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Il Brunetta II è totalmente diverso dal Brunetta I. Un testo innovativo ma…

Le linee programmatiche presentate dal ministro hanno dalla loro parte la carica innovativa e riformatrice, ma lasciano in ombra qualche problema atavico del nostro Paese quale è ad esempio quello della funzione e del rapporto tra dirigenti pubblici e decisori politici e della scuola nazionale dell’amministrazione

Renato Brunetta è una figura anomala nel panorama politico istituzionale: essendo anche un professore di economia, è il più tecnico e competente tra i ministri politici del governo Draghi e nel contempo ha un taglio innovatore e proiettato verso il futuro proprio di alcuni dei ministri tecnici.

Lo scorso 9 marzo ha presentato le linee programmatiche del suo dicastero in quanto responsabile della Pubblica amministrazione, in vista del Pnrr, alle commissioni riunite I e XI di Camera e Senato, in un lungo documento di oltre trentacinque pagine fitte di cui vale la pena tentare una lettura selettiva.

Nella premessa c’è un Brunetta totalmente diverso rispetto a quando fu ministro della funzione pubblica in una precedente occasione e sembrava la bestia nera dei dipendenti pubblici, avendo avviato una campagna contro i cosiddetti fannulloni, perché il focus è centrato sull’esigenza di “restituire dignità, orgoglio, autorevolezza e valore” a chi lavora per la nostra amministrazione, oltre che aumentare produttività ed efficienza, in quanto la pubblica amministrazione può diventare “un catalizzatore” della ripresa. Il documento passa quindi ad individuare le raccomandazioni della Commissione Ue rispetto alla Pubblica amministrazione, che vanno dalla digitalizzazione all’esigenza di un percorso di riforme e innovazione organizzativa e di eliminare quei colli di bottiglia che potrebbero rallentare l’adozione degli investimenti previsti nel Pnrr.

Tra le indicazioni della Commissione c’è anche quella di interconnettere e far interagire tra loro i processi di semplificazione normativa, regolamentare e amministrativa e di implementare le azioni proposte stabilendo i target progressivi tramite forme attente di monitoraggio dei tempi e dei costi. Tra gli altri rilievi della Commissione selezionati nati nel documento Brunetta c’è l’esigenza di un cambio di approccio nel reclutamento, introducendo nuove figure professionali, e di puntare, quanto al capitale umano, su uno sviluppo delle competenze nelle carriere e facendo leva al massimo sulla digitalizzazione.

Segue quindi nel progetto presentato dal ministro quello che definisce un “nuovo alfabeto per la Pubblica amministrazione”: accesso, buona amministrazione, capitale umano, digitalizzazione. Quanto all’accesso, il ministro Brunetta si impegna a favorire un rapido ricambio generazionale, visto che ora l’età media dei dipendenti pubblici è di 50,7 anni e di accelerare i processi di selezione cambiandone i meccanismi così come quelli di reclutamento anche tramite un percorso ambizioso di transizione digitale, che avvii alla Pa nuovi profili tecnici e nuove competenze gestionali, attingendo anche a persone che lavorano nel privato più qualificato o in organizzazioni internazionali e rendendo la Pa attrattiva anche per i giovani e i professionisti migliori.

A tal fine Brunetta si impegna ad uno sblocco delle assunzioni superando anche il problema del Covid-19 e ad avviare al più presto in grandi spazi come fiere, università dotate di piattaforme tecnologiche dotate di concorsi online che potrebbero addirittura partire nell’arco di qualche settimana. “Dobbiamo cambiare reclutamento e accesso nei prossimi due o tre mesi, altrimenti i soldi dell’Ue non li prendiamo” ha rilevato il ministro. Questo è importante anche affinché le amministrazioni dispongano di professionalità adeguate per la realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr, grazie al rapporto anche con le università, con gli ordini professionali e col settore privato.

Nel capitolo sulla buona amministrazione il documento ricostruisce la positività delle nuove esperienze di servizi digitali come Spid e PagoPA ed evidenzia l’esigenza di dare piena effettività ai principi di semplificazione, al silenzio assenso e alla completa decertificazione laddove è possibile. Sottolinea quindi, soprattutto in riferimento agli investimenti previsti dal Pnrr, l’esigenza di superare e rimuovere i colli di bottiglia. Per questo è stato avviato il lavoro del primo provvedimento di semplificazione che risponde ai rilievi della Commissione europea e ad una agenda delle semplificazioni fino al 2023. Quanto ad alcune norme del recente decreto di semplificazione, sulla base dell’analisi di ciò che ha funzionato, come ad esempio le disposizioni sul danno erariale e sull’abuso d’ufficio, l’intenzione è di procedere in questa direzione.

Viene quindi il capitolo sul capitale umano, per il quale è fondamentale un potenziamento e un allargamento degli investimenti in formazione che invece si sono dimezzati dal 2008 al 2018. Siamo a 48 euro per dipendente, neanche un giorno di formazione l’anno. Un po’ generica è la dichiarazione di intenti che sarà la trentesima che mi capita di sentire in tanti anni che seguo questo settore, sul potenziamento della Scuola nazionale dell’amministrazione, mentre positiva è l’intenzione di accrescere l’osmosi con il settore privato, così come l’impegno a nuovi meccanismi di valutazione delle performance da intendere come vera leva premiale.

Non poteva mancare l’impegno ad accelerare, razionalizzare e programmare l’utilizzo del lavoro da remoto una volta superata la fase dell’emergenza, così come va colta positivamente la proposta di cercare di eliminare i vari fattori e creare i giusti presidi per prevenire il fenomeno della “fuga dalla firma” da parte dei pubblici funzionari.

Viene quindi il capitolo sulla digitalizzazione, con una premessa nettissima per cui “la Pa va ripensata in chiave digitale “e tutte le politiche andranno indirizzate in questa direzione: grazie a ciò sarà possibile davvero un’amministrazione aperta e trasparente e passare” dalla Pa dell’adempimento alla Pa problem solver”.

Siamo così alle conclusioni secondo cui è fondamentale, anche nella logica del Pnrr, “un’attività di monitoraggio delle politiche pubbliche, una verifica dello stato di implementazione delle riforme e una valutazione dei loro effetti” per qualsiasi percorso di riforma man mano che si procede. Con l’occasione il ministro Brunetta annuncia che il giorno successivo (ieri) ci sarà la firma del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale tra il governo, la Cgil, la Cisl e la Uil, un patto volto alla valorizzazione delle persone, della produttività, dei servizi per i cittadini e le imprese.

Brunetta conclude rilevando che il Pnrr e questa fetta di Pnrr che è la riforma della Pubblica amministrazione è un grande esercizio di modernizzazione e di rottura di storici tabù, che può lasciare un nuovo modello sociale, economico e amministrativo ai nostri figli. Con un piccolo tocco retorico scrive: “Questo è il momento di osare, il momento Italia. Ora o mai più”.

Un altro analista forse poteva attendersi più dati e cifre da un documento così significativo e di questa portata, ma evidentemente la scelta del pur economista Brunetta è stata quella di lavorare più sugli aspetti qualitativi più che su quelli quantitativi. Credo che si tratti di un primo documento al quale dovranno seguirne altri più misurabili e valutabili anche sotto l’aspetto quantitativo. In ogni caso si tratta di un testo da apprezzare per la carica innovativa e riformatrice in genere, che però lascia in ombra qualche problema atavico del nostro Paese quale è ad esempio quello della funzione e del rapporto tra dirigenti pubblici e decisori politici e della scuola nazionale dell’amministrazione.

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