I quindici esperti indipendenti della “National security commission on Artificial intelligence” hanno presentato il report con i suggerimenti per un Pentagono pronto all’intelligenza artificiale entro il 2025. La corsa è sulla Cina, a colpi di tecnologie, etica e alleanze. Al cuore della struttura Usa c’è il Jaic, destinato a notevoli potenziamenti
Accelerare per non perdere la sfida del secolo: l’intelligenza artificiale. È questo, in estrema sintesi, il suggerimento per il Pentagono della “National security commission on Artificial intelligence”, la commissione di esperti indipendenti voluta dal Congresso per dare spinta agli impegni della Difesa americana. Ieri, la Commissione ha pubblicato il suo report finale, frutto di due anni di lavoro, confluiti in 756 pagine e centinaia di raccomandazioni per avere un Pentagono “AI-ready” entro il 2025. L’obiettivo? Mantenere il vantaggio tecnologico sulla Cina nel campo considerato maggiormente disruptive per gli affari militari (e non solo).
LA SFIDA
Era settembre 2017 quando Vladimir Putin affermò che “chi svilupperà la migliore intelligenza artificiale diventerà il padrone del mondo”. Tre mesi prima, il Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese aveva rilasciato il Piano di sviluppo per una nuova generazione d’intelligenza artificiale (Aidp), identificando un obiettivo chiaro: diventare entro il 2030 il principale centro d’innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale. È questo ad aver spinto il Congresso a prevedere una Commissione ad hoc per dare spinta all’Ia in campo militare, inserendo la sua formazione nell’autorizzazione al budget militare per il 2019.
LE PREOCCUPAZIONI
A guidare i 15 esperti c’era Eric Schmidt, per dieci anni al timone di Google, manager esperto e ben inserito nelle dinamiche istituzionali americane. Al suo fianco Bob Work, oggi figura di spicco del think tank Cnas (da cui provengono diversi membri dell’amministrazione Biden), già numero due del Pentagono con Barack Obama. Sono loro a firmare l’introduzione al report, partendo da una constatazione: “Nonostante le sperimentazioni esistenti e il piccolo numero di programmi sull’Ia, il governo degli Stati Uniti è ben lontano dall’essere AI-ready”.
LA SVEGLIA
Ne deriva una chiamata a “svegliarsi”, come spiegato dal ceo di Oracle, Safra Catz, altro membro della Commissione. E così, il suggerimento principale per le istituzioni è un ripensamento complessivo di piani e strategie, “abbracciando l’intelligenza artificiale” a ogni livello della struttura di sicurezza e difesa nazionale. Il report spiega che: “Se gli Stati Uniti non agiranno, perderanno probabilmente la loro posizione di leadership nell’Ia a favore