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Non solo ristori. Perché il decreto Sostegno è una svolta. Parla Baretta

L’ex sottosegretario dem all’Economia: nel provvedimento di aiuti a imprese e lavoratori ci sono i germogli per una nuova fase, non più di pura e semplice emergenza. Ora bisogna imparare a gestire il debito pubblico pensando al dopo-pandemia, come dice Letta. I vaccini? Sprint e obiettivi, modello Biden

Il decreto Sostegno prossimo all’esame del Consiglio dei ministri, probabilmente già questa settimana, è qualcosa in più di una semplice misura di emergenza. Dopo cinque provvedimenti costati, ad oggi, poco meno di 200 miliardi di deficit, il primo decreto in soccorso dell’economia dell’era Draghi è più simile a una saldatura tra la fase dell’emergenza e l’inizio di una lenta risalita dagli abissi.

Certo, compare ancora quella parolina, “ristori”, che arriveranno a circa 2,8 milioni di soggetti (partite Iva comprese), con indennizzi che si aggirano tra i 4 mila e i 200 mila euro. Senza contare lo stralcio delle cartelle esattoriali ferme al 2015 e sotto i 5mila euro. Eppure, dice a Formiche.net l’ex sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, la lungimiranza nel decreto che poggia su 32 miliardi di deficit, c’è e si sente.

Baretta, tra pochi giorni giorni il decreto Sostegno vedrà la luce. Eppure la stagione dei decreti di emergenza a base di sussidi sembrava finita, magari per far posto a qualcosa di più orientato alla crescita. E invece…

Facciamo chiarezza. Dalla discussione sull’ultimo decreto Ristori, nella cui occasione chiedemmo lo scostamento da 32 miliardi, avevamo intravisto qualche elemento di novità. Soprattutto nel modo di erogare gli aiuti, passando per esempio dal parametro del codice Ateco (l’indicatore Istat per le categorie produttive, ndr) a quello del fatturato, anche per evitare i soliti sussidi a pioggia, individuando i settori prioritari rispetto ad altri. E ora questo decreto è figlio delle novità apportate da quello precedente.

Forse però non avevamo fatto i conti la terza ondata.

Sì e infatti trovo forzato pretendere una forte spinta innovativa in questo ultimo decreto. Voglio dire, siamo nel bel mezzo della terza ondata e siamo tornati in una situazione di emergenza, per cui termini come sostegno e ristori sono ancora molto attuali. Tuttavia, da adesso occorre una svolta.

Sarebbe?

In vista del Recovery Plan e delle risorse concesse dall’Europa, servirebbe camminare su due binari. Da una parte il sostegno, gli aiuti, dall’altra la crescita. Non è facile trovare un punto di equilibrio, tra quello che è la fase di emergenza e quello che dovrà venire dopo. Anche per questo possiamo dire che il decreto Sostegno può essere una sorta di saldatura, tra la fine dell’emergenza pura e l’inizio di una nuova fase.

Il premier Draghi ha annunciato un nuovo scostamento di bilancio, già nel prossimo Def. Certamente non è l’ora delle chiacchiere, ma altro deficit non rappresenta un problema per il nostro debito, nel lungo termine?

Guardi, sui decreti di emergenza noi abbiamo fatto scelte di necessità e poi il debito è sempre inversamente proporzionale alla ripresa. Dunque, niente ripresa, niente abbattimento del debito. Un altro scostamento di bilancio è nell’ordine delle cose però non dimentichiamoci che il Recovery Plan avrà come effetto principale quello di portare una crescita sufficiente a ridurlo. Lo stesso Letta ha parlato nella sua relazione del problema debito.

Parentesi più politica. Le è piaciuto il passaggio di Letta sul debito?

Sì, perché ha lanciato un messaggio di fondo: bisogna gestire il debito pubblico in modo da andare oltre il Recovery Plan. E cioè, cominciare a pensare al debito pubblico con un occhio che vada oltre la pandemia e ci consenta di averlo sotto controllo anche quando le risorse dell’Europa saranno finite.

Parliamo della Pa. Pensare a 209 miliardi di euro senza una macchina pubblica efficiente e scattante è pura fantascienza. La riforma non è più rimandabile?

La riforma è più urgente che mai. E non è più rimandabile. L’operazione è complessa, serve garantire una transizione profonda, che tenga conto per esempio della digitalizzazione. Ma in tutta sincerità non si può non farla, no davvero.

Sui vaccini procediamo adagio. Troppo…

Dobbiamo darci gli obiettivi e rispettarli. Anche Joe Biden, con delle scadenze, ha accelerato in America e così dobbiamo fare noi. Dobbiamo procedere spediti e veloci. Anche perché se la pandemia ci sfugge di nuovo di mano, i discorsi di prima valgono a poco.

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