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Cosa c’è dietro la svolta moderata di Luigi Di Maio

Di Maio esce dall’angolo, rivendica il processo di maturazione compiuto in questi anni dal M5S, fino a diventare “sinceramente” atlantista ed europeista. La collocazione del M5S come forza moderata e responsabile non è solo frutto del contingente, dell’effimero, del governismo. Piuttosto è il tentativo di occupare uno spazio politico anche in prospettiva post-Draghi

Non c’erano dubbi sul fatto che il ciclone Draghi avrebbe cambiato lo scenario politico italiano. Nessuno, però, pensava che avrebbe dato questa accelerazione. La nascita del governo delle larghissime intese ha scosso tutta la geografia dei partiti italiani. Shaken not stirred, direbbe James Bond. Ha agitato più che mescolato gli ingredienti politici. Nessuno, eccetto Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni, sembra essere uscito indenne.

Il Pd è già in fase pre-congressuale, non una grande novità, original since 2007. L’area lib-dem sta provando a riorganizzarsi oltre l’esangue consenso del 2/3%. Forza Italia è spaccata in due, tra chi vuole finire nelle braccia della Lega e di chi rivendica ancora autonomie e leadership nel centrodestra. Lo stesso Matteo Salvini che è il vincitore tattico e momentaneo della precedente crisi di governo, è costretto a continui caroselli di lotta e di governo, tra le spinte di Giorgetti e Zaia e il nazional-populismo che ha contraddistinto la sua politica dal 2013.

Il M5S ha rinunciato a esprimere il presidente del consiglio, ha dovuto accettare di mettere in discussione molti capisaldi della propria constituency, e ha scelto la via definitiva all’istituzionalizzazione del movimento. Proprio su Formiche.net, qualche settimana fa, avevamo auspicato che questo processo giungesse alla completa maturazione. Il prezzo, però, che il M5S sta pagando è altissimo con la scissione di un pezzo consistente molto più movimentista e anti-sistema.

Per questo l’intervista odierna della bravissima Annalisa Cuzzocrea a Luigi Di Maio è molto più che interessante. Innanzitutto Di Maio esce dall’angolo, rivendica il processo di maturazione compiuto in questi anni dal M5S, fino a diventare “sinceramente” atlantista ed europeista. La collocazione del M5S come forza moderata e responsabile non è solo frutto del contingente, dell’effimero, del governismo. Piuttosto è il tentativo di occupare uno spazio politico anche in prospettiva post-Draghi.

Se dovessimo fare esegesi delle parole di Di Maio a proposito del M5S come partito “moderato e liberale” e che ha impegnato tutto il governo sul tema “dell’ecologia” e della transizione ambientale, potremmo leggere chiaramente che le famiglie europee a cui Di Maio guarda sono tre Ppe, Renew Europe e Verdi. E sarei affatto sorpreso se nei prossimi mesi la delegazione del M5S in Parlamento Europeo dovesse aderire a uno di questi gruppi. D’altronde Di Maio, che lavora per una legge elettorale proporzionale, sa che in questo scenario il M5S diventerebbe non solo “centrista” ma soprattutto centrale per la formazione di qualsiasi governo.

Non si tratta solo di progettare la sopravvivenza politica del M5S, ma anche una sua futura rinascita. Ben consapevole, infine, che rispetto ad altri partiti in crisi di leadership, ha una carta in più: Giuseppe Conte. L’uscita da Palazzo Chigi finora non ha scalfito per nulla popolarità e consenso dell’avvocato del popolo. Se accettasse un ruolo di guida nel M5S, certamente darebbe nuova linfa politica al movimento. Non è per nulla un caso che nell’intervista di stamattina Di Maio lo dica esplicitamente.

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