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Draghi pensa a una (decisiva) legge annuale sulla concorrenza

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Già nel corso del discorso sulla fiducia al Senato il premier aveva richiamato alcune priorità per il ripristino della concorrenza e per l’attività dell’Antitrust. Forse, si era reso conto che con la legislazione di emergenza da Covid-19, tra concentrazione forte dei poteri a Palazzo Chigi e l’impronta statalista seguita da Giuseppe Conte, c’era bisogno di aprire il più possibile le finestre della concorrenza di un sistema così irrigidito

La legge annuale sulla concorrenza dovrebbe essere appunto una legge a cadenza annuale tesa ad adeguare man mano alle esigenze della concorrenza e del mercato i vari settori economici e sociali, recependo in istruttoria le proposte della Autorità competente. È noto invece che questo appuntamento è stato quasi sempre regolarmente bucato dal nostro legislatore e che i rarissimi casi di legge annuale sulla concorrenza sono stati oggetto di uno “speciale trattamento” parlamentare, con l’assalto di lobbies, gruppi di pressione e corporazioni che ne smontavano quel po’ di vigore pro concorrenza, per difendere le varie categorie interessate, che c’era nel testo originario.

Quest’anno, sembrerebbe che la musica sia diversa. Già nel corso del discorso sulla fiducia al Senato il premier Mario Draghi aveva richiamato alcune priorità per il ripristino della concorrenza e per l’attività dell’Antitrust. Forse, si era reso conto che con la legislazione di emergenza da Covid-19, tra concentrazione forte dei poteri a Palazzo Chigi e l’impronta statalista seguita da Giuseppe Conte, c’era bisogno di aprire il più possibile le finestre della concorrenza di un sistema così irrigidito, tanto che c’era stata poi una richiesta formale dell’esecutivo all’Autorità per la concorrenza e il mercato di mettere in moto la procedura per una efficace legge annuale sulla concorrenza.

Tra la lunga serie di proposte alla richiesta pervenuta a Palazzo Chigi da parte del presidente dell’Authority per la concorrenza Rustichelli ce ne sono di significative: sospendere il codice degli appalti durante la fase degli investimenti del Recovery Plan, creare una task force per vigilare sulle grandi opere finanziate dalle risorse in arrivo dalla Ue. A queste si aggiungono poi quelle con impronta più liberalizzatoria come la maggior concorrenza del sistema delle concessioni, la piena liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica e i minori vincoli per le aperture di nuovi esercizi commerciali.

Sono queste alcune delle priorità indicate nel testo inviato dall’Antitrust con le proposte ai fini del disegno di legge per la concorrenza. Un testo in cui si sottolinea che “nelle fasi di crisi economica la concorrenza può offrire un contributo prezioso per la ripresa”. Forse perché il “cliente” è una personalità dell’autorevolezza e della competenza di Draghi, sembra configurarsi nel testo inviato a Palazzo Chigi un approccio globale mirato all’efficacia che può avere la concorrenza, visto che il testo è diviso in aree tematiche: riforma del settore degli appalti pubblici; sviluppo delle infrastrutture per la crescita e la competitività; interventi per assicurare efficienza e qualità dei servizi pubblici locali; rimozione delle barriere all’entrata nei mercati; interventi nel servizio sanitario e settore farmaceutico; promozione di un’economia sostenibile.

Se si dovessero attuare realmente interventi di tipo liberalizzatorio in questi settori, non solo si eliminerebbero le troppe bardature introdotte con certa legislazione di emergenza da Covid-19 ma si potrebbero porre le premesse per mercati più competitivi e per una indubbiamente maggiore competitività del sistema economico. Certo, tanto più saranno ferme ed efficaci le soluzioni di apertura alla concorrenza, tanto più il governo dovrà attrezzarsi per una navigazione parlamentare diversa rispetto a quanto avvenne nel caso della legge annuale sulla concorrenza che ho citato all’inizio. Ma forse se si organizza e programma il cammino parlamentare, essendo il governo Draghi un governo di unità nazionale, è possibile condurre in porto iniziative e modifiche significative che altri governi non riuscirebbero a conseguire.

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