La Nato e l’Europa: perché siamo davanti a un momento in cui l’Ue deve diventare consapevole delle proprie potenzialità e raggiungere un livello capacitivo con cui elevarsi a interlocutore alla pari degli Usa. L’analisi di Emanuele Rossi con il commento di Vincenzo Camporini, già Capo di stato maggiore della Difesa
“Non credo in un’America da sola, non credo in un’Europa da sola, credo solo negli Stati Uniti e nell’Unione europea insieme”, saluta così la platea della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco il segretario generale della Nato, Jens Stolteberg. Parlando come ospite di un panel dal titolo programmatico, “A New Transatlantic Agenda”, insieme alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, Stoltenberg ha sottolineato una serie di questioni, “sfide”, che Nato e Ue “devono” affrontare insieme.
“L’Europa e il Nord America devono difendere l’ordine internazionale basato sulle regole e sfidato da potenze autoritarie. Cina e Russia stanno cercando di riscrivere le regole della strada”, per questo secondo Stoltenberg c’è necessità adesso come mai di rafforzare “l’unione”, intendendo quella transatlantica, ma con malizia si può pensare a quella europea. In linea le parole dei due massimi funzionari Ue, che hanno sottolineato come con l’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden il mood sembri cambiato – quasi uno sfogo dopo i cinque anni difficili con Donald Trump, che aveva individuato nell’Europa un rivale e nella Nato un peso.
“Ora abbiamo un’opportunità storica per costruire un’Alleanza più forte, per riguadagnare la fiducia e rafforzare la nostra unità“, ha detto Stoltenberg: “Nessun paese, e nessun continente, può andare avanti da solo”. Più che una sottolineatura contro le politiche semi-isolazioniste uscite dalla precedente presidenza.
In interventi pubblici come questi i grandi leader globali delineano il climax. A un mese dall’ingresso di Biden ci sono elementi più che chiari della sua azione politica; elementi che le strutture europee (Commissione, Europarlamento, e anche Nato) sembrano recepire. C’è il multilateralismo come mantra, la difesa delle democrazie e dei diritti come vettore ideologico di unità e azione. Pechino e Mosca diventano automaticamente le già grosse delle sfide (o meglio dire minacce) comuni.
Diventa chiaro nei passaggi in cui il segretario della Nato risponde su una domanda a proposito dell’infowar: Covid e vaccini, Clima e sfide globali così come dossier specifici sono finiti vittime di campagne di disinformazione con cui “i nostri avversari” dimostrano di volere usare “contro di noi” tutto il range di armi a disposizione. Da quelle militari a quelle economiche, a quelle informative: “Ma la verità prevarrà” – solo però con una stampa libera, sottolinea Stoltenberg.
Il segretario Nato fa una lezione sul senso politico dell’alleanza, facendosi da ponte tra i capi dell’Unione presenti al suo panel e quelli che hanno preso parte al precedente – dove ospite d’onore era il presidente Biden, affiancato dalla tedesca Angela Merkel e dal francese Emmanuel Macron. “It’s all about politics” dice a proposito della Cina (ma vale chiaramente ovunque), ricordando come la cooperazione Nato-Ue sia stata rafforzata “a livelli senza precedenti” proprio pensando alla crescita di Pechino nel panorama globale.
C’è un’agenda, che però in questo momento deve necessariamente rinnovarsi sfruttando anche il cambio alla Casa Bianca. Un cambiamento che implica nuova attenzione da parte di Washington all’Europa, spiega Vincenzo Camporini, già Capo di stato maggiore della Difesa.
“Gli Stati Uniti guardano all’Europa come un potenziale partner politico e geopolitico, ma questo non vuol dire benevolenza, infatti l’Europa ha bisogno di un cambio di passo con cui diventare consapevole delle proprie capacità e raggiungere un livello capacitivo con cui elevarsi a interlocutore alla pari degli Usa”, spiega Camporini a Formiche.net.
Costruire questo livello capacitivo è ciò che viene spinto all’interno del grande dibattito sull’autonomia strategica europea. Un tema che secondo il generale sarebbe pessimo se si trattasse di sganciarsi dal rapporto transatlantico perché sarebbe “un atteggiamento velleitario e porterebbe l’Europa a porsi in una rischiosa condizione di neutralità sul dualismo tra Usa e Cina, inoltre non possiamo sottovalutare che qualcuno nell’Unione pensa a sfruttare questo tema a proprio vantaggio per affermare politiche autonome nazionali”.
Per l’ufficiale italiano, che affronta certi argomenti globali con la stessa visione della diplomazia militare Nato, sarebbe invece ottima un’autonomia con cui l’Europa diventi “un partner paritario agli Stati Uniti, perché questo avrebbe un effetto catalizzatore a Washington, che davanti a un partner paritario sarebbe portato a concordare insieme la linea politica”.
Un esempio recente di questa ricalibrazione dell’agenda e della partnership è la decisione della Nato di aumentare le truppe in Iraq. Si tratta di uno di quei passaggi di diplomazia militare che la Nato può catalizzare, con cui gli “europei sembrano farsi carico di necessità di stabilità e sicurezza regionale che sono nell’interesse di tutti, agendo secondo una politica comune”, spiega Camporini.