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Che brutto pasticcio a Montecitorio

Non credo che si andrà alle urne e credo che un governo nascerà. Ma arrivarci facendo pasticci di ogni genere non serve all’Italia e non fa onore all’ultimo anno di mandato del Presidente Mattarella. Il commento di Roberto Arditti

Dico subito che (stavolta) non ce l’ho con il Presidente della Camera Roberto Fico, di cui non invidio la posizione in questo momento.

Egli si trova dove si trova non per colpa sua, ma perché così gli è stato chiesto e non avrebbe potuto (né dovuto) sottrarsi.

Quindi senza farne una questione personale (stavolta), intendo dare uno sguardo alla situazione in cui ci troviamo e ai rimedi cui si sta mettendo mano.

La situazione è di una grave crisi politica della maggioranza di governo, crisi che tutti hanno negato per settimane a cominciare dal premier (c’era una volta “la squadra più bella del mondo”) e che invece è esplosa poiché, come è noto, raramente i problemi tra partiti si risolvono fingendo di non vederli.

Questa crisi arriva in un momento assai delicato, con la pandemia in piena diffusione, l’economia messa a dura prova con segni negativi impressionanti in alcuni comparti (turismo, commercio, automobile, esportazioni), la campagna vaccinale avviata ma ben lontana dalla conclusione e l’incombere delle scadenza europee sul piano Next Generation Eu.

È quindi un momento assai complesso cui il Capo dello Stato cerca di rimediare provando a ricucire la situazione, che è slabbrata indipendentemente da come la si pensi, perché ora a poco serve discutere sui torti e le ragioni di questo o quello (Matteo Renzi in testa).

Da questa complessa e precaria condizione dobbiamo partire per comprendere quel che accade, compreso l’irrituale incarico “esplorativo” affidato al presidente di un ramo del Parlamento: un mandato che potremmo anche digerire se non fosse accompagnato da stranezze varie che ne minano (purtroppo) profondamente la credibilità.

La prima stranezza è nella evidente coloritura politica di questo mandato, che evidentemente è figlia del primo giro di consultazioni.

Abbiamo cioè un Presidente incaricato non di formare un governo ma di verificare (solo con alcuni però) se vi sono margini per formare un governo che poi altri (Conte per esempio, ma non Conte automaticamente) dovrà guidare.

L’incaricato di mandato esplorativo è però alla testa del Parlamento, con funzione spiccatamente super partes sul piano politico (condizione che in queste ore è costretto ad abbandonare) ma soprattutto con funzione dialettica al massimo livello tra poteri dello Stato, funzione che viene spazzata via proprio dall’incarico esplorativo.

Se poi a tutto questo aggiungiamo la riunione (pletorica ed a prevalente beneficio delle telecamere) convocata stamattina per scrivere il programma di governo ecco che giungiamo a vette pericolose ed anche un po’ patetiche di “fantasia istituzionale”, vette sulle quali partiti che sono al governo insieme debbono farsi convocare dalla terza carica dello Stato (e perché non dalla seconda o dalla prima allora) per parlarsi di cosa vogliono fare insieme.

Siamo cioè di fronte a un inutile bizantinismo che colloca il Palazzo a distanza siderale dalla vita degli italiani, un bizantinismo peraltro inconcludente, poiché se l’armonia verrà ritrovata non sarà certo per la riunione di stamattina a Montecitorio.

In compenso però abbiamo messo in campo uno strumento che non ha cittadinanza nelle democrazie mature, ma che invece ci porta a situazioni di guerra civile tipo Iraq, Somalia o Venezuela, dove la confusione istituzionale regna sovrana sopraffatta da ben altre emergenze.

Peraltro lo sanno anche i sassi del malandato lungotevere che le questioni sono essenzialmente tre (in ordine decrescente d’importanza): Conte di nuovo premier oppure avanti un altro; composizione radicalmente mutata della squadra di governo (così vogliono anche Pd e M5S) e, a fine elenco, nuovo patto sulle cose da fare.

È giunto dunque il momento in cui i soggetti parte in causa si affrontino a viso aperto su questi punti e anche il dimissionario premier farebbe bene a dirci quello che pensa, visto che da giorni tace (ma guarda un po’, lo ricordavamo assai loquace).

A mio parere è giusto che Giuseppe Conte riprovi a formare un governo e gli va data questa chance perché così hanno dichiarato apertamente tre soggetti su quattro della maggioranza (lasciamo perdere i responsabili per carità di patria).

Se ci riesce bene e se trova la fiducia ancora meglio.

Se non ci riesce valuti il Capo dello Stato se esistono le condizioni per un altro tentativo, magari con diversa maggioranza (o anche con la stessa).

Se fallisce anche questo passaggio si torni al voto che in democrazia è sempre esercizio salutare, anche quando dall’esito confuso.

Io non credo che si andrà alle urne e credo che un governo nascerà.

Ma arrivarci facendo pasticci di ogni genere non serve all’Italia e non fa onore all’ultimo anno di mandato del Presidente Mattarella.

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