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Cina-Balcani. Una nuova alleanza a colpi di vaccino?

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“La disponibilità di vaccini rappresenta un grande vantaggio politico sia per la Cina che per la Russia”, ha dichiarato a Formiche.net Stefano Silvestri, direttore editoriale di Affari internazionali. Assicurando, ad ogni modo, “conseguenze limitate” sul piano internazionale. Non abbastanza, però, affinché la Cina non metta la bandierina anche sui Balcani, che avviano la campagna vaccinale proprio grazie a Pechino.

La Cina è vicina. Soprattutto ai Balcani (ma non solo). In Serbia, in quasi meno di un mese, è stato somministrato al 14% della popolazione un milione e mezzo di vaccini. Tutti provenienti da Pechino. Primo Paese a usare i vaccini prodotti dalla cinese Sinopharm, la Serbia rappresenta oggi il secondo Paese in Europa per numero di dosi somministrate per 100 abitanti, appena sotto il Regno Unito, e il sesto a livello mondiale.

L’ennesima dimostrazione, insomma, di come due Paesi possano diventare straordinariamente vicini in caso di pandemia. “La disponibilità di vaccini rappresenta indubbiamente un vantaggio politico sia per la Cina che per la Russia”, ha dichiarato a Formiche Stefano Silvestri, direttore editoriale di Affari internazionali e consigliere scientifico dello IAI. “Entrambi i Paesi – ha continuato – hanno costruito questa narrativa di influenza mediatica già mesi fa, distribuendo mascherine e dispositivi di protezione individuali quando non se ne trovavano, e ora fanno lo stesso con i vaccini”. Un motivo in più, verrebbe da dire, per non volersi più far trovare impreparati – causa desertificazione, non voluta ma nemmeno osteggiata – del tessuto industriale sanitario nazionale (ed europeo).

L’EUROPA DELL’EST GUARDA… PIÙ AD EST

La Serbia, però, non è l’unico Paese che guarda a oriente per assicurarsi una fornitura sufficiente di vaccini. Dall’Ungheria alla Serbia, dal Montenegro alla Macedonia, c’è una parte, tra l’altro non indifferente, dell’Europa dell’est, dove i vaccini anti-Covid russi e cinesi sono già disponibili o in fase di consegna. Una soluzione, quella adottata anche dai Paesi balcanici, per ovviare ai ritardi registrati dai vaccini europei e americani.

BALCANI OCCIDENTALI E COVAX

Sebbene non facciano parte dell’Unione europea, del resto, i Balcani rientrano a pieno titolo fra coloro i quali, per prossimità fisica oltre che istituzionale (ricordiamo che mirano a entrare nell’Ue da anni), attendevano i vaccini dell’Europa.

I Balcani occidentali (Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Albania), tra l’altro, erano stati esplicitamente citati il mese scorso dalla Commissione europea in ambito Covax, il meccanismo che coinvolge Oms, associazioni e fondazioni per una distribuzione equa dei vaccini sul piano globale affinché i Paesi più poveri non restino indietro. Ma, a causa anche in questo caso di qualche ritardo legato alla macchina istituzionale di un programma di aiuti così vasto e complesso, chi può ha deciso di rivolgersi altrove.

UNGHERIA, PRIMA NAZIONE “EMANCIPATA”

Il 31 gennaio l’Ungheria aveva annunciato di aver raggiunto un accordo con la casa farmaceutica cinese Sinopharm, consentendo attraverso di essa un’immunizzazione di massa che avrebbe coinvolto fino a 2,5 milioni di persone. L’Ungheria, tra l’altro, è stato il primo Paese a “emanciparsi” dall’Europa, ordinando non solo il vaccino cinese, ma anche il russo Sputnik V. La Repubblica ceca, secondo le ultime indiscrezioni, starebbe vagliando l’ipotesi di seguire l’esempio della vicina Ungheria.

