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Dieci cose che forse non sapete di Mario Draghi

Le scuole, la città, i soprannomi, la famiglia, gli amici, la passione calcistica, quel momento cruciale che diede la svolta alla sua carriera. Dieci curiosità sull’uomo che Mattarella ha incaricato di formare un governo di “alto profilo”

1. Ha studiato dai gesuiti, al Liceo Massimiliano Massimo di Roma, insieme a Gianni De Gennaro, Luca Cordero di Montezemolo (prima che i genitori lo mandassero alla Scuola Navale Morosini di Venezia), Staffan de Mistura, Luigi Abete e Giancarlo Magalli. Quest’ultimo, racconta chi c’era, era tra i più brillanti della scuola.

2. Ricorda un ex compagno di classe, l’orafo Giuseppe Petochi: “Mario era molto bravo in latino e matematica, uno di quelli che quando sei in difficoltà ti aiutano”.

3. Studia e lavora a Boston, Washington, Firenze, Trento, Padova, Venezia, Londra, ma è a Roma che cerca sempre di tornare, nella casa del quartiere Parioli che condivide con la moglie Serenella (di antica famiglia padovana) e, fino a qualche anno fa, con i figli Giacomo e Federica. Il primo è laureato alla Bocconi e oggi lavora alla banca d’affari Morgan Stanley, la seconda è laureata in biologia e dirige una multinazionale del settore biotech. Da quando ha lasciato la presidenza della Bce il suo quartier generale è un ufficio nella sede di Bankitalia, che diresse dal 2005 al 2011. Passa molto tempo nel suo casale di Città della Pieve in Umbria. La famiglia della moglie ha una tenuta sul Brenta, mentre insieme hanno anche una villetta a Lavinio, nel litorale laziale.

4. È un gran tifoso della Roma e appassionato di calcio in generale. Ha chiamato Aurelio De Laurentiis dopo la sentenza sportiva che ha ribaltato la sconfitta a tavolino del Napoli con la Juventus, per felicitarsi con lui.

5. I suoi soprannomi: in passato “l’americano” per l’esperienza al MIT di Boston e alla Banca Mondiale di Washington; il “signor Altrove” per la capacità di dileguarsi dagli incontri senza che nessuno se ne accorga; “l’Atermico” per l’abitudine di non portare mai il cappotto (tanto che il suocero gliene regalò uno perché temeva non lo avesse); ovviamente “Super Mario” dall’idraulico del videogioco Nintendo conosciuto in tutto il mondo.*

6. Ha due fratelli minori, la storica dell’arte Andreina, già direttore del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, e Marcello, imprenditore. Ha perso i genitori quando aveva 15 anni, e insieme a una zia si è occupato di crescere i fratelli. Il padre, Carlo, fu uomo di incarichi pubblici: in Bankitalia, liquidatore con Donato Menichella della Banca di Sconto, in Bnl nel dopoguerra. La madre, farmacista, era originaria di Monteverde in provincia di Avellino.

7. L’unica domanda che l’abbia colto in contropiede in tanti anni di presidenza Bce? Quando un inviato della televisione svedese gli chiese, nel 2014, se la banca centrale potesse mai restare a corto di soldi. “Beh”, comincia Draghi con una risata nervosa, per poi lanciarsi in un balbettio del tutto atipico per lui: “Tecnicamente no… Noi siamo… Non… Non possiamo restare a corto di soldi. Cioè… abbiamo ampie risorse per far fronte a tutte le nostre emergenze”. Mentre parla, sfoglia i suoi appunti, nella speranza di trovare una battuta preparata. Niente da fare. Così, dopo un breve silenzio e un’altra risata, conclude: “Penso che questa sia l’unica risposta che posso darle”*

8. Il tabloid tedesco “Bild”, che lo accolse con titoloni molto negativi solo per il fatto di essere un italiano alla guida della Bce (“Mamma mia! Per gli italiani l’inflazione è come la salsa sulla pasta”), gli regalò un elmetto prussiano del 1871, per ricordargli una cosa: “i tedeschi credono che il presidente di una banca centrale debba adottare la linea dura sull’inflazione, essere politicamente indipendente e schierato in favore di un euro forte”. Lo ha sempre tenuto nel suo ufficio di Francoforte. *

9. A simili critiche e preconcetti, risponde così: “Fino a qualche mese fa i giornali tedeschi mi dipingevano con la pizza o gli spaghetti. Adesso dicono che mi sono germanizzato. In realtà ripeto adesso le stesse cose che ho detto per tutta la mia vita. Sono italiano. E proprio per questo, avendo vissuto gli anni dell’inflazione a due cifre e quelli dei conti pubblici fuori controllo, ho imparato sulla mia pelle il valore della stabilità dei prezzi e della disciplina di bilancio”.

10. “Roma, estate 1971. Fa un caldo opprimente a Palazzo Koch, sede della Banca d’Italia. Nel suo studio il Governatore Guido Carli sta ricevendo Franco Modigliani, futuro premio Nobel e già allora l’economista più influente in Italia dal suo osservatorio al Massachusetts Institute of Technology. Fuori dalla porta un giovane laureato della Sapienza parlotta con lo staff del Governatore. È Mario Draghi: vuole parlare con Modigliani, che non ha mai incontrato prima. Il personale della Banca d’Italia prova a dissuaderlo, ma Draghi abborda il professore di Boston all’uscita dello studio di Carli; e senza giri di parole gli chiede di ammetterlo ai corsi di dottorato del Mit.

Non solo le scadenze per l’iscrizione erano passate da un pezzo, ricorda Serena Modigliani, “ma Mario non aveva neanche i soldi della borsa di studio”. La prima risposta dell’economista fuggito dall’Italia durante il fascismo fu secca: “Non hai nessuna speranza”. O meglio: “Nessuna, a meno che non riusciamo a cambiare la stupida legge”, quella che impediva di utilizzare borse di studio italiane all’estero. Ci riuscirono. E già quell’insistenza di Draghi, racconta la moglie del premio Nobel dalla sua casa nel Massachusetts, fu il primo segno della sua determinazione ad andare avanti malgrado le difficoltà familiari» (Federico Fubini, “Corriere della Sera”).

 

 

*Tratto da “L’artefice”, di Jana Randow e Alessandro Speciale (Rizzoli, 2019)

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