Il summit con le eminenze del Movimento per trovare una nuova formula di rilancio, affidandosi alla cura dell’ex premier Giuseppe Conte. “Bisogna fare presto per sfruttare la forza propulsiva che Conte si porta in dote”. Riusciranno i grillini a diventare compitamente partito?
Ci sarebbe da scomodare Pierangelo Bertoli quando cantava “con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro” per descrivere la situazione che è emersa a margine del mega summit con lo stato maggiore del Movimento 5 stelle di questa mattina. La dicotomia passato-presente è rappresentata in qualche modo dalla presenza da un lato del fondatore Beppe Grillo (oltre che da una folta rete di eminenze stellate, da Di Maio a Crimi passando per Taverna, Fico e Bonafede) e dall’altro dall’ex premier Giuseppe Conte.
Quest’ultimo, da quanto si apprende dall’enigmatico cifrario pentastellato, sarebbe pronto ad assumere un ruolo ad hoc per la fase di rilancio del Movimento che, in questo momento storico, sta affrontando una delle fasi più complesse della sua esistenza. “Un progetto rifondativo”. “Una sfida cruciale per il Movimento – si legge in un post ufficiale sulla pagina Facebook del Movimento – una ristrutturazione integrale per trasformarlo in una forza politica sempre più aperta alla società civile, capace di diventare punto centrale di riferimento nell’attuale quadro politico e di avere un ruolo determinante da qui al 2050”.
Le interpretazioni di questa dichiarazione di intenti potrebbero essere molteplici. Tuttavia, la lettura in filigrana potrebbe essere questa: affidare all’ex premier il compito di completare l’opera di partitizzazione del Movimento. Quantomeno così la pensa Domenico De Masi, sociologo del lavoro e professore emerito de La Sapienza di Roma. Senza dubbio uno dei più avveduti conoscitori del grillismo, fin dalle origini.
“Il Movimento ha fatto molti passi avanti nella direzione della forma di partito – così il docente – e sicuramente la presenza di Giuseppe Conte potrà rappresentare un volano importante sotto questo profilo. Sebbene, la prospettiva migliore sarebbe quella di consegnare le sorti di grillini a una sorta di triumvirato: Di Battista, per la parte ancora oltranzista, Di Maio per la parte più istituzionale e Conte nel ruolo di mediatore tra le due componenti. E’ chiaramente un’utopia”.
Ma al di là dei cambiamenti ai quali i grillini dovranno andare incontro in questi giorni (dallo Statuto al ruolo della piattaforma Rousseau), sarà prioritario “fare presto”. De Masi è convinto che “se a Conte verrà dato un ruolo operativo in maniera rapida potrà portare al Movimento un bagaglio di voti che potrebbero farlo tornare ai livelli del Pd (oltre il 20%). Al contrario, se si perderà tempo, l’effetto traino potrebbe affievolirsi”.
Sicuramente l’ingresso in modo strutturale di Conte all’interno del Movimento “è consustanziale alla parte più istituzionale dei grillini che in qualche modo fa capo al ministro Luigi Di Maio”. La vera sfida però è che Giuseppi possa essere un elemento di collante, come si è detto, delle due frange. Come si pone quella oltranzista nei confronti di Conte? “Il portato che si porterebbe in dote andrebbe a colmare ampiamente la base più ortodossa che, forse (e ribadisco forse) potrebbe allontanarsi dal Movimento – risponde De Masi. Anche perché coloro che si riconoscevano nella linea solcata da Alessandro Di Battista hanno già preso le distanze e se ne sono già andati. Così come se ne sono già andati quelli ‘di destra’”.
Forse è proprio con questa consapevolezza che anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti in queste ore non si è risparmiato ‘aperture’ nei confronti di pentastellati, anche in ottica di elezioni amministrative. Il sociologo, dal canto suo, ritiene che lo scoglio più grande da superare per Pd e 5 Stelle (rinnovato nel segno dell’europeismo, del dialogo con le parti sociali e nel recupero della competenza) sia quello di “dover reggere l’urto della destra di Mario Draghi”.
“Siamo dinnanzi al governo più neoliberista che ci sia stato negli ultimi trent’anni – incalza De Masi – tanto più che oramai la differenza tra destra e sinistra si consuma sulla linea del welfare. E, Draghi, al Financial Times ha dichiarato che lo stato sociale è morto. La destra che Mario Draghi rappresenta non è quella di Salvini e Meloni: è molto più preparata e dispone di una potenza di fuoco molto maggiore. E’ da questo che si devono guardare Pd e Movimento 5 Stelle”. Nel frattempo, tutti al Governo a braccetto.
Giuseppe Conte ha raccolto l’invito a elaborare nei prossimi giorni un progetto rifondativo con il Movimento 5 Stelle….
Pubblicato da MoVimento 5 Stelle su Domenica 28 febbraio 2021