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Cina, Brasile e quel presunto scambio di vaccini per il 5G di Huawei

Dietrofront del governo brasiliano di Jair Bolsonaro sul progetto del colosso cinese di telecomunicazioni in cambio di dosi del farmaco anti Covid-19, mentre l’ex presidente Lula Da Silva si promuove come mediatore con il fondo sovrano russo per Sputnik V

È ancora aperto il dibattito sull’uso ricattatorio del vaccino anti Covid-19 da parte del governo cinese. Un sospetto che sarebbe confermato dalla realtà, come ha detto Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group e professore alla New York University in una conversazione con Francesco Bechis (qui l’intervista pubblicata su Formiche.net). Per Bremmer, “in Brasile il vaccino è stato offerto, sia pur non ufficialmente, in cambio di un’ampia partecipazione di Huawei alla rete 5G. La Cina, come la Russia, fa del vaccino un’arma diplomatica”.

E uno dei principali campi di battaglia in cui sfodera l’arma del vaccino, è il Brasile.

Con il governo di Donald Trump, gli Stati Uniti sono riusciti ad esercitare pressione sui Paesi alleati per bloccare l’allargamento del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei con l’accusa di rischi sul sistema di sorveglianza. Il governo di Jair Bolsonaro, infatti, come risposta all’amico americano, aveva fermato il costosissimo  progetto del 5G  sul territorio brasiliano. Eduardo Bolsonaro, deputato e figlio del presidente, si era pronunciato sulla vicenda a novembre – facendo infuriare l’ambasciata cinese in Brasile -. Secondo il giovane politico l’esecutivo avrebbe creato un sistema sicuro “senza lo spionaggio cinese” (qui l’articolo di Formiche.net).

Ma ora è la pandemia a cambiare lo scenario politico brasiliano. Con 3.251 vittime delle ultime 24 ore, record assoluto dall’inizio della crisi sanitaria, in Brasile il numero di morti di Covid-19 è di 298.676. La media giornaliera di decessi per il virus  si è quasi raddoppiata  rispetto a un mese fa. L’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’Università di Washington prevede un aumento nella curva di contagi, morti e occupazione di letti in terapia intensiva, e pronostica il picco tra aprile e maggio.

Intanto, la situazione dei vaccini è critica. Il ministero della Salute del Brasile ha ridotto per la quinta volta in due mesi il numero di dosi di vaccino anti-Covid. Sono stati cancellati circa un milione di dosi Pfizer, il cui invio era stato inizialmente previsto per il 30 aprile. Fino ad oggi in Brasile sono stati applicati solo 11,3 milioni di vaccino e solo 3,7 milioni di persone hanno ricevuto le due dosi.

In questo scenario, il Paese sudamericano diventa terreno fertile per la corsa geopolitica dei vaccini.

A febbraio, il ministro per le Comunicazioni brasiliano, Fábio Faria, è andato a Pechino per incontrare i manager di Huawei e non ha nascosto una peculiare richiesta che poco riguarda le telecomunicazioni. “Ho approfittato del viaggio per chiedere vaccini, che è quello che adesso tutti chiedono”, ha dichiarato.

Due settimane dopo, il governo brasiliano annunciava nuove regole per l’appalto 5G, aprendo le porte – finora chiuse – a Huawei.

“Il cambio di posizione è un segnale su come la politica nella regione è alterata dalla pandemia e dall’uscita di Trump dalla Casa Bianca, e come la Cina ha cominciato a cambiare la situazione”, sostiene il The New York Times. Nelle ultime settimane, diplomatici, esecutivi di imprese farmaceutiche e altri rappresentanti del potere hanno ricevuto decine di richieste di vaccini da parte di funzionari disperati dell’America latina.

“All’improvviso, Pechino si trova con una nuova ed enorme influenza in America latina – prosegue la pubblicazione americana -, una regione dove ha una grande rete di investimenti e ambizioni per aumentare il commercio, gli accordi militari e i legami culturali”.

L’anno scorso Bolsonaro ha respinto l’offerta di 45 milioni di dosi del vaccino cinese Coronavac, quando era ancora in fase di studio clinico, scrivendo su Twitter che “il popolo brasiliano non sarà cavia di nessuno”. Ma ora, trovandosi nella necessità di avere i farmaci per la campagna di vaccinazione, ha siglato l’accordo con il governo cinese per l’invio di vaccini e per produrli in Brasile.

“Che i nostri sforzi congiunti possano salvare più vite!”, ha scritto l’ambasciata cinese in Brasile su Twitter, in seguito alla donazione di programmi informatici per i medici e 20 macchine (Huawei) per fabbricare ossigeno negli ospedali di Manaos, una delle città più colpite dal virus.

E la Russia? L’emittente brasiliana Rede Globo assicura che Bolsonaro si è rifiutato di acquistare il vaccino russo Sputnik V l’anno scorso per seguire l’invito di Trump di fermare “le influenze maligne nella regione rappresentate da Russia, Cuba e Venezuela”. Ma ora che è di nuovo in partita, l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva si presenta come mediatore per la risoluzione della crisi sanitaria. E ha già iniziato negoziazioni con il fondo sovrano russo per l’acquisto di 10 milioni di dosi di Sputnik V.

La disperazione latinoamericana per la pandemia ha creato una situazione perfetta per i cinesi. Tutta la regione è vulnerabile, non solo il Brasile. In una conferenza virtuale organizzata dall’Atlantic Council a Washington, il ministro degli Affari esteri dell’Uruguay, Francisco Bustillo, ha dichiarato: “Quando ci chiediamo cosa possono fare gli Stati Uniti per il Mercosur, bene, prima di tutto ascoltarci, perché ad oggi sembra che l’unico che ci ascolta è la Cina”.

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