Il 9 marzo 2020 l’Italia entrava in quarantena. Un anno sorprendente, da cui il modello democratico esce molto affannato, dopo 28 dpcm, 20 decreti-legge, centinaia di ordinanze regionali e migliaia di ordinanze comunali. Si è perso un altro po’ di fiducia nello Stato, il Parlamento ha ancora più smarrito la sua centralità e i cittadini ci sentiamo un po’ più sudditi
“Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, le misure […] sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Così esordisce il dpcm del 9 marzo 2020, con cui sono state estese le misure adottate il giorno prima con il dpcm del 8 marzo 2020, con cui erano state “chiuse” regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
E così, esattamente un anno fa, con il dpcm 9 marzo 2020 l’Italia è entrata in quarantena. In quei giorni sono divenuti di moda due hastag: #iorestoacasa e #andratuttobene. Nessuno avrebbe pensato che un anno dopo il primo fosse ancora applicato mentre al secondo non ci crede quasi più nessuno.
È stato l’anno più sorprendente della nostra vita collettiva: milioni di contagiati, migliaia di morti, tutte le nostre abitudini perse, le vite capovolte, a causa della più inaspettata delle catastrofi, in un mondo che credevano invincibile perché connesso, tecnologico e digitale. Dopo un anno, siamo consapevoli che non sono bastate settimane o mesi ad uscirne e molti di noi cominciano a pensare che non ne usciremo mai. O quanto meno ne usciremo fra molti mesi e con ferite che le nostre società si porteranno dietro per molti anni, come l’impero romano dopo la peste antonina o l’europa dopo le pesti medioevali e dopo la spagnola di esattamente 100 anni fa.
È impossibile fare ora bilanci e dare giudizi. Ma molti iniziano a pensare che in Italia abbiamo sbagliato le misure e la programmazione, come dimostra la difficoltà con cui stiamo affrontando il piano vaccinale che oggi appare come la strada maestra per uscirne e come dimostrano i paesi che stanno più avanti nei vaccini, come Israele, il Regno Unito o gli Usa. Non è un caso che proprio oggi a New York riaprono cinema e teatri, mentre noi ancora siamo impelagati in una complicata rete di divieti, colori, ristori, dpcm, autocertificazioni.
Da ottimista, non possono non vedere la luce in fondo al tunnel, certo un po’ meno nitida di quanto la vedessi 12 mesi orsono.
Ma ho anche la consapevolezza che il nostro modello democratico ne sta uscendo molto affannato, dopo 28 dpcm, 20 decreti-legge, centinaia di ordinanze regionali e migliaia di ordinanze comunali con i divieti più assurdi, come il senso unico pedonale, la rimozione delle panchine, la spesa al supermercato in rodine alfabetico o il coprifuoco anticipato solo per i ragazzi fra 15 e 24 anni: così in un anno abbiamo perso un altro po’ di fiducia nello Stato, il Parlamento ha ancora più smarrito la sua centralità e noi cittadini ci sentiamo un po’ meno cittadini e un po’ più sudditi.