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Le prossime tappe di Draghi e cosa succederà al Copasir. Le previsioni di Lupo

Una maggioranza ampia, ampissima. Ma nelle commissioni gli incidenti sono dietro l’angolo. E Giorgia Meloni, sola all’opposizione, potrebbe controllare posti chiave, dal Copasir alla vigilanza Rai. Nicola Lupo, costituzionalista della Luiss e già Consigliere parlamentare, spiega gli ostacoli sulla strada del governo Draghi

Il governo Draghi si farà, è ormai questione di tempo. Diverso è capire quanto lontano può andare. Non è detto, ad esempio, che un governo di larghissime intese abbia sempre la strada  spianata in Parlamento, dice a Formiche.net Nicola Lupo, professore di Diritto parlamentare alla Luiss e già Consigliere parlamentare.

Quali sono le prossime tappe?

Draghi si recherà al Quirinale, scioglierà la riserva e formulerà una proposta per i ministri a Mattarella. Lo farà in autonomia, senza negoziare le singole caselle con i partiti, come invece fanno i governi di coalizione.

Perché, questo cos’è?

Un governo sostenuto da forze politiche ma che sembra avere tutte le caratteristiche di un governo tecnico. Secondo l’auspicio del Presidente Mattarella, “un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. A partire dal capo dell’esecutivo fino alla ragione per la sua nascita. Cioè l’esigenza di dare discontinuità e porre in essere riforme che altri non hanno avuto la forza o la possibilità di assumere.

Quindi niente veti.

In teoria no, Draghi può vantare una grande autonomia. Nessun replay, ad esempio, del caso Savona nel governo Conte 1, quando il premier incaricato, di fronte al veto di Mattarella, si trovò nell’impossibilità di sostituire quella casella, perché rischiava di perdere l’appoggio di Lega e Cinque Stelle.

Quali sono gli ostacoli sul percorso?

Il momento chiave è fra il giuramento e la fiducia in Parlamento. Dieci giorni massimo, ma saranno di meno. Tutti i partiti dovranno esprimersi sulla squadra e il programma. È il passaggio politico più delicato.

Mettiamo che i Cinque Stelle si astengano. Cosa succede?

Il governo avrebbe comunque i numeri, ma con qualche fatica alla Camera se si contassero altre eventuali defezioni. Ma soprattutto qualcuno, magari la Lega, potrebbe ottenere, come Renzi nel Conte-bis, una golden share sul governo, o, se vogliamo, un potere di ricatto.

Governo e Parlamento andranno a braccetto?

Diciamo che con un governo tecnico le distanze tra Governo e Parlamento si accrescono. Nel Regno Unito con “government” si indica un continuum fra governo e maggioranza, qui è diverso. Un po’ perché il presidente del Consiglio e la maggior parte dei ministri non saranno parlamentari. Un po’ perché la maggioranza potrebbe variare a seconda dei provvedimenti in esame.

Nelle commissioni filerà tutto liscio?

Non è detto. La presenza di un’ampia maggioranza non significa che sui singoli provvedimenti si troverà ogni volta il consenso in Parlamento. A meno che il governo non faccia un uso smodato della questione di fiducia. Non sarebbe una novità.

Un solo partito all’opposizione. Non è un’anomalia?

No, ci sono precedenti. In effetti è un tratto ricorrente dei governi tecnici. Hanno tutti un’ampia base parlamentare, grazie ai voti a favore o alle astensioni. Il governo Monti ha ricevuto la fiducia alla Camera con 556 sì e 61 no.

Ora ci potrebbe essere un valzer di poltrone. Dal Copasir alla vigilanza Rai, la presidenza spetterà a Fratelli d’Italia?

Le commissioni permanenti rimarranno tali fino a fine legislatura. Il problema si pone, appunto, per i comitati di controllo bicamerali, o la giunta per le elezioni e le immunità al Senato. Sulla presidenza del Copasir a un esponente dell’opposizione c’è un vincolo piuttosto rigido, ma si riferisce al momento dell’elezione. E la prassi ha previsto eccezioni.

Cioè?

Massimo D’Alema è stato eletto presidente del Copasir nel gennaio del 2010, quando era all’opposizione, e ci è restato fino a fine legislatura, anche dopo il cambio di maggioranza con il governo Monti. In poche parole, le dimissioni sono a discrezione del presidente di turno.

Cos’altro spetterebbe di diritto al partito di Giorgia Meloni?

Ci sono diverse prerogative. Una quota dei tempi nella programmazione dei lavori alla Camera, ad esempio. E poi, in teoria, metà dei componenti del comitato per la legislazione.

Mattarella ha ricordato Segni e spiegato che il semestre bianco non è un lasciapassare. È d’accordo?

Probabilmente si riferiva criticamente a una prassi delle forze politiche, che tendono a condizionare l’operato del Colle durante il semestre bianco, lusingandolo con prospettive di rielezione. Al tempo stesso, è innegabile che il semestre bianco priva il Presidente della sua arma più efficace, lo scioglimento delle camere. Napolitano nel 2013 non fu in grado di minacciarlo e la crisi infatti si risolse solo dopo la sua rielezione.

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