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Draghi sale al Colle, arriva il governissimo

Sergio Mattarella chiama Mario Draghi. L’ex numero uno della Bce convocato al Colle questo mercoledì alle 12. Il Capo dello Stato chiede di evitare il voto anticipato e apre a un governo tecnico. Fallite le trattative per il Conte-ter, non c’è una maggioranza politica

Sergio Mattarella chiama Mario Draghi. L’ex presidente della Bce salirà al Colle mercoledì alle 12. “Rivolgo un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento per conferire la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi in nessuna formula politica per formare un esecutivo che faccia fronte con tempestività all’emergenza”, ha detto in serata il Capo dello Stato.

Dal Quirinale  arriva un ultimo, accorato monito alla politica: bisogna evitare fino alla fine le elezioni anticipate. Elenca non una, non due ma cinque, sei buone ragioni per non tornare alle urne. I fondi europei da gestire insieme alla Commissione Ue. La pandemia e i contagi, la campagna per i vaccini, “la riduzione delle attività di governo che coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia”.

La strada indicata, dopo il fallimento delle trattative certificato dall’esploratore e presidente della Camera Roberto Fico, è allora quello di un governo “tecnico”. I tempi sono strettissimi, avvisa Mattarella, che non aspetterà un’altra settimana prima di conferire l’incarico.

Si chiudono così quattro giorni di consultazioni per salvare quel che resta del Conte-bis o traghettarlo altrove. “Allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato unanime disponibilità a dare vita a una maggioranza”, avvisa poco prima Fico dal Quirinale.

Più che un’esplorazione, la sua è stata una certificazione. Della morte di una coalizione, Pd-Cinque Stelle-Italia Viva, che non riesce a rimettere insieme ai cocci. Ma anche dell’impossibilità di una soluzione “politica”, quella che, in prima battuta, aveva chiesto Mattarella per scongiurare maggioranze raccogliticce e mettere fine alla poco edificante “caccia ai responsabili” in Parlamento.

Il sipario sul Conte-ter è calato nella serata di martedì, quanto Matteo Renzi ha chiuso ai negoziati. “Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza del Capo dello Stato”, ha cinguettato il leader di Iv. “Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro”.

La rottura, insomma, è sui nomi e anche sui temi, ribadisce lui nelle chat interne della pattuglia parlamentare. La sensazione di una deriva generale è trasversale ai protagonisti.

Anche il dem Andrea Orlando, al termine di un lungo tira e molla con i Cinque Stelle sulla riforma della Giustizia e della prescrizione, è costretto a gettare la spugna, “Ho l’impressione che si volesse questa rottura”. Succede allora quel che tutti pensavano (quasi) impossibile.

Spentosi il lumicino del Conte-ter, rimane solo quello indicato dal Colle, un governo “di alto profilo”. Ma la strada non è tutta in discesa. A scanso di equivoci, Alessandro Di Battista promette battaglia su Facebook ripostando un vecchio articolo su Tpi contro Draghi, “repetita iuvant”.

E mentre il Capo dello Stato avvisa dei rischi di un ritorno al voto, quella parola rimasta tabù per tre settimane si fa spazio nelle dichiarazioni dei leader di partito. Perfino fra i Cinque Stelle, travolti dalla notizia dell’addio di Emilio Carelli, passato al Gruppo Misto, c’è chi inizia a farci un pensiero, anche al Senato, dove i numeri ballano su un filo. “Meglio il voto che i ricatti continui”, dice Elio Lannutti. Ma di una posizione univoca neanche l’ombra. E qualcuno punta il dito contro il capo Crimi. Come la deputata del Copasir Federica Dieni: “”Se ti siedi a un tavolo, su qualcosa devi cedere.



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