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Draghi è l’airbag della politica italiana. Maffettone spiega perché

Mario Draghi è l'”airbag” della politica italiana, dice Sebastiano Maffettone, filosofo politico e professore alla Luiss. I partiti hanno sostituito le ideologie con il trasformismo, lungimirante la svolta di Salvini. Conte? Ha due mesi, poi sparisce

“Basta il nome”. Sebastiano Maffettone è convinto che Mario Draghi sia come le colonne d’Ercole per la politica italiana. Dopo di lui, o meglio al posto di lui, non c’è nessuno in grado di tirare fuori il Paese dai guai. Professore alla Luiss Guido Carli, è tra i fondatori della filosofia politica in Italia, “ma Norberto Bobbio è il mio padre spirituale”.

Maffettone, cosa pensa un filosofo politico del governo Draghi?

Cosa devo pensare? Mi basta il curriculum. È venuto a Roma con un solo obiettivo: il Recovery Fund. Lei avrebbe trovato un nome migliore? Io no.

Il pragmatismo torna a Palazzo Chigi?

Non ne farei una questione di categorie, ma di pedigree. Io sono sicuro che chiunque altro farebbe peggio. Certo, la storia non si fa “a priori”.

Non rischia di finire soffocato dai partiti?

Aiutati che Dio ti aiuta. Speriamo che non siano così stupidi. Sarebbe un grave errore, per due motivi.

Cioè?

Il primo è il Recovery Fund. Il suo nome è una garanzia per avere quei fondi. Da solo ha già fatto crollare lo spread e impennare la borsa.

E il secondo?

Draghi è arrivato perché i partiti hanno fallito. È l’airbag di un’automobile che si è appena schiantata.

Perché?

Troppe contraddizioni interne. I partiti hanno abbandonato le ideologie ma non hanno riempito il vuoto. Rimane solo il trasformismo, cambiare idea ogni cinque minuti a seconda delle esigenze.

Parla della caccia ai responsabili?

Non solo. In questi mesi le forze politiche hanno subito un danno reputazionale importante, dato l’idea di una combriccola sciamannata, incapace di concludere alcunché. Come il Recovery plan di Conte, una cosa da ridere. La caduta di questo governo è stata un’epifania.

Il “campo progressista” di Conte non andrà in porto?

Non se Draghi avrà successo. Il potere di traino di Conte dura ancora due mesi, fra due anni non lo ricorderemo. Sparita l’onda emotiva del momento, il tecnico si dissolve al vento.

E la conversione europeista della Lega? Ci crede?

Si è già convertita, collocandosi al centro dello schieramento politico internazionale. Gramellini dice che Salvini ha un gemello. Io dico che ha fatto una scelta intelligente. Finalmente è entrato in un’area di governo. Con Joe Biden presidente negli Usa e l’Europa che ci dà i fondi si può restare nel solco dei Borghi e Bagnai?

Giorgia Meloni ha fatto un’altra scommessa. Vincente?

Come con Conte, dipende da Draghi. Se lui fallisce lei vince, e viceversa. È brava, acquista consensi, ma ha preso una strada impervia. Una destra che ha tutti questi voti deve essere di proposta e di governo, non di protesta. Deve guardare a Giovanni Malagodi e non all’Msi.

I Cinque Stelle si fonderanno con il Pd?

Io credo che manterranno una loro identità. In Italia c’è sempre una percentuale che nega il sistema, è fisiologica. Un tempo era catturata dalla sinistra radicale, oggi ci sono loro. È il Paese che non è d’accordo di essere d’accordo. Varrà il 10%, non più il 30. Va detto che un merito gli va riconosciuto.

Quale?

Hanno trasportato dentro al sistema persone che ne erano rimaste ai margini. Una parte del Paese povera, maltrattata, snobbata. Hanno votato Trump in America, Le Pen in Francia e loro qui. L’antielitismo però deve avere un limite. L’Italia, questa Italia, ha bisogno di poteri forti. Di una politica che sia in grado di decidere, di un’economia di traino.

Quale economia? Anche in questo governo convivono liberismo e assistenzialismo, Nord e Sud. Chi avrà la meglio?

Una sintesi va trovata. Anche la Dc di De Mita provava a tenere tutto dentro, non sempre riuscendovi. Da un lato bisogna assistere il Sud. Fargli vedere che lo Stato non è solo quello che mette in galera i briganti, ma dà risorse a chi è in difficoltà.

Ma la spinta degli imprenditori del Nord è fortissima.

E non si può trascurare. Il Nord è già Europa. Questa è l’intuizione di Salvini e Giorgetti. Dimenticarlo è un errore che si paga a caro prezzo, e i due precedenti governi lo sanno bene.

 

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