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Tutti a Riad (o niente soldi). L’ultimatum saudita che agita gli emirati

Dopo anni di vantaggi fiscali, adesso le aziende con sede a Dubai o Abu Dhabi dovranno trasferire il quartier generale a Riad. Pena la perdita dei succulenti contratti governativi. Obiettivo dell’ultimatum, trasformare l’Arabia Saudita nell’hub mondiale della finanza d’Oriente

O i quattrini o la comodità. Tutti e due, non è più possibile. Davvero una scelta difficile quella dinnanzi a decine di grandi imprese con sede negli Emirati Arabi, sponda Dubai, e di migliaia di famiglie ad esse legate. Sì perché nella penisola arabica sta succedendo qualcosa di strano e di davvero poco consueto.

Le multinazionali che operano in Arabia Saudita ma hanno sede nella moderna, scattante e tutto sommato occidentale Dubai, ma anche ad Abu Dhabi, rischiano di venire tagliate fuori dagli affari di uno dei Paesi più ricchi del mondo (Pil pro capite di 55 mila dollari secondo il Fmi). A meno che non spostino la citata sede in Arabia.

Uno choc in piena regola, dal momento che, racconta il Financial Times, per decenni, la maggior parte degli imprenditori stranieri sono entrati e usciti dall’Arabia Saudita per affari mentre stabilivano case e sedi legali a Dubai, poiché lo stile di vita più liberale e occidentale risultava certamente più attraente della cultura ultra-conservatrice del regno d’Arabia. Tutto questo però, potrebbe presto finire, dopo che il principe ereditario Mohammed bin Salman ha consegnato un ultimatum alle multinazionali: spostare il quartier generale regionale nel regno o dimenticare di assicurarsi contratti governativi di valore.

La mossa, annunciata a febbraio, altro non è che il tentativo del principe Mohammed di trasformare Riad, la capitale saudita un tempo assonnata, nel principale centro commerciale e finanziario per il Medio Oriente, l’Africa e parti dell’Asia occidentale. Ma c’è da fare i conti con lo stato d’animo delle imprese e non è detto che il progetto riesca. Alle aziende sono stati concessi tre anni per adattarsi alla misura, in vigore all’inizio del 2024. Molti dirigenti e capi-azienda sono già al lavoro per capire il da farsi. Restare con la prospettiva di ridurre il fatturato o accettare la richiesta dell’Arabia e continuare a macinare utili?

Di sicuro, la notizia ha creato un certo panico tra azionisti, dirigenti, quadri o semplici impiegati. “Tutti stanno andando fuori di testa. Siamo abituati ai governi che offrono carote, ma questa volta un grosso bastone è uscito dal sacco ”, ha detto sconfortato un manager regionale di una multinazionale. “Lo trovo francamente offensivo”. E pensare che le aziende hanno trascorso decenni a coalizzarsi e coagularsi intorno a Dubai, il principale hub commerciale regionale, come trampolino di lancio ideale per il Medio Oriente, l’Africa e l’Asia meridionale.

Inizialmente, il principe Mohammed bin Salman ha cercato di invogliare le aziende a spostare la loro sede regionale a Riad con incentivi che includevano una vacanza pagata fino a 50 anni e sgravi fiscali. Ora però, sembra aver cambiato tattica per fare della capitale saudita l’hub della finanza orientale, spendendo 220 miliardi di dollari solo per renderla più attraente. Basteranno?

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