La Procura di Pordenone prosegue le sue indagini su Alpi Aviation, azienda friulana sospettata di aver violato l’embargo con l’Iran connesso alla vendita di prodotti dual use (tecnologia che può essere impegnata sia nell’ambito civile sia in quello militari, come per esempio i droni di sorveglianza). Intanto, riemergono elementi sui trascorsi della società, che ha già assicurato attraverso una nota di poter “dimostrare di essersi sempre attenuta alle disposizioni di legge nei suoi rapporti commerciali”.
Ieri ci eravamo occupati dei cablo, diffusi da Wikileaks, della diplomazia statunitense che già nel 2009 avvertiva le autorità italiane circa possibili triangolazioni – non si esclude fossero involontarie – tra Giappone, Italia e Iran con al centro la stessa Alpi Aviation.
Ma dal web rispunta un altro particolare sull’azienda che nel 2018 è passata silenziosamente in mani cinesi, con un investimento da parte della Mars Information Tecnology Co di Hong Kong, che ne ha rilevato il 75% per 3,9 milioni, ossia, secondo i calcoli degli inquirenti, 90 volte superiore al valore nominale. A novembre 2019 (l’anno della firma tra Italia e Cina del Memorandum d’intesa sulla Via della Seta) Alpi Aviation partecipa alla seconda edizione della Fiera internazionale dell’import a Shanghai. Se ne ritrova traccia in un articolo pubblicato sulla piattaforma classxhsilkroad.it, nata dalla partnership tra l’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua e il gruppo italiano ClassEditori, viene pubblicato un articolo (sotto lo pseudonimo di Mauro Romano). “Siamo molto ottimisti sullo sviluppo della megalopoli”, spiegava l’amministratore delegato, Massimo Tammaro, ex comandante delle Frecce Tricolori e poi dirigente della Ferrari (il cui nome non risulta sul registro degli indagati).
“Vogliamo definitivamente entrare nel mercato cinese”, diceva ancora Tammaro, citato dalla stampa locale. “Nei piani futuri l’azienda”, si legge nell’articolo, “c’è l’avvio di uno stabilimento nella città di Wuxi, dove trasferire parte della capacità produttiva. A spiegarlo, al portale di informazione economico-finanziaria Yicai è stato Li Xia, vicepresidente della China United Investment Holding, partner del produttore del Friuli Venezia Giulia nella Repubblica popolare. Secondo quanto riferito dal top manager non è escluso che a Shanghai possa essere trasferito l’intero centro di ricerca e sviluppo di Alpi”.
Ecco perché è interessante accendere un riflettore anche su Wuxi, città industriale di 7 milioni di abitanti nella provincia del Jiangsu e meno di 150 chilometri da Shanghai. Qui è stato creato il fondo da China corporate united investment asset management co. limited (Ccui), con l’assistenza di Denton, tra gli studi legali più importanti al mondo. Azionista di maggioranza del fondo è la Crrc capital, una state-owned enterprise. Ccui e Crr, secondo quanto scrive Denton, controllano indirettamente Alpi Aviation.
Wuxi, già cruciale nella corsa cinese ai semiconduttori negli anni Settanta-Ottanta, ormai assomiglia a un laboratorio a cielo aperto dell’innovazione cinese. Basti pensare che un anno fa, all’inizio della pandemia, il governo aveva deciso di far volare dei droni pilotati da agenti di polizia per individuare chi non indossava le mascherine e avvertire dei rischi tramite un altoparlante. È anche un laboratorio per il 5G: nel 2016 Ericsson e China Mobile avevano realizzato a Wuxi, nell’ambito del China National Key 5G Project, la prima prova sul campo al mondo di un prototipo di drone abilitato dal 5G.
Spesso definita come l’hub cinese dell’Internet delle cose (ogni anno a settembre ospita la World Internet Of Things Esposition), Wuxi ospita anche il più grande magazzino automatizzato della Cina, aperto dal braccio logistico di Alibaba, Cainiao Logistics.
Negli ultimi anni la città ha attirato investimenti anche da Occidente. In particolare nell’intelligenza artificiale e nella biomedicina. Il ramo italiano del colosso automobilistico tedesco Volkswagen, molto attivo in Cina, ha sottolineato l’importanza della città così:“Vicino Shanghai c’è una metropoli con 6 milioni di abitanti dove la connessione ha permesso di eliminare gli ingorghi e di testare la guida autonoma su strada”, si legge in un articolo della casa dedicato alla mobilità del futuro. Tra le aziende che hanno scommesso sulla città c’è anche AstraZeneca, che lì ha il suo principale stabilimento asiatico oltre che un Healthcare Internet of Things Innovation Center.
La tecnologica e l’innovazione pongono ormai da anni un dilemma alle democrazie nei rapporti – commerciali e non – con i regimi. Tanto che nel suo discorso di conferma al Senato, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha evocato “un divario crescente tra tecno-democrazie e tecno-autocrazie”.
Ecco, dunque, che riecheggiano le parole di Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, che all’indomani della perquisizione di Alpi Aviation da parte della Guardia di finanzia si era detto preoccupato dallo “shopping cinese” (evocato anche in ambienti diversi per il caso Faw-Iveco). Alpi Aviation farà soltanto volare i cinesi sui suoi Pioneer, gli ultraleggeri per i quali è famosa in tutto il mondo, o si appresta a trasferire anche la sua tecnologia usata in campo militare, si chiedeva a tal proposito il Gazzettino. “Il problema è ancora più rilevante”, aveva detto Agrusti parlando delle società italiane vendute ai cinesi, “quando si tratta di aziende che hanno a che fare con strutture sensibili per la sicurezza del Paese”. Infatti, tra i clienti della società friulani figurano anche le nostre Forze Armate (droni per pattugliatori di Aeronautica, Esercito e Marina militare) e il colosso Leonardo.
(Nella foto: Strix-DF, un velivolo senza pilota sviluppato e prodotto da Alpi Aviation per supportare operazioni tattiche e forze speciali)