiglio e costruire una coalizione intorno a chi, nel campo alternativo al centrodestra avrà analoga sintonia”.

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