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Vaccini e non solo. Stefanini legge il primo G7 di Biden e Draghi

Il primo G7 di Joe Biden e Mario Draghi si chiude con l’impegno di velocizzare la corsa al vaccino e una donazione di 7.5 miliardi di dollari alla Covax. Onu, ambiente e multilateralismo tornano al centro, spiega Stefano Stefanini, senior advisor Ispi. “L’Italia ha una finestra di opportunità per tornare protagonista”

Piacere, Joe Biden. Parte così, con un G7 versione Zoom, il primo incontro ufficiale del nuovo presidente degli Stati Uniti con i leader delle grandi democrazie occidentali. Boris Johnson, Yoshihide Suga, Emmanuel Macron, Angela Merkel, Justin Trudeau, Ursula von der Leyen. E poi un altro esordiente, che esordiente in fondo non è: Mario Draghi, ex presidente della Bce, oggi premier tecnico-politico arrivato a Roma da Francoforte.

Vaccini, vaccini, vaccini. È la parola chiave che percorre dal primo all’ultimo minuto la videoconferenza. Non solo parole, ma fatti: la von der Leyen annuncia che il raddoppio del contributo Ue, da 500 milioni a 1 miliardo di euro, a Covax, l’agenzia internazionale per la distribuzione dei vaccini. Che ora, grazie ai contributi dei Paesi G7, può contare su altri 7,5 miliardi di dollari. È stata l’Oms a lanciare l’appello alla vigilia dell’incontro: se i Paesi produttori non passano dall’agenzia Onu, l’accesso al vaccino rimarrà una chimera per il secondo e terzo mondo. Sono infatti ben 130 i Paesi che di un vaccino non hanno visto neanche l’ombra.

È la prima volta che i leader si incontrano sul web, e non mancano problemi tecnici. Johnson, padrone di casa, è costretto a bacchettare amorevolmente la Merkel, “metti il muto”, durante i saluti iniziali. Lei annuncia che da Berlino arriveranno 1,5 miliardi di euro per la lotta al Covid. Una cifra esorbitante, specie se paragonata all’ammontare delle donazioni italiane a Covax, 103 milioni (Bill Gates, da solo, ne ha donati 70).

Poi saluta Biden, “con lui il multilateralismo è più forte”. Tutta un’altra musica rispetto all’esordio di Donald Trump quattro anni fa, a Taormina, quando all’uscita dal G7 la cancelliera gli aveva riservato una doccia ghiacciata, spiegando che gli europei dovevano “prendere il destino” nelle loro mani. Il cambio di passo è nella premessa del comunicato finale. Il 2021, scrivono i leader, sarà “un punto di svolta per il multilateralismo”.

Dunque le priorità: “Accelerare lo sviluppo e la distribuzione globale del vaccino; lavorare con l’industria per aumentare la capacità manifatturiera, anche attraverso la licenza volontaria; migliorare la condivisione di informazioni, come sulla sequenza di nuove varianti; promuovere pratiche trasparenti e responsabili, e la fiducia nei vaccini”.

“Se guardiamo il comunicato in trasparenza, ritroviamo moltissimo del discorso di Draghi in Parlamento – commenta con Formiche.net Stefano Stefanini, senior advisor dell’Ispi, già rappresentante permanente dell’Italia alla Nato – dai vaccini ai cambiamenti climatici, c’è una corrispondenza quasi perfetta”.

Fra le righe non mancano gli assist a Draghi, che l’anno scorso, a sua insaputa, aveva ispirato il comunicato congiunto dei leader G7, chiuso con quella promessa di fare “whatever is necessary” per stoppare il virus. “Tre passaggi sono fondamentali per l’Italia. Il Global Health Summit in programma il prossimo 21 maggio a Roma, la co-presidenza italiana del Cop-26 di Glasgow sul Clima, e infine la presidenza italiana del G20”. Un G20 che, chiariscono i leader, servirà come piattaforma per dialogare anche con “grandi economie come la Cina”.

“Per l’Italia si apre ora una finestra di opportunità di un anno intero – riprende Stefanini – deve riprendere l’iniziativa. Con questi tre appuntamenti, una leadership tedesca che rimarrà in sordina fino a dopo le elezioni di settembre e un premier italiano con un grande peso specifico possiamo rimetterci in gioco ai tavoli internazionali che contano”, dice Stefanini.

Rispetto al marzo 2020, a pandemia appena iniziata, il nuovo G7 segna un notevole cambio di toni. Manca la drammaticità di quel comunicato, che salutava la globalizzazione chiedendo il controllo delle frontiere e delle catene di fornitura. Manca anche il richiamo velato alle responsabilità del governo cinese nella diffusione del virus.

“Un ritorno alla normalità, in tempi non normali – spiega l’ambasciatore – la sostanza è cambiata moltissimo. Questo G7 è un inno al multilateralismo, inaugura una forte rivalutazione dell’Oms e di tutto il sistema Onu, rimette al centro la lotta ai cambiamenti climatici. Quella di Trump però non è solo una parentesi. E al di là dei comunicati, non sarà facile trovare una posizione comune su tutti questi fronti”.

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