La task force del Pentagono voluta da Biden e dedicata alla Cina si concentrerà soprattutto sulla sfida tecnologica, come spiegato da Ely Ratner, che la guiderà. Le preoccupazioni di Washington riguardano le azioni cinesi sulle aziende Usa rese vulnerabili dalla pandemia, ma anche la dipendenza sul fronte dei materiali
“Huge priority”. È così che Ely Ratner, scelto da Joe Biden per guidare la nuova task force del Pentagono per la Cina, ha definito il controllo della catena di fornitura dell’industria americana rispetto alle azioni cinesi, tra la dipendenza sui metalli rari e investimenti backdoor nelle aziende più vulnerabili ai tempi della pandemia.
ATTENZIONE PER LE TECNOLOGIE
“È evidente che la questione della competizione tecnologia sia di crescente importanza nei rapporti tra Stati Uniti e Cina”, ha detto Ratner, da due giorni al vertice della task force annunciata da Biden direttamente al Pentagono, insieme al suo segretario alla Difesa Lloyd Austin. Il gruppo, di massimo 15 esperti, dovrà presentare entro quattro mesi il risultato della sua analisi, comprensiva dei suggerimenti su come accelerare l’impegno del dipartimento nel confronto con la Cina, strategie, concetti operativi, presenze all’estero, piani di intelligenze e relazioni con alleati e partner. Prioritario, come spiegato da Ratner, sarà il focus sulle tecnologie, “un’enorme priorità per l’amministrazione”.
GLI IMPEGNI DEL PENTAGONO
Su questo, la task force proseguirà quanto già messo in piedi negli ultimi anni, in particolare sotto la direzione di Ellen Lord in qualità di “under secretary of Defense for acquisition and sustainment”. La posizione è attualmente ricoperta pro tempore da Stacy Cummings, in attesa di capire se verrà Austin sceglierà un’altra figura. È stata la Lord negli ultimi anni ha mettere in pratica (lato Difesa) le direttive che arrivavano dalla Casa Bianca di Donald Trump sui rapporti con le aziende cinesi. A novembre il presidente firmava un ordine esecutivo per vietare gli investimenti americani in 31 aziende cinesi, poiché ritenute legate agli obiettivi di modernizzazione dell’Esercito popolare di liberazione. Con la stessa motivazione il mese successivo il dipartimento del Commercio rendeva nota una blacklist di 103 aziende (58 cinesi) verso cui si vietava l’export di prodotti americani.
I TIMORI DI WASHINGTON
Su questi temi la Difesa è stata sempre particolarmente attenta. Un’attenzione che la task force guidata da Ratner si appresterebbe ad aumentare ulteriormente. Si temono in particolare gli investimenti backdoor cinesi su aziende americane, soprattutto le piccole realtà dell’enorme filiera della difesa, particolarmente esposte ai tempi della pandemia, che ovunque ha provocato ristrettezze di liquidità. “Molte delle questioni relative alla tecnologia hanno a che fare con problemi di sicurezza e difesa, e dobbiamo assicurarci che il dipartimento Difesa sia adeguatamente organizzato per essere in grado di rispondere al tipo di domande che il contesto sta ponendo, e anche in relazione all’innovazione e ai problemi di protezione della catena di fornitura”, ha detto Ratner. Su questo è di recentissimo avvio (da parte della Lord) il programma “Trusted Marketplace”, finalizzato a sostenere le Pmi americane con fonti di finanziamento controllate.
I MATERIALI CINESI
L’altro lato della medaglia riguarda l’acquisto di componenti e materiali dalla Cina, che il Pentagono vorrebbe evitare per scongiurare qualsiasi ipotesi di dipendenza. I timori maggiori riguardano i metalli rari, usati per munizioni e missili, su cui Pechino può vantare pressoché un monopolio globale. Un altro aspetto concerne le attività di packaging nel segmento delle micro-elettronica, che secondo quando spiegato a settembre dalla Lord avverrebbe per il 75% tramite aziende cinesi.
IL REPORT DELLA CASA BIANCA
Già a gennaio del 2018, un report della Casa Bianca dedicato alla filiera della Difesa metteva in guardia: “Molte società multinazionali ad alta tecnologia hanno stabilito strutture di ricerca e sviluppo in Paesi come India e Cina per la possibilità di accesso a manodopera a basso costo e altamente qualificata”. D’altro canto, “come parte della sua politica industriale aggressive, la Cina ha costretto molte aziende americane a traferire le loro attività di ricerca e sviluppo in cambio dell’accesso al mercato cinese”. Eppure, “le azioni cinesi minacciano seriamente altre capacità, comprese le macchine per la produzione; la lavorazione di materiali avanzati come biomateriali, ceramiche e compositi; e la produzione di circuiti di bordo stampati e semiconduttori”.
LE INDICAZIONI DI BIDEN
Anche su questo lavorerà la task force guidata da Ratner, nei binari indicati da Joe Biden ed esplicitati anche nella recente telefonata col leader cinese Xi Jinping. Nel comunicato della Casa Bianca si spiega che il presidente ha espresso “profonda preoccupazione per le pratiche economiche coercitive e inique della Cina”. Su tale preoccupazione Biden ha intenzione di coinvolgere alleati e partner.