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Come funzionano governance e monitoraggio del Mef sul nuovo Pnrr

Alla luce del forte rapporto di fiducia con il ministro Franco, Draghi controllerà tutta la partita, che si svolgerà soprattutto con i due ministri non politici più coinvolti, Colao e Cingolani. Il MEF farebbe anche il monitoraggio a tutto campo dell’avanzamento dei progetti. Il ruolo di Bayrou in Francia. L’analisi dell’ex consigliere parlamentare Luigi Tivelli

Dopo che la questione della governance del Pnrr era stata anche all’origine della crisi di Governo aperta da Matteo Renzi che, come altri esponenti, non si riconosceva nella strana piramide mista politico tecnica che l’ex premier Conte aveva predisposto e dopo che in vari mesi non si riusciva a trovare una Governance alternativa, il neo premier Mario Draghi ha sciolto subito la riserva sulla governance del Piano di ripresa e resilienza incardinandola nel ministero dell’economia, con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore.

Alla luce del forte rapporto di fiducia con il ministro Daniele Franco, di fatto il Presidente del consiglio controllerà tutta la partita, che si svolgerà soprattutto insieme con i due ministri non politici più coinvolti, quello della Transizione digitale Vittorio Colao e quello della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Il primo è forte oltre che delle indubbie competenze, dell’esperienza specifica acquisita nella primavera del 2020, quella della commissione e del documento Colao, non tanto amato dall’ex premier Conte, forse perché di sana impronta liberal democratica e senza alcun taglio di tipo statalista.

Il secondo, che pure era membro della commissione Colao, è forte di un curriculum e di esperienze di estremo valore, a cominciare dall’essere stato il fondatore e a lungo il direttore di quella vera e propria eccellenza italiana che è l’Istituto italiano di tecnologia. Quanto al ruolo del Parlamento, la formula adottata è che “verrà costantemente informato”.

Parlando dei super poteri del ministro dell’economia Daniele Franco, il punto è con quale struttura opererà, visto che le linee guida della Commissione europea richiedono di “stabilire responsabilità chiare, individuando una figura di coordinamento cui attribuire la responsabilità generale dei piani di recupero e resilienza, e che fungerà da punto di contatto unico per la commissione”.

È da presumere che il ministro Franco possa operare avvalendosi dell’”unità di missione” prevista dall’ultima legge di bilancio presso la Ragioneria generale dello stato. Tale unità ha il compito di “coordinamento, raccordo e sostegno delle strutture coinvolte nella realizzazione del piano e del relativo fondo di rotazione, che avrà la funzione di anticipare le somme interessate ai vari progetti, salvo venire “rimborsate” quando le risorse europee verranno erogate”.

La manovra prevede che le amministrazioni beneficiarie delle risorse siano responsabili dell’attuazione dei progetti, ma che sia il MEF a monitorare in base alle regole stabiliti con un un DPCM (non ancora emanato) sulle modalità di rilevazione dei dati di attuazione a livello di singolo progetto, con riferimento ai costi, agli obiettivi perseguiti, alla spesa sostenuta, alle ricadute sui territori, ai soggetti attuatori, ai tempi di realizzazione, agli indicatori di realizzazione e di risultato.

In sintesi il MEF farebbe anche il monitoraggio a tutto campo dell’avanzamento dei progetti. Non sono in grado di specificare se il ministero dell’economia, che certamente ha in mano i cordoni della borsa e il controllo della spesa, avrà anche l’effettivo potere di coordinamento del lavoro dei ministeri, con poteri sostitutivi rispetto a questi, per accelerare le procedure, perché non è stata ancora effettuata una eventuale scelta in questo senso.

È il caso di citare cosa avviene, quale è stata ad esempio in Francia la scelta effettuata da Emmanuel Macron: lì i 60 miliardi del Next Generation Eu sono gestiti dal ministro dell’economia Bruno Le Maire, ma il coordinamento è stato affidato ad una figura di “Commissario generale del piano” nella persona dell’ex ministro Francois Bayrou, dotato di poteri sostitutivi che superano quelli dei singoli ministeri, anche in caso di inerzia. Vedremo quale sarà la definitiva soluzione in Italia.

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