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Da populista a popolare, la diplomazia di Biden letta da Mayer

Mentre il populismo arretra ovunque si assiste a un paradosso. La politica estera ai tempi di Joe Biden diventa “popolare”, e di colpo parlare in pubblico di Cina, Russia, diritti umani non è più un tabù. La riflessione di Marco Mayer

Questo lunedì ci sarà il primo vertice tra il nuovo segretario di Stato americano, Anthony Blinken e i ministri degli Esteri dell’ Unione Europea.

Blinken – diplomatico di lungo corso – ha iniziato la sua carriera 28 anni fa proprio nel desk Europa del Dipartimento di Stato; sin dai sui esordi la lunga esperienza diplomatica testimonia che Blinken e’ un “europeista” convinto e possiamo aspettarci che compirà ogni sforzo per rilanciare alla grande le relazioni transatlantiche.

Il vertice Ue/Usa di domani si colloca nel contesto di un cambiamento epocale della politica internazionale. In Europa e negli Stati Uniti si assiste al fallimento del populismo sovranista alla Trump perché è sempre più chiaro che il mondo non ha futuro senza un minimo di cooperazione multilaterale.

Il paradosso è che il populismo negli affari internazionali tramonta in una fase storica in cui la politica estera non è mai stata oggetto di così tanta attenzione “popolare”.

In tempi di pace la politica estera è prevalentemente dominio di élites ristrette che si confrontano su complicati dossier commerciali, finanziari, energetici e militari. Solo in alcune occasioni si registrano mobilitazioni di massa per i diritti umani, l’ambiente, per l’accesso all’ acqua e contro le carestie.

Oggi non è più così: la pandemia e l’iperconnettivita digitale hanno trasformato i temi di politica estera in pane quotidiano.

I cittadini si interrogano sulla validità dei vaccini e non capiscono perché Mosca e Pechino si rifiutino di sottoporre i prodotti delle loro industrie farmaceutiche alle valutazioni della comunità scientifica internazionale.

Se è vero che la medicina non è democratica è altrettanto vero che non si vi può essere ricerca medica indipendente in regimi dittatoriali in cui è soppressa la libertà di espressione.

Ma l’attenzione popolare non è solo concentrata sui temi collegati alla pandemia. Un altro tema centrale è il crescente timore della la sorveglianza tecnologica di massa h24.

In Cina si stanno allargando le proteste della popolazione anziana perché da quest’anno senza uno smartphone dotato dell’app di stato Wechat (una sorta di WhatsApp in versione cinese) non possono neppure salire su un autobus.

Le minacce del totalitarismo digitale si fanno sempre più evidenti e le pressioni dal basso aumenteranno perché entrino a pieno titolo nell’agenda internazionale. Il rapporto politica e tecnologia sta diventando una questione delicata anche nei Paesi democratici.

Questi dati di realtà non possono essere ignorati dalla diplomazie se vogliamo che il nuovo corso delle relazioni tra Europa e Stati Uniti sia impostato su basi politicamente solide e comprensibili dai cittadini.

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