Skip to main content

Attenti alla scuola, buccia di banana. L’opinione di Ciccotti

Il papa: “La Dad catastrofe educativa”. Il premier incaricato Mario Draghi: “Va ripensato il calendario scolastico” per recuperare le lezioni perdute. Attenzione, non si può parlare di scuola con obiettività non conoscendola da vicino. Il mondo della scuola italiana è, rispetto a quello di altri Paesi, variegato e complesso. Il parere del preside Eusebio Ciccotti

Papa Francesco: “(…) L’aumento della didattica a distanza ha comportato una maggiore dipendenza dei bambini e degli adolescenti da internet e in generale da forme di comunicazione virtuali (…)”; un periodo, chiosa il pontefice, definito di “catastrofe educativa”.

PAPA FRANCESCO HA RAGIONE IN PARTE

Personalmente amo papa Francesco e prego per lui ogni giorno. Ma debbo cortesemente obiettare che egli ha ragione solo in parte e che le sue preoccupazioni, legittime, sono generate, debbo pensare, da suggerimenti di uno staff che non ha vissuto la situazione pandemica in prima persona, o dal mondo dell’informazione che, in buona fede, vede la questione dall’esterno. Analizziamo i giusti timori del Santo Padre.

– Effettivamente la Dad ha aumentato la dipendenza da devices elettronici, in quanto se prima gli adolescenti si collegavano nel pomeriggio, al rientro a casa (alcuni sino alle 23; altri sino alle 2 del mattino), in periodo di Dad hanno passato sullo schermo, in più, gran parte della mattinata, in collegamenti, diciamo “istituzionali”. Per quanto tutte le ore fossero ridotte, per evitare l’affaticamento visivo, a 35-40 minuti, l’impegno con i devices è decisamente aumentato. Quindi sul versante della “dipendenza” e della salute papa Francesco ha pienamente ragione.

– Non credo, però, che lo stare in casa la mattina abbia spostato i ragazzi verso l’uso inconsapevole del web. Esponendoli “ad attività criminali online”. Da anni con lezioni in classe da parte dei docenti e tramite conferenze e corsi ad hoc di esperti (carabinieri, finanza, polizia, magistrati, psicologi, sociologi) la scuola educa i nostri studenti ad un uso consapevole della rete. La Dad è stata, invece, una forma di educazione all’uso consapevole del web. I ragazzi hanno scoperto piattaforme di studio (Zoom, G-Suite-Meet, Microsoft Teams, We-School) e i docenti li hanno indirizzati a integrare le lezioni in diretta con eventuali ricerche su siti scientifico-pedagogici, quali quelli della Rai, Bbc, Cinémateque Française, Accademia della Crusca, siti universitari, ecc.

“DAD CATASTROFE EDUCATIVA”?

Anche il giudizio sulla Dad come “catastrofe educativa” forse è troppo severo. È incontrovertibile che nei mesi di marzo-aprile 2020, in alcune aree periferiche delle città e della provincia italiana, i collegamenti erano assenti o difficili (al tema, tra i primi, abbiamo dedicato articoli su Formiche.net). Ma il governo Conte e la ministra Azzolina, a onor del vero, hanno subito messo a disposizione tablet, computer e finanziamenti per colmare il gap tecnologico. Ovviamente l’Italia, come superficie, non è il Belgio o l’Olanda, inoltre ha diverse colline e qualche catena montuosa, oltre una ventina d’anni di arretratezza tecnologica rispetto all’Europa del nord. Aggiungiamo, per completare la comparazione, che i nostri studenti sono quasi quanti gli abitanti del Belgio. Dunque, è stato fatto il possibile dal passato governo e dallo Stato. Chi studiava in presenza ha studiato anche in Dad: questa la constatazione oggettiva delle decine e decine di docenti che ho ascoltato. Naturalmente, la didattica in presenza è un’altra cosa. Tutti vogliamo tornare a scuola. E, a Dio piacendo, rimanerci.

PREMIER INCARICATO MARIO DRAGHI: “RIMODULAZIONE DEL CALENDARIO SCOLASTICO”

I docenti hanno lavorato il doppio, sia in Dad che in presenza e in queste settimane stanno erogando la didattica nelle due modalità. Se durante la Dad alcuni studenti hanno approfittato nel disertare le lezioni (“non funziona l’audio… mi cade la connessione”) non si può imputare ciò ai docenti. Quando si era in presenza, per evitare la verifica, non si veniva a scuola o c’era la mammina pronta a prelevare il figlio per una visita medica (sempre di mattina queste visite) o per improvvisa indisposizione “della mia bambina” (le chiamano così sino a 17 anni!). I docenti hanno portato avanti tutto il programma. Una minima percentuale di allievi è rimasta indietro? Possibile. Ma accadeva anche in presenza. Da alcuni giorni, in tutte le scuole, sono partiti i corsi di recupero. Ora, il premier incaricato, il prof. Mario Draghi, ha tutto il diritto di proporre un recupero della didattica eventualmente danneggiato dalla non funzionalità della Dad. Dal 10 giugno al 30 giugno? Dal 1° settembre al 15 settembre? Staremo a vedere.

DIVERSI POSSIBILI CALENDARI. POCO PRATICABILI

Prolungare la permanenza a scuola nel mese di giugno è sconsigliabile: innanzitutto, ciò andrebbe ad aumentare la stanchezza degli alunni. Secondo, non tutte le scuole sono attrezzate con dei condizionatori d’aria per affrontare le temperature tardo primaverili-estive. Diverse scuole hanno classi ospitate nei container, in ex laboratori, in biblioteche: come fu chiesto, a suo tempo, ai dirigenti per splittare le “classi pollaio” (attendiamo la nuova edilizia, come la manna per gli ebrei nel deserto). Molte aule sono sprovviste di veneziane o tende ignifughe. A settembre, stessa situazione.

NIENTE SCUOLA D’ESTATE SE IL GOVERNO VORRÀ MANGIARE L’UVA

Credo che nessun studente si recherebbe volentieri a scuola sino al 30 giugno o dal primo settembre. Va ricordato che presidi e personale sono stressati da mesi di non riposo. Se il futuro governo, che parte con delle ottime chance, vorrà mangiare, non dico il panettone, ma anche la colomba pasquale 2022, deve evitare di scivolare sui chicchi dell’uva settembrina, pericolosi quanto una buccia di banana. Non si potranno tenere in classe, attaccati ai banchi, con la mascherina incollata dal sudore, milioni di ragazzi, e docenti non più giovincelli, con il rischio di chiamare il 118 ogni mez’ora per svenimenti, difficoltà respiratorie o crisi di panico. Scenderebbero in piazza. All’aria aperta, tutti.



×

Iscriviti alla newsletter