Come e perché la carbon sequestration, secondo Goldman Sachs, è la chiave di volta per raggiungere il traguardo delle zero emissioni e perché una presenza in tale campo potrebbe produrre lo sviluppo di una filiera di servizi industriali di imprese radicati nel nostro Paese e che avrebbe la possibilità di esportare tale esperienza in tutto il mondo
In un interessante report di Goldman Sachs si prende in esame a tutto campo la carbon sequestration, dagli aspetti finanziari ai progressi tecnologici. Rimandando alla sua lettura integrale, credo valga la pena sottolineare alcuni punti e alcune riflessioni.
La carbon sequestration, secondo Goldman Sachs, è la chiave di volta per raggiungere la net zero decarbonization; è un processo che va da una dimensione singola (renewable power) a un ecosistema sistema multidimensionale. Sono 4 le tecnologie che stanno emergendo per realizzarlo:
1) energie rinnovabili, tecnologia che domina il low-cost decarbonization e può aiutare a decarbonizzare circa il 35% delle emissioni totali di gas serra prodotte dalle attività umane
2) l’idrogeno verde, che permetterà di diminuire le emissioni nel trasporto a lungo raggio (camion), lo stoccaggio stagionale, che permette di rendere più efficiente la produzione di energia da rinnovabili, il calore ad alta temperatura per la combustione industriale ecc.
3) batterie con una maggiore capacità di accumulo di energia delle energia. 4) tecnologie di cattura del carbonio, vitali per la produzione dell’idrogeno pulito (blu) a breve termine.
I costi per le attività di decarbonizzazione si stanno sempre di più abbassando con una riduzione del 20% di riduzione del costo annuale per ottenere il 50% di de-carbonizzazione globale e di circa il 30% del costo annuale per raggiungere il 70% di decarbonizzazione: che si traduce in circa mille miliardi di dollari di risparmi globali annuali sul percorso verso lo zero netto.
– l’Idrogeno pulito è la svolta chiave per questa trasformazione perché il suo utilizzo permette di ridurre le emissioni più difficili da decarbonizzare (industria, riscaldamento, trasporti pesanti a lungo raggio). L’idrogeno pulito, secondo Goldman Sachs, è l’aggiunta tecnologica più importante e trasformativa per la curva dei costi di decarbonizzazione Carbonomics 2020 ed è alla della stragrande maggioranza delle tecnologie aggiunte nella curva dei costi del 2020.
La cattura del carbonio è una tecnologia complementare per raggiungere l’obiettivo emissioni zero a prezzi accessibili, con una riduzione di circa 3mila miliardi $ all’anno attraverso una combinazione di sequestro e tecnologie di conservazione
Gli sforzi per la cattura del carbonio possono essere classificati a grandi linee in tre categorie principali:
1) Depositi naturali, che comprendono serbatoi carbone naturale in grado di assorbire l’anidride carbonica. Le azioni includono rimboschimento, imboschimento e pratiche agroforestali.
2) Tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (Ccus) che coprono l’intero spettro delle tecnologie di cattura del carbonio applicabili al flusso di CO2 concentrato proveniente dagli impianti industriali, utilizzo e stoccaggio del carbonio.
3) Direct air carbon capture (Daccs), la tecnologia pilota di cattura del carbonio in grado di recuperare la CO2 dall’aria, sbloccando un potenziale di decarbonizzazione quasi infinito, indipendentemente dalla fonte di CO2.
In questa fase su tali argomenti si sprecano report, dossier, articoli, ecc, a partire da quelli prodotti dalle grandi compagnie petrolifere. La scorsa settimana ExxonMobil ha presentato un piano da 3 miliardi per promuovere l’attività di carbon capture and storage nei prossimi 5 anni. E non sono da meno i soggetti istituzionali come l’International Energy Agency (Iea) che in un suo recente rapporto (“Ccus in Clean energy Transitions”) ha affermato che cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica dovranno costituire un pilastro fondamentale degli sforzi richiesti per azzerare le emissioni nette di gas serra nel corso di questo secolo.
Sono poi molte le notizie su progettualità ed esperienze pronte a partire in molte parti del mondo, dal Regno Unito alla Norvegia e all’Olanda, dagli Stati Uniti e dal Canada al Qatar, finalizzate a progetti industriali di Ccus per abbattere le produzioni più impattanti.
Tornando all’Italia, e visto il suo background che lo rende attento a quello che succede nell’economia e nella finanza internazionale, a Mario Draghi non sfuggirà che una presenza in tale campo potrebbe oltre al tema ambientale e climatico produrre lo sviluppo di una filiera di servizi industriali di imprese radicati nel nostro Paese e che avrebbe la possibilità di esportare tale esperienza in tutto il mondo. Più o meno quello che successe con Enrico Mattei per la ricerca del petrolio e della sua raffinazione.
Il report di Goldman Sachs inoltre è importante perché è stato prodotto da una banca d’affari che sceglie come indirizzare ingenti investimenti. E si sa come ricordava Enrico Cuccia che in economia vale sempre l’articolo quinto: “chi ha i soldi ha già vinto.”