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Da Conte a Draghi. Fioramonti mette all’angolo il M5S (e anche Zinga)

Il Conte ter sarebbe potuto nascere, ma i troppi errori strategici e anche di postura lo hanno impedito. Ecco perché secondo Lorenzo Fioramonti, già ministro dell’Istruzione

Come potrebbe il M5S dire no a un governo dei migliori dopo che si è piegato a un’alleanza con responsabili del calibro di Polverini e Rossi?

Sta tutta in questo assunto dell’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti la possibilità, ormai concreta, che il M5S si spacchi sul voto al governo Draghi 1. La tesi di chi fece coraggiosamente un passo indietro dal dicastero di viale Trastevere (irriso in quei momenti anche dal portavoce del premier uscente, racconta a Formiche.net) è che il Conte ter sarebbe potuto nascere ma i troppi errori strategici e anche di postura lo hanno impedito: “Il premier ha proposto un accordo al ribasso tra partiti e il suo filo trumpismo ci ha fatti dividere. Il Pd? Ha ragione Concita”.

Chi crede siano i perdenti della serata di ieri?

Tutti e non è una frase fatta. Ha perso il governo uscente, perché sarebbe potuto uscire da questa situazione in maniera diversa. Ha perso Italia Viva perché ha creato una crisi che nessuno è riuscito a comprendere, anche se per motivazioni in parte condivisibili, ma con narrazione e atteggiamenti schizofrenici che hanno generato confusione. Ha perso il M5S perché non si capisce cosa intenda fare. Ha perso il Pd perché non è mai diventato protagonista, ma ha subìto tutto ciò che è accaduto. Ha perso anche il centrodestra perché alla fine della fiera è stato alla finestra e basta, auspicando consensi a buon mercato.

Era già tutto scritto dopo il voto in Senato o il Conte ter avrebbe potuto vedere la luce?

Penso che il Conte ter avrebbe potuto vedere la luce, però sarebbe stato utile tutt’altro approccio.

Ovvero?

Sono molto franco. Non ho capito le mancate dimissioni immediate del premier. A quel punto avrebbe dovuto cercare un reincarico dicendo chiaramente di voler proporre un governo che sarebbe stato il meglio che il centrosinistra italiano potesse offrire in termini di personalità di alto profilo e di esperti d’area e non un accordo al ribasso tra partiti. Con questo indirizzo, poi, avrebbe potuto cercare i voti: sono sicuro che la qualità della squadra conti moltissimo e molti avrebbero avuto difficoltà a dire di no. Conte avrebbe dovuto fare una scelta anche di principio, invece di perdersi dietro i sì e i no ad Azzollina, Bonafede, Boschi, Bellanova.

Perché non l’ha fatta?

Il Conte ter da momento di risalto è diventato da subito un Conte bis, un po’ rifatto. Il percorso è morto quando in tanti hanno capito che si stava giocando sulle stesse facce, senza una minima discontinuità. Il premier, da non eletto, lo avrebbe potuto fare e invece passerà alla storia come un avvocato che provava a mettere d’accordo le fazioni, senza cercare una sintesi vera e propria.

Cosa dovrebbe cambiare perché il M5S voti la fiducia a Draghi?

Innanzitutto vediamo che governo farà: non voterò la fiducia a Draghi sulla base del suo curriculum. So che è un ottimo banchiere, ma non so cosa pensa delle disuguaglianze, della sanità pubblica, dell’istruzione e della ricerca per cui, visto che la politica non è contabilità, vorrei slanci ideali, modelli di sviluppo. Non mi sarebbe sufficiente far tornare solo i conti. Una volta visto il progetto e la squadra valuterò: se sarà europeista, progressista, con il linguaggio del next generation allora sarà molto difficile dirgli di no. Vorrei vederli i Cinque stelle dire di no ad una squadra di alto profilo composta da nomi come Giovannini, Cartabia o Severino, dopo aver detto sì ai responsabili come la Polverini o la Rossi. Se Draghi facesse un governo di puri contabili allora metterebbe tutti in difficoltà.

Se non si dovesse votare subito, come pare, Conte potrebbe smarrire quel senso di “traino” da Chigi per il suo possibile nuovo partito?

Ricordo che quando mi dimisi il portavoce del presidente del Consiglio mi disse: “Se ti dimetti sei uno scemo, tanto gli italiani dopo 48 ore non si ricordano nulla”. Secondo me stavolta vale pure per loro questa regola. Mi dimisi ugualmente per onestà intellettuale. Oggi vengono a galla tutte le difficoltà di quel governo: disorganizzato e fatto da improvvisati.

Che idea si è fatto delle parole di Concita De Gregorio sulla guida del Pd? L’esperienza di Zingaretti rischia di terminare?

Non ne faccio un fatto personale perché non conosco Zingaretti, ma la prospettiva di quella riflessione è condivisibile. Mi domando dove sia oggi la sinistra e come mai abbia scelto Conte come proprio punto di riferimento massimo, pur non avendo nulla di quella storia progressista. Lo ricordo invece per aver bloccato i migranti, per le sue posizioni sovraniste in materia di esteri. Il suo filo trumpismo, che mi ha fatto vergognare, ha prodotto gravi disaccordi tra noi. Mi stupisce che la sinistra oggi non sia stata in grado di esprimere nulla, puntando ad aggrapparsi ad un avvocato di lusso che non ha alcun elemento di sinistra.

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