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M5S, Conte sarà leader (ma non federatore). Parla Sorgi

Leader sì, federatore no. Giuseppe Conte può prendere il timone del Movimento Cinque Stelle ma il progetto di un campo progressista con il Pd è tramontato con Draghi, dice l’editorialista de La Stampa Marcello Sorgi. Dibba&Co? I tempi del vaffa sono finiti

“I tempi del vaffa sono finiti”. Marcello Sorgi, editorialista e già direttore de La Stampa, mette le mani avanti, “guardate che non sono un esperto del Movimento Cinque Stelle”. Anche per un giornalista navigato è difficile navigare le acque in tempesta dei grillini, fra scissioni consumate (Dibba&Co) e altre in divenire.

Luigi Di Maio chiama il Movimento “moderato” e “liberale”.

È sempre stata la sua idea, Di Maio veste da una vita i panni dell’anima moderata dei Cinque Stelle. C’è solo un problema.

Sarebbe?

Questa è la sua idea di Movimento, non so chi altro la pensi così. Grillo vuole fare un super-movimento verde per cavalcare l’onda green in Ue e gestire il ministero di Cingolani. Di Battista vuole tornare al vaffa delle origini.

Difficile trovare la quadra…

Soprattutto se manca una sede e un metodo per discutere di quale linea debba prevalere. I tanto vituperati partiti almeno avevano i congressi, le assemblee, le direzioni. Loro hanno convocato gli Stati generali il 16 novembre, non se ne sa nulla. Ad ogni vertice di governo si presentano in cinque, sei persone.

Ora la svolta “liberale”. Come Salvini un paio di mesi fa…

Se gli ex populisti adesso si dicono liberali e moderati è perché alla Casa Bianca c’è un signore chiamato Joe Biden e non più la loro vera figura di riferimento, Donald Trump. La svolta è stata più veloce di quanto si potesse immaginare.

Adesso sono tutti “governisti”.

Salvini più di tutti ha capito che se vuole diventare premier deve spogliarsi dei vecchi abiti antieuropei, antiamericani, filorussi. Nella tessitura della sua tela con Draghi il leader della lega è più realista e concreto di quanto non sembri. Perfino la Meloni, che ha fatto una scelta opposta, porta avanti un’opposizione dialogante, interlocutoria, pronta a votare i singoli provvedimenti.

Torniamo al Movimento. Che ne sarà dei ribelli?

Anche qui c’è un capo-popolo che si muove, Di Battista, ma non sappiamo quanti saranno a seguirlo. È una galassia difficile da interpretare, accomunata da un grande equivoco: non c’è più uno spazio politico per l’Italexit, per la prescrizione senza termini, per la protesta e il vaffa. Perfino Grillo lo ha capito. Somigliano ai monarchici che si sono appesi alla corona per anni dopo il referendum.

Giuseppe Conte ha la stoffa del leader?

Io credo di sì. In questo magma ribollente può diventare il timoniere, anche temporaneo. Fra chi aspira al direttorio nessuno ha le sue chances. Perché, ancora una volta, Conte è un leader calato dall’alto, cioè da Grillo, e in un movimento diventato sempre più verticale i leader dall’alto hanno la meglio.

Prima o poi bisognerà scegliere: o lui o Di Maio.

Dubito che Di Maio punti a diventare il capo politico, non ora perlomeno. Se prova la scalata si attira le ire di tutte le correnti. Certo preferirebbe un capo politico più discreto, come Vito Crimi, che sia in perfetta sintonia con lui.

Conte “federatore” dell’alleanza Pd-Cinque Stelle è un sogno irrealizzabile?

Quel sogno sta finendo in frantumi con la lenta disgregazione del Movimento. La sveglia di Mario Draghi ha solo dato il colpo finale.

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