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Il super ministero green proposto da Grillo? La versione di Realacci

In un post sul suo blog, mentre entra alle consultazioni con Mario Draghi, Beppe Grillo detta l’agenda green del Movimento. Chiede un unico ministero per la transizione ecologica e l’energia, una proposta che Draghi potrebbe accogliere. Realacci (Symbola): è una buona idea, ma prima si riscriva il Recovery plan

“Le fragole sono mature”. Un post sul blog di Beppe Grillo inaugura con un’agenda green le consultazioni a Montecitorio fra il premier incaricato Mario Draghi e la delegazione del Movimento Cinque Stelle. C’è anche lui, il guru e fondatore, nel drappello che entra alla Camera per incontrare l’ex numero uno della Bce.

La squadra è davvero al completo. Uno ad uno, scendono dall’auto Davide Casaleggio, Luigi Di Maio, e il premier uscente Giuseppe Conte. “La famiglia si allarga” scherza il ministro degli Esteri. È il primo vero esordio di Conte fra le fila grilline. Manca ancora l’iscrizione, ma il percorso sembra segnato. “È un nuovo inizio?”, gli chiede una cronista. “Lo saprete”.

Dopo settimane di silenzio Grillo detta le condizioni con un post. Cinque punti per un programma condiviso, tutti imperniati su un solo tema: l’ambiente.

Ecco il primo, “creare un ministero per la transizione ecologica”. “Fondere in un ministero per la transizione ecologica gli attuali ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico. Come hanno fatto Francia e Spagna, e altri Paesi. Nominare ministra/o un persona di alto profilo scientifico e di visioni”.

Dunque il secondo. Conferire al nuovo ministero, “o almeno all’eventuale superstite Ministero dell’ambiente”, “la competenza della politica energetica”.

Non è una boutade. È un punto cardinale del programma Conte che diventa perno del programma dei Cinque Stelle. I nomi per guidare il super-ministero green ci sono. In queste ore, il più accreditato è quello dell’ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini, presidente di Asvis (Alleanza per lo sviluppo sostenibile).

Il fronte green è quello su cui, almeno in teoria, il Movimento può mettere il cappello nelle consultazioni. La transizione è colonna portante dei piani per spendere i fondi Ue della ripresa, il 37% deve finire in progetti green, aveva avvisato a settembre la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Ma è anche un punto di raccordo cruciale con la nuova amministrazione americana di Joe Biden, che a scanso di equivoci, come primo atto alla Casa Bianca, è rientrata negli accordi di Parigi sul clima del 2015. Draghi lo sa, ed è probabile che per questo voglia dare spazio, nei limiti delle contrattazioni, alle istanze green del Movimento.

“Ha ragione Grillo, la proposta di un ministero per la transizione ecologica è convincente e in linea con quanto fatto in Francia e in altri Paesi europei”, commenta con Formiche.net Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e tra le voci più autorevoli dell’ambientalismo italiano.

Nel post sul blog, Grillo si spinge oltre. Chiede di ridurre alle società benefit l’imposta sul reddito d’impresa dal 24% al 20% per grandi società benefit e al 15% per le Pmi. Poi, ancora sulla scia dell’esperienza francese, l’istituzione di un Consiglio superiore per lo sviluppo sostenibile, nominato dal presidente della Repubblica. Infine la riduzione di 20 miliardi di sussidi ambientalmente novici.

“Non scendo nel merito delle singole idee, qualcuna buona, altre meno – dice Realacci – Mi auguro solo che la riscrittura del piano per la ripresa lo migliori molto. Tutti fanno finta di trattare il Recovery plan come una grande legge di bilancio gratuita, perché paga l’Europa, e aggiungono temi che non c’entrano nulla”.

In realtà, “i pilastri sono 3”, chiosa l’esperto: “Inclusione coesione e sanità insieme, poi la transizione ecologica, infine il digitale, cui va destinato il 20% delle risorse”. Al di là della toponomastica dei ministeri, chiude allora Realacci, “bisogna fare in modo che le scelte siano conseguenti. Ricordo sommessamente che nello scorso governo i due ministeri chiave, Mise e Ambiente, erano in mano ai Cinque Stelle. E non ho visto grandi rivoluzioni…”.



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