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Cazzola legge le priorità del nuovo governo dopo il primo consiglio dei ministri

Vaccinazioni, lavoro, economia, scuola e ambiente. Le priorità ci sono tutte, ma per ora si tratta solo di titoli. I punti indicati si condizionano reciprocamente nel senso che ognuno di essi deve essere affrontato in relazione agli effetti che possono determinarsi sugli altri. SuperMario ha più volte ribadito che le risorse vanno investite per produrre sviluppo e non ibernate in attesa di una resurrezione

Nella prima riunione del Consiglio dei ministri Mario Draghi ha messo le carte in tavola: vaccinazione, lavoro, economia, scuola e ambiente. Le priorità ci sono tutte, ma per ora si tratta solo di titoli. Le prime misure si vedranno appena il governo sarà chiamato in un breve volger di tempo a rivedere le regole di moderazione del contagio, venute a scadenza e ad accelerare la preparazione del Pnrr, in modo di poter avere un altro giro di consultazioni con la Commissione europea prima di presentare il testo definitivo entro aprile.

I punti indicati non si iscrivono in un cronoprogramma all’interno del quale alcuni vengono prima ed altri dopo, ma si condizionano reciprocamente nel senso che ognuno di essi deve essere affrontato in relazione agli effetti che possono determinarsi sugli altri.

Senza eccedere in giri di parole veniamo subito al sodo. La linea di condotta con cui il governo intende affrontare la crisi sanitaria è il perimetro entro il quale possono stare le misure da assumere per le altre priorità. Per spiegare questo concetto è sufficiente considerare quanto è in discussione in queste ore: che fare della stagione del turismo invernale?

Le aziende e le attività economiche interessate hanno già subito pesanti tagli del fatturato in seguito alle restrizioni nelle festività natalizie e di capodanno. Si sono attrezzate per ripartire domani, come era stato previsto, ma l’autorizzazione potrebbe essere revocata all’ultimo momento in ragione di discutibili criteri di contenimento del contagio. In sostanza, attività economiche che sono in grado di lavorare e dare lavoro senza pretendere niente da nessuno potrebbero essere costrette a chiedere assistenza al governo. Ovviamente, non si chiede di abbassare la guardia nella tutela della salute, ma di cercare un migliore punto di equilibrio tra le diverse esigenze, perché le ragioni sanitarie non possono continuare ad essere l’unica variabile indipendente di questo difficile passaggio.

Ecco perché accelerare il piano della vaccinazione è una assoluta priorità. Ma ormai ci siamo accorti che occorreranno tempi lunghi con risultati incerti, perché l’impegno produttivo ed organizzativo è comunque complesso e perché il virus evolve e va seguito e combattuto nelle sue varianti. Si riuscirà certamente a fare meglio, a predisporre vaccini per la prevenzione e una farmacologia adeguata alla cura (è questo ultimo l’obiettivo più importante per ‘’convivere’’ con una malattia, con la quale è possibile, nel medio periodo, solo un armistizio, non certamente una vittoria), ma è indispensabile adottare una strategia più flessibile e realistica nella lotta al contenimento.

I dati dell’economia reale continuano a mettere in evidenza il permanere di una non domata vitalità che emerge in modo incoraggiante ed imprevisto ogniqualvolta si allentano i ceppi delle misure di contenimento. Fino a quando e per quanto tempo si potranno affrontare le grandi questioni (indicate da Draghi) del lavoro – e quindi dei giovani e delle donne – dell’economia e della scuola, se queste sfide vengono affrontate con una palla di piombo al piede o un braccio legato dietro la schiena?

Nelle scorse settimane ha suscitato delle reazioni preoccupate il rapporto Istat sui trend del mercato del lavoro di dicembre, per il fatto che su 101mila disoccupati in più, 99mila risultavano essere donne. È sembrata una discriminazione di genere, quando invece era la conseguenza di colpire ancora una volta e in modo pesante – ai fini di contenimento del contagio – il settore dei servizi dove è consistente l’occupazione femminile e giovanile.

Le ripetute flessioni congiunturali dell’occupazione registrate tra marzo e giugno 2020, unite a quella di dicembre, hanno portato – scrive l’Istat – l’occupazione a un livello più basso di quello registrato nel dicembre 2019 (-1,9%, pari a -444mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne, dipendenti (-235mila) e autonomi (-209mila) e tutte le classi d’età, ad eccezione degli over 50, in aumento di 197mila unità, soprattutto per effetto della componente demografica. Il dato degli autonomi presumibilmente coincide con quello di attività economiche che hanno chiuso i battenti.

Come si può notare – soprattutto se si aggiunge il numero dei rapporti non attivati – il blocco dei licenziamenti che passa da una proroga all’altra è una misura discutibile anche sul piano di una logica strettamente e tenacemente difensiva dell’esistente. Ma, come chi scrive ha più volte sostenuto, a partire dal primo blocco all’inizio dell’anno scorso, sarà molto difficile che i sindacati rinuncino a questa illusoria e pigra sicurezza, a costo di obbligare l’economia a restare prigioniera del passato.

La pandemia non è ‘’una notte in cui tutte le vacche sono nere’’. Anche se il saldo è nel complesso negativo, vi sono settori che hanno registrato una forte crescita e che magari hanno progetti espansivi per quanto riguarda l’occupazione, ma l’offerta non è in grado di corrispondere in toto alla domanda. Sappiamo bene quanto sia arduo sviluppare politiche attive. Lavorare una pratica di Cig è più facile (se le norme sono chiare e non presentano i problemi riscontrati lo scorso anno) che mettersi al centro dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Occorre conoscere il mercato in uno specifico territorio, interpretare le esigenze delle imprese a partire dall’orientamento professionale.

Vedremo presto le intenzioni del governo Draghi a proposito di questi problemi, quando nel confronto con i sindacati, il presidente Draghi ha dovuto prendere nota di queste sole richieste: la proroga della Cig da Covid e il blocco dei licenziamenti. Ovviamente senza dimenticare le pensioni.

SuperMario ha più volte ribadito che le risorse vanno investite per produrre sviluppo e non ibernate in attesa di una resurrezione. Governare è tutto un altro paio di maniche. Ma il Paese deve recuperare quelle risorse che ha smarrito da anni: il pensiero, una visione e il coraggio.



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