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Altro che diplomazia. La Cina impone i propri vaccini a chi vuole entrare

Il Dragone dai confini serrati promette l’ingesso facile ai vaccinati con i farmaci cinesi e una montagna di complicazioni a tutti gli altri. Gli Usa denunciano l’espansione aggressiva della diplomazia del vaccino cinese

Sono almeno venti le ambasciate cinesi nel mondo che suggeriscono agli stranieri desiderosi di entrare in Cina e a Hong Kong l’inoculazione con i vaccini cinesi come Sinovac e Sinopharm. In caso contrario, come riporta il New York Times, si dovrà affrontare un percorso a ostacoli che comprende un tampone molecolare (PCR), documenti dettagliati sulla salute e sugli spostamenti dei richiedenti e un invito personale da parte di un’agenzia governativa cinese. I confini cinesi sono tuttora chiusi ai più per contenere la pandemia.

I sieri cinesi non sono ancora stati approvati dall’EMA, l’ente europeo del farmaco, e nemmeno dalla maggior parte dei Paesi europei e dagli Stati Uniti. Questo perché i ricercatori cinesi si sono dimostrati riluttanti nel condividere i dati relativi alla fase 3, ossia i test su larga scala, necessari per l’analisi indipendente. Finora Sinovac è stato adottato da diversi Paesi asiatici più Emirati Arabi, Bahrein, Brasile, Cile, Turchia e Ungheria, dove il premier Viktor Orbán lo ha utilizzato per immunizzarsi. Difficile, dunque, avere accesso ai vaccini cinesi nei Paesi che non lo utilizzano per la propria campagna vaccinale.

I ricercatori brasiliani hanno indicato per Sinovac un’efficacia poco superiore al 50%. Ciononostante la Cina, così come la Russia, promuove il suo vaccino a livello globale esercitando pressione diplomatica sugli altri Paesi. Un articolo apparso ieri sul Global Times, megafono internazionale del Partito comunista cinese, suggerisce all’Europa di considerare “altri vaccini, come quelli prodotti in Cina, che non sono stati introdotti per via di pregiudizi ideologici” come alternative al vaccino AstraZeneca, temporaneamente sospeso per motivi precauzionali in alcuni Paesi Ue.

La strategia rientra in quella della diplomazia del vaccino cinese, in rapida espansione. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha dichiarato che la scelta del Dragone di utilizzare i propri vaccini per motivi politici è “profondamente infelice […] non dovremmo legare la distribuzione o l’accesso ai vaccini alla politica o alla geopolitica”.

Gli Usa prevedono di esportare le dosi di vaccino che produce solamente quando avrà dato la possibilità a ogni americano di immunizzarsi, e hanno indicato il programma COVAX – pensato per distribuire i vaccini nel mondo senza svantaggiare i Paesi meno capaci di produrlo o acquistarlo autonomamente – come la soluzione ideale per l’immunizzazione su scala globale.

Le alte sfere statunitensi hanno deliberato di muoversi nell’ottica dell’alleanza strategica detta “Quad” per far arrivare un miliardo di dosi prodotte in India ai Paesi del sudest asiatico, dove il farmaco cinese veicola l’influenza geopolitica del Dragone. Un passo fondamentale per il pivot americano verso l’Asia, auspicato da Joe Biden e in fase di sviluppo.

“Reagiremo, se necessario, quando la Cina usa coercizione e aggressione per ottenere ciò che vuole”, ha dichiarato Blinken dopo il suo colloquio bilaterale con il segretario della Difesa americano e le loro controparti giapponesi. Una presa di posizione forte, specie considerando che domani il funzionario incontrerà il ministro degli esteri cinese Wang Yi e il responsabile esteri del Partito comunista Yang Jiechi ad Anchorage, in Alaska, per il primo incontro di alto livello tra la Cina e gli Usa di Biden.

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