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Biden congela il ritiro militare dalla Germania. Promessa (anti-Trump) mantenuta

Lo stop al ritiro dalla Germania è stato annunciato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan in conferenza stampa alla Casa Bianca. È motivato con l’esigenza di rivedere nel complesso la postura europea del Pentagono. Si attende una revisione “molto approfondita” da parte del segretario alla Difesa Lloyd Austin

Stop al ritiro delle truppe americane dalla Germania voluto da Donald Trump. La presidenza di Joe Biden conferma di voler ristabilire toni concilianti tra le due sponde dell’Atlantico e la fiducia con gli alleati europei. E così, oggi, la Casa Bianca ha annunciato il congelamento dell’ordine di ritiro siglato a luglio da Trump, con cui si prevedeva il rientro di 11.900 militari dal territorio tedesco, circa un terzo rispetto a una presenza complessiva di circa 36mila unità. La mossa strizza l’occhio ad Angela Merkel ma anche alla Nato, presa spesso alla sprovvista dalle mosse del tycoon negli ultimi quattro anni.

UN PIANO PER LA DIFESA USA

Lo stop al ritiro è stato annunciato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan in conferenza stampa alla Casa Bianca. È motivato con l’esigenza di rivedere nel complesso la postura europea del Pentagono. Si attende una revisione “molto approfondita” da parte del segretario alla Difesa Lloyd Austin, come spiegato ieri dal generale Tod Wolters, comandante del Comando europeo degli Stati Uniti (EuCom) e del Supreme Allied Commander Europe (Saceur) della Nato. “La pianificazione precedente è stata congelata in modo che il nostro segretario alla Difesa e questa amministrazione possano condurre una revisione approfondita di tutto ciò che è emerso fino al punto in cui il segretario Austin ha assunto il comando”, ha spiegato ai giornalisti.

I MARGINI DI BIDEN

Come notava Formiche.net sin dalle indiscrezioni sul progetto di Trump, i tempi lunghi del piano di ritiro e le complessità della macchina militare statunitense hanno effettivamente favorito il passo indietro di Biden. Le prime avvisaglie risalgono allo scorso giugno, nel pieno delle distanze tra Merkel e Trump su una molteplicità di punti, dal Nord Stream 2, al dossier commerciale, fino le diverse visioni sul rapporto con la Cina e alla polemica aperta sulla riunione del G7. Dopo le indiscrezioni l’ufficialità è arrivata a luglio.

IL RUOLO DEL PENTAGONO…

Da subito il Pentagono era apparso restio ad accelerare le volontà del presidente. L’allora segretario alla Difesa Mark Esper tentava di rassicurare gli alleati e chiariva che si trattata di una “Trump’s decision”. A settembre, il generale Jeffrey Harrigian (comandante delle forze aeree Usa in Europa e Africa e già comandante dell’Allied air command Nato presente nella base tedesca di Ramstein, nel sud-ovest della Germania) sottolineava che c’era ancora molto da fare per attuare il piano, quasi a voler tranquillizzare in vista del voto di novembre.

…E LA PROMESSA DI BIDEN

Nel frattempo, il team Biden prometteva una decisa marcia indietro. “Rivedremo tutte le decisioni prese dal presidente Trump, inclusa questa”, aveva detto Tony Blinken a luglio in un’intervista a Reuters. Negli stessi giorni era lo stesso Joe Biden a spiegare l giornale statunitense Stars and Stripes: “La prima cosa che farò, e non sto scherzando, sarà quella di chiamare i capi di Stato [alleati] dicendo loro che l’America è tornata e che possono contare su di noi”. Promessa mantenuta, considerando i vari contatti già intercorsi, e non solo dal presidente. Il capo del Pentagono Lloyd Austin ha scelto Jens Stoltenberg quale primo interlocutore dopo l’insediamento al Pentagono.

LA VISIONE DI BERLINO

Intanto anche la Germania lavorava per frenare il piano di Trump. Contro il ritiro si erano apertamente dichiarati la cancelliera Angela Merkel, il ministro della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, e il ministro degli Esteri Heiko Maas, . A giugno Akk definiva la presenza dei militari americani in Germania “un servizio alla sicurezza generale della Nato, compresa la sicurezza degli Stati Uniti”, la base su cui Berlino e Washington “lavorano insieme”. Gli faceva eco il dicastero degli Esteri rilanciando le dichiarazioni del ministro Heiko Maas, per cui l’Alleanza Atlantica è “la polizza assicurativa sulla vita dell’Europa”. In più, aggiungeva,  “siamo in contatto con gli Stati Uniti a vari livelli per tutte le questioni che riguardano la nostra sicurezza comune”. Per il ministero della Difesa, i militari americani “si sono sentiti a proprio agio in Germania e ciò proseguirà in futuro”.

LE RAGIONI DI TRUMP

L’esecutivo Merkel sembrava insomma scommettere sul Biden. Scommessa riuscita, a giudicare dalle varie dichiarazioni relative ai contatti tra il governo di Berlino e la nuova amministrazione americana. Certo, nel campo della Difesa le ragioni di frizione tra Germania e Stati Uniti non sembravano mancare, molte delle quali tutt’ora esistenti. Oltre al nodo del 2% del Pil da spendere nel settore (richiesta che Biden è pronto a confermare), in primavera era esploso il dibattito politico in Germania sulla partecipazione alla dissuasione nucleare della Nato.

Nonostante le rassicurazioni della ministra Kramp-Karrenbauer, si erano fatte sentire le rinnovate insofferenze dei socialdemocratici dell’Spd all’interno della Grosse Koalition guidata dalla cancelliera Merkel. Il tema si intrecciava al complesso dibattito sulla sostituzione dei Tornado per la Luftwaffe.

Dopo la rumorosa esclusione dell’F-35 dalla gara, la scelta del dicastero tedesco della Difesa per un mix tra i Super Hornet di Boeign e gli Eurofighter, non ha soddisfatto nessuno. Il nodo c’è, considerando che a fine settembre la Germania ha annullato la gara STH (stimata intorno i 4 miliardi di euro) per i suoi nuovi elicotteri da trasporto pesante, rispedendo oltreoceano le proposte di Boeing e Lockheed Martin che avevano presentato (dopo intese con industrie tedesche e creazioni di team industriali) le rispettive proposte per Chinook e King Stallion.

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