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Non solo golden power. Chi è e cosa pensa Roberto Garofoli, nuovo sottosegretario a Chigi

Roberto Garofoli è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Draghi. Presidente di sezione del Consiglio di Stato, esperto di anticorruzione riconosciuto a livello internazionale, ha ricoperto incarichi tecnici in ben sei governi. Dal golden power all’Anac, ecco cosa pensa

Roberto Garofoli è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri. Lo ha annunciato il premier incaricato Mario Draghi dopo aver sciolto la riserva al Quirinale. Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Garofoli vanta una lunga carriera accademica e nelle istituzioni. 54 anni, nato a Taranto il 20 aprile 1966, ha ricoperto incarichi istituzionali in ben sei governi. Capo di Gabinetto del Ministero dell’economia e delle finanze nel Governo Conte I e nel Governo Gentiloni, ha avuto lo stesso incarico con il governo Renzi. Con Pier Carlo Padoan alla guida del Mef, Garofoli ha coordinato il tavolo di lavoro congiunto con l’Anac che ha stilato la direttiva anticorruzione nelle società partecipate del Ministero.

È stato inoltre Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente della Commissione per l’elaborazione di misure di contrasto alla criminalità nel Governo Letta.

Garofoli si è laureato in giurisprudenza all’Università di Bari, e ha vinto il concorso per la magistratura nel 1994, a 28 anni. Dopo un trascorso come giudice penale e civile ai tribunali di Taranto e Trani, è entrato al Tar della Puglia nel 1999 per poi passare al Consiglio di Stato.

Garofoli è autore di diverse monografie e saggi fra cui il volume sulla Pa italiana “I tre assi”, curato insieme a Giuliano Amato, ha insegnato alla Luiss Guido Carli. È stato nominato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Grande Ufficiale della Repubblica italiana.

Garofoli è un esperto riconosciuto a livello internazionale in materia di anticorruzione. In un intervento su Formiche.net questa estate, ha avanzato una serie di proposte per riformare l’Anac (Autorità nazionale anti-corruzione). “L’efficienza non può essere perseguita a discapito di trasparenza e concorrenza, valori irrinunciabili per la crescita di un tessuto economico sano – scriveva Garofoli – Per questo, la deregolamentazione da sola non è la strada su cui puntare, se non intesa come risposta transitoria; serve accompagnarla con un sentiero strutturale di riforma del settore. A queste condizioni l’Anac potrà continuare ad avere un ruolo di guida sugli appalti”.

Un altra materia di interesse e che certamente tornerà attuale sulla sua scrivania a Palazzo Chigi è lo screening degli investimenti diretti esteri. Lì risiede infatti il comitato di coordinamento per il golden power. Sul tema Garofoli è intervenuto con un articolo del 2019 sulla rivista Federalismi in cui mette a confronto il modello italiano con il modello statunitense del Cfius (Committee on foreign investments of the United States).

Sul gruppo di coordinamento, Garofoli scriveva: “Ad esclusione dell’intelligence, il Gruppo non pare dotato di una burocrazia stabile e specializzata in materia di national security. D’altra parte, attesa l’espansione del campo di applicazione della disciplina sui poteri
speciali, è senz’altro importante che il sistema sia in grado di dare risposte chiare e certe agli attori, senza divenire un ostacolo agli investimenti”.

Il premier incaricato Draghi non ha ancora chiarito se a Garofoli sarà affidata la delega all’intelligence, di recente passata in mano a Pietro Benassi, già ambasciatore a Berlino e Sherpa G20.

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