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Ue-Usa, crisi di sfiducia? Cosa svela il sondaggio Ecfr

Quattro anni di Donald Trump hanno lasciato il segno sui rapporti fra Ue e Usa. Un sondaggio dell’European Council on Foreign Relations svela quanto è profonda la crisi di fiducia. Il dibattito di Formiche con i commenti di Dassù, Varvelli e Fassino

“La maggior parte degli europei ha gioito per la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre, ma pochi credono che, sotto la sua guida, gli Stati Uniti torneranno alla ribalta in qualità di principale attore globale”. Questa la lapidaria conclusione della ricerca dell’European Council on Foreign Relations (ECFR), basata su sondaggi paneuropei, che porta alla luce un riallineamento geopolitico epocale.

I quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca, dimostra il sondaggio, non sono solo una parentesi. L’eredità fotografata all’alba dell’era Biden è quella di un calo di fiducia generale verso il tradizionale ruolo degli Stati Uniti come timoniere della comunità internazionale e, segnatamente, delle democrazie occidentali.

“America First si è rivelata essere America Alone,” ha detto Piero Fassino, deputato del Partito Democratico e presidente della Commissione Esteri della Camera, durante la conferenza online organizzata dall’Ecfr e moderata dal direttore di Formiche.net Giorgio Rutelli per commentare i risultati della ricerca. Dopo la presentazione dei numeri del report, fatta da Teresa Coratella (program manager dell’Ecfr a Roma), è stata la volta dell’intervento di Piero Fassino, presidente del Cespi. Per il parlamentare, le turbolenze interne agli Usa (come l’assalto a Capitol Hill) e la dottrina America First hanno in parte “disarticolato” l’originaria struttura dell’Alleanza atlantica.

I dati parlano chiaro: 6 intervistati su 10 credono “che il il sistema politico statunitense sia debole, e che nei prossimi dieci anni la Cina diventerà molto più potente degli Stati Uniti”. Di più: se Washington dovesse scontrarsi con Pechino o Mosca, la maggior parte vorrebbe che il proprio Paese rimanga neutrale. Di conseguenza, due terzi credono che l’Europa debba migliorare le proprie capacità di difesa. Solo il 10% è certo che l’America proteggerà l’Europa nell’ora del bisogno.

Secondo Marta Dassù, che dirige la sezione di affari europei dell’Aspen Institute ed è direttrice di Aspenia, nonché componente del gruppo di dieci esperti della Nato per il studiare il futuro dell’organizzazione, occorre fare un passo indietro e considerare che l’opinione pubblica, complice la connessione costante, ha una volatilità molto maggiore di qualche anno fa. I sondaggi hanno invece respiro più breve, sono correlati alle performance dei singoli attori. Un esempio è l’impennata di apprezzamenti verso la Cina dopo la “mask diplomacy”, ridottasi considerevolmente a distanza di pochi mesi.

Ma la percezione pubblica ha anche molto più peso politico, ha rimarcato l’esperta, e gli europei intervistati hanno dimostrato una discreta dose di realpolitik. La Germania, ad esempio, ha pochissimo interesse a inimicarsi la Cina con una scelta di campo marcatamente atlantista, e ha tutto l’interesse a salvaguardare una connessione quasi organica fra il suo sistema economico-finanziario e quello cinese. Tanto più che la Cina è diventata il maggior partner commerciale dell’UE nel 2020.

“Un tempo gli schieramenti erano più demarcati”, ha commentato Arturo Varvelli, capo del distaccamento romano dell’ECFR, “oggi c’è ampia schierabilità”. E il problema è in parte comunicativo, aggiunge, perché al politico di turno oggi tocca spiegare meglio le proprie scelte alla popolazione. Ne sono prova i flirt euroscettici degli italiani negli ultimi anni, in voga quando non sono chiari i vantaggi dell’appartenere a un quadro di sistema come l’Europa. Dunque non solo occorre ripensare l’Alleanza Atlantica, ma sarà cruciale spiegare ai propri appartenenti perché è importante farlo oggi.

L’America dovrà misurarsi con la visione di un mondo multipolarista che sta emergendo in Europa, e dovrà ritagliarsi un suo spazio a fianco di essa, un dossier alla volta. Secondo Dassù sarà più facile sul versante farlo russo (come dimostrano i contatti tra Germania e Usa sul gasdotto russo Nord Stream 2) e più complesso sul versante cinese.

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