MACEDONIA DEL NORD E BOSNIA-ERZEGOVINA

A beneficiare del vaccino cinese, fra gli altri, anche la Macedonia del nord. Sarebbe stato infatti lo stesso presidente serbo Aleksandar Vucic a distribuire un primo lotto di 8mila vaccini anti-Covid al primo ministro macedone Zoran Zaev. Si tratta delle primissime dosi destinate a un Paese che, sino ad oggi, non aveva ancora vaccinato alcun cittadino. Nonostante avesse già ordinato circa un milione e mezzo di dosi, di cui metà tramite l’iniziativa Covax e metà direttamente da Pfizer. A beneficiare del vaccino cinese sarà presto anche la in Bosnia-Erzegovina, che rimasta nell’avvio della campagna vaccinale ha ordinato alcuni lotti a Sinopharm.

MADE IN CHINA

Sono in molti a sostenere, ad oggi, che i vaccini cinesi battano di gran lunga quelli europei, quantomeno nella capacità di distribuzione. Se infatti le società occidentali riescono a garantire “pochi mesi” come tempistiche di consegna, la Cina assicura invece una prima spedizione in pochi giorni, fino a circa un milione di dosi. Un tempo record.

Garantito, però, forse, da normative di sperimentazione e autorizzazione dei farmaci differenti da quelle europee, che hanno criteri molti stringenti e rigorosi nel perseguimento del benessere dei propri cittadini. “L’occidente da questo punto di vista è effettivamente un po’ in ritardo, forse anche perché è ed è stato più prudente nelle sperimentazioni”, ha dichiarato Stefano Silvestri. Ma il risultato finale, ha aggiunto, “è che c’è una minore disponibilità di vaccini”.

XI: “VACCINO BENE PUBBLICO GLOBALE”

A differenza degli Stati Uniti e dell’Unione europea, che hanno puntato subito a vaccinare la propria popolazione, la Cina ha dichiarato sin da subito che avrebbe condiviso le proprie dosi con altri Paesi. Già lo scorso maggio, Xi Jinping aveva garantito che i vaccini prodotti a Pechino sarebbero stati un “bene pubblico globale”. Che si tratti di strategia politica, oltre che di uno strumento di influenza sullo scacchiere internazionale, non è escluso. Ma bisogna tener conto che un Paese come la Cina è libero da vincoli imposti invece a Paesi tradizionalmente democratici.

“Se l’Italia avesse detto di voler destinare metà dei propri vaccini a, per dire, un Paese dell’Africa, ci sarebbe stata una conseguenza politica di proporzioni non indifferenti”, ha chiosato Silvestri. Problema che ovviamente la Cina non ha. “Nella politica cinese c’è sicuramente un po’ di strategia, ma ha sicuramente approfittato del fatto che potesse prendere queste decisioni senza generare grandi problemi politici interni”.

UNA NUOVA ALLEANZA?

“Non esagererei, però, nel valutare le conseguenze di questa sfera d’influenza cinese o russa”. ha suggerito Silvestri .“Sicuramente la disponibilità di Mosca e Pechino nel condividere i propri vaccini potrebbe avere qualche conseguenza, ma limitata. Piuttosto auspico – ha aggiunto – che si colga la necessità, emersa già qualche mese fa, che si attui una differente politica di distribuzione dei vaccini affinché non ci si possa più trovare a dover dipendere da altri Paesi”.

OLTRE I BALCANI

Destinatari dei vaccini cinesi, però, non sono solo i Balcani. Gli Emirati arabi uniti, già da fine dicembre, offrono gratuitamente ai propri cittadini il vaccino Sinopharm. Stesso discorso per Turchia e Brasile, che hanno ordinato dosi massicce del farmaco prodotto da Sinovac. Pakistan e Messico, invece, sono teatro della sperimentazione del prodotto CanSino, anch’esso cinese. Ma il Messico non si è fermato a Pechino, arrivando anche all’approvazione per uso di emergenza del russo Sputnik V. Esattamente come Argentina, Bielorussia e Ungheria.

Non dimentichiamo, del resto, che persino la Cancelliera tedesca Angela Merkel aveva strizzato l’occhio oltre la cortina di ferro, aprendo a un’eventuale fornitura russa in caso di approvazione dello Sputnik V da parte dell’Ema. Che però, stando a quanto dichiarato dall’Agenzia, è ancora lontana.

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