Skip to main content

Geopolitica del passaporto. I vantaggi di un documento “debole” secondo Pellicciari

La classifica dei migliori e peggiori passaporti conta poco nell’anno in cui viaggiare è praticamente impossibile. Ma Igor Pellicciari, professore all’Università di Urbino e alla Luiss, racconta un lato inedito del potere del passaporto: avere una cittadinanza “debole” permette di fare investimenti a condizioni vantaggiose

Dovere rinunciare ad una libertà crea un malessere psicologico che prescinde l’uso reale che di quella libertà si è fatto prima di esserne privati.

Basta vedere i gravi scompensi mentali associati a fenomeni come gli assedi (emblematico quello di   Sarajevo) dove il relegare una popolazione in uno spazio urbano crea un senso di claustrofobia acuta anche in quanti, in condizioni normali, non lasciano mai la città.

Similmente, tra le più ansiose barriere portateci dal Covid vi è la rinuncia ai viaggi del periodo pre-pandemico.  Quando i voli low cost erano arrivati a liberalizzare l’accesso al mezzo di trasporto per antonomasia riservato ai benestanti.

La limitazione negli spostamenti anche più vicini ci ha reso per reazione opposta ancora più desiderosi di evadere verso mete lontane.   

In un contesto dove è azzardato visitare le seconde case per non dire di altre mete esotiche, oramai oggetto di fantasie salgariane davanti al computer, è uscito il nuovo Henley Passport Index (https://www.henleypassportindex.com/passport)

Stilato su base annuale, tiene monitorati i passaporti a livello mondiale, indicando migliori e  peggiori tra i circa duecento presi in considerazione.

E’ una classifica che si basa sul numero di paesi in cui il documento per l’espatrio garantisce l’ingresso non vincolato da visti o altri permessi.

Per la cronaca, si aggiudica la competizione il passaporto giapponese (ingresso libero in 191 paesi) ; seguito da quelli di Singapore (190) e Corea del Sud e Germania (189 ciascuno). Buon quarto posto a pari merito con altri dell’Italia (188).  Scontati fanalini di coda Pakistan (32), Siria (29), Iraq (28). Maglia nera all’Afghanistan (26).

Tuttavia, l’index 2021 e’ stato accolto con distratta malinconia ed ha suscitato meno interesse del solito.

Mai come quest’anno, la classifica di Henley risplende per anacronismo nel trattare di viaggi all’estero mentre è precluso pure lo spostarsi in un altro comune in fascia arancione.

Stilato senza tenere conto delle restrizioni temporanee (!!?), l’index ci riporta ad un mondo pre-Covid come un vecchio cartellone pubblicitario che resiste su un negozio chiuso per fallimento.

Nasce già obsoleto, compromesso da una concezione statica e monocorde del passaporto inteso come documento unico identitario del cittadino di uno Stato-Nazione.

Non sovrapponibile né cumulabile, unico garante degli spostamenti liberi.

E’ una visione a singola dimensione che si perde alcuni sviluppi importanti.

Il principale riguarda l’impatto che ha avuto nella pandemia il ravvivarsi dei confini come “istituzioni vive”. Peraltro, non solo tra Stati-Nazioni, ma anche a livello regionale e comunale: aspetto che nei paesi con basso Nation Building come l’Italia lascerà strascichi anche a pandemia finita.

I controlli interni alle frontiere europee ristabiliti a dispetto di quello che sembrava il processo irreversibile di Schengen ci ha messi davanti ad una cruda realtà politica ed anagrafica.

Ovvero, che la libertà di spostamento -e più in generale il complesso dei diritti a disposizione – dipendono oggi più dalla residenza su una carta di identità che dalla cittadinanza di un passaporto.

Lo confermano i frequenti casi di cittadini bloccati per via del Covid per lunghi periodi in territori stranieri (come i 1.700 italiani ora in Brasile); impossibilitati a rientrare e sospesi senza assistenza in un paese a loro estraneo. Più’ che di un passaporto, avrebbero bisogno di un permesso di soggiorno.

Un altro aspetto che l’index perde di vista nasce ben prima della pandemia.

Riguarda l’evoluzione geo-politica dell’uso del passaporto in questi decenni, in particolare dopo la fine dei bipolarismo ed il moltiplicarsi della mobilità individuale e il comparire di nuove statualità su scala globale.

Uno degli aspetti più interessanti è stato l’aumento esponenziale della categoria dei cittadini che legittimamente mantengono due o più passaporti dando vita a fenomeni con forti implicazioni internazionali.

Sul piano individuale, le combinazioni tra gli incroci delle varie cittadinanze a disposizione di un singolo ha risvolti che possono cambiare radicalmente il quadro dei suoi diritti. Basti pensare a quelli fiscali (in genere l’imposizione nei paesi poveri è molto bassa).   

E magari mostrare che un passaporto debole per un viaggio di turismo, abbinato ad un altro forte, possa trasformarsi in un asset per un viaggio di lavoro. Dove alla stessa persona il passaporto forte serve per entrare in un certo paese; e il debole per farci l’investimento a condizioni agevolate.

Sul piano delle relazioni internazionali, l’impatto è ancora più marcato con Stati che aumentano il controllo su altri (in genere confinanti) con mirate politiche di concessione della doppia cittadinanza. Con forti ripercussioni anche sul multilaterale. Come avviene in Moldavia ed in Bosnia ed Erzegovina; paesi che non sono nella UE ma che hanno centinaia di migliaia di propri cittadini anche “comunitari” grazie a doppi passaporti rispettivamente Rumeni e Croati.

Che la situazione sia in fieri e dagli esiti non scontati lo dimostra la tensione diplomatica che sul tema cova sotto traccia (si veda la reazione infastidita di Roma ogni volta che Vienna annuncia la volontà di concedere una doppia cittadinanza austriaca agli altoatesini di lingua tedesca).

Si aprono scenari imprevedibili che toccano i campi più svariati, dalle sanzioni alle migrazioni economiche.

Dando vita spesso a casi aneddotici impensabili anche per un manuale di relazioni internazionali.

Ad esempio se, come ipotizzato in questi giorni, la Repubblica di San Marino dovesse decidere di prendere il vaccino Sputnik V, sul Monte Titano – dove diverse migliaia di sammarinesi hanno tradizionalmente anche il passaporto USA – avremmo i primi cittadini americani al mondo vaccinati dai Russi.

Se non è geo-politica del passaporto questa…



×

Iscriviti alla newsletter