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Dopo l’Africa ora anche il Pakistan inguaia Pechino

Il governo di Islamabad chiede la rinegoziazione di 22 miliardi di prestiti concessi per la costruzione di centrali termiche e ferrovie. Un copione già visto in Africa e che rischia di ripetersi altrove

La via della Seta cinese è una strada accidentata. Dopo le prime crepe comparse sul fronte africano, adesso è il turno di un altro Paese, non meno strategico: il Pakistan. Il problema è sempre quello, la difficoltà per i Paesi destinatari dei prestiti cinesi con cui finanziare le infrastrutture in loco, di rimborsare i finanziamenti concessi, complice la crisi globale innescata dalla pandemia.

Il grande stato asiatico è al centro della Belt and Road Initiative (Bri) cinese, soprattutto per quanto riguarda l’energia pulita, ma anche le ferrovie, infrastrutture di cui il Pakistan ha un disperato bisogno. Uno dei progetti principali finanziati con denaro cinese è il cosiddetto corridoio ML-1, che da solo vale circa 6,8 miliardi.

Ora però il Pakistan, come riportato da diversi organi di stampa asiatici, tra cui l’Asia Times, avrebbe espresso l’intenzione di rinegoziare 22 miliardi di prestiti concessi da Pechino, il grosso dei quali impiegati nel settore energetico, a cominciare dalle centrali termiche ed eoliche. E questo nonostante ai prestiti cinesi sia applicato un tasso agevolato del 3%. Si tratta di una cifra consistente se si considera che tutti i progetti della Bri in Pakistan valgono circa 51 miliardi. L’obiettivo del Pakistan non è tanto abbassare gli interessi sul debito con la Cina, quanto allungare le scadenze per il rimborso.

Questo consentirebbe all’economia pakistana di rifiatare, senza dover rincorrere le scadenze dei prestiti. La possibilità che Pechino conceda un po’ di ossigeno a Islamabad non è del tutto remota. Lo scorso anno, nel pieno della pandemia, la Cina ha infatti sospeso la riscossione dei prestiti ai Paesi africani per 15 miliardi di dollari, rimandando i pagamenti a metà 2021. Un’apertura verso il Pakistan è dunque verosimile, anche se non scontata. Di certo, la posta in gioco è alta, se non altro per il paese che grazie ai prestiti cinesi sta realizzando una moltitudine di impianti termici, eolici e geotermici.

Secondo alcune fonti, una risposta ufficiale da parte del governo cinese è attesa per i primi di marzo. Ma non sarà l’unica che Pechino dovrà dare. Dall’inizio della Bri, le banche cinesi hanno prestato nel complesso oltre 460 miliardi di dollari a tutti i Paesi inseriti nel progetto. Paesi che ad oggi stanno riscontrando sempre più difficoltà nel restituire questi soldi.


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