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Le domande che restano aperte dopo l’assoluzione di Trump

Quanta influenza avrà ancora Trump sul Partito repubblicano? Inoltre, il processo di impeachment offre un dettagliato resoconto dell’assalto a Capitol Hill ma non risponde a una domanda: com’è potuto accadere?

Il presidente Joe Biden a Camp David per il fine settimana e impegnato, nella giornata di sabato, in riunioni con il Consiglio per la sicurezza nazionale. La vice Kamala Harris con il marito in visita a un ospedale per veterani a Washington. Così la Casa Bianca ha cercato di estraniarsi, soprattutto mediatamente, da quanto accadeva ieri al Senato, che con 57 voti a favore e 43 contrari ha assolto l’ex presidente Donald Trump dall’accusa di impeachment.

I democratici sono riusciti a convincere solo sette senatori repubblicani, insufficienti a raggiungere la maggioranza dei due terzi richiesta. Fallito, dunque, anche il secondo processo, Trump è l’unico presidente a essere stato messo in stato d’accusa due volte e il primo ad aver affrontato il procedimento dopo aver lasciato la Casa Bianca. L’accusa era di aver istigato i suoi fan ad assaltare il Congresso il 6 gennaio scorso per bloccare la certificazione della vittoria di Biden.

Mitch McConnell, leader repubblicano al Senato, ha spiegato in Aula che “le azioni dell’ex presidente Trump prima della rivolta sono state una vergognosa, vergognosa negligenza del dovere”. Trump, ha continuato, è “praticamente e moralmente responsabile per aver provocato gli eventi del giorno, non ci sono dubbi”, ha chiarito McConnell ribadendo le dure critiche pronunciate all’indomani dei fatti di Capitol Hill ma anche il suo no all’impeachment sposando la tesi difensiva dell’ex presidente.

Ma qui sorge una domanda: perché è stato assolto? Non soltanto perché, come raccontato nelle scorse settimane su Formiche.net, le accuse sarebbero facilmente difendibili in ogni tribunale in nome del Primo emendamento. Ma anche per 75 milioni di voti, quelli ricevuti da Trump lo scorso 3 novembre. Su questo punto Paolo Mastrolilli sulla Stampa ha rilevato come McConnell “per qualche giorno, ha accarezzato l’idea di approvare l’impeachment, per togliersi definitivamente Trump dai piedi e vietargli di candidarsi in futuro per qualunque carica pubblica”. Ma ci ha ripensato.

La ragione? ”Donald è ancora più forte di tutti i repubblicani” e “McConnell e altri 42 senatori del Gop non hanno avuto il coraggio di sfidarlo”. Ora, due speranze tra i repubblicani, continua Mastrolilli: “che la magistratura ordinaria porti a termine il lavoro sporco che loro non hanno avuto il fegato di fare, incastrando Trump per aver fomentato l’assalto al Congresso, oppure per altri reati comuni, tipo quelli fiscali”; e “che la popolarità di Donald, privo dei social e di altri megafoni, svanisca da sola, rendendo impossibile una sua ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024”.

Qui si aggiunge, però, un’altra domanda di difficile risposta: il Partito repubblicano ha leader all’altezza? Le midterm del 2022 saranno il banco di prova per gli aspiranti candidati presidenziali del 2024, da Marco Rubio a Nikki Haley, da Mike Pence a Tom Cotton.

Come ha evidenziato il New York Times i documenti del processo di impeachment offrono il più dettagliato resoconto su quanto accaduto il 6 gennaio, quando cinque persone hanno perso la vita. Ma un interrogativo aperto di interesse nazionale diffuso rischia, se lasciato senza risposta, di lacerare ancor più gli Stati Uniti: com’è potuto accadere?

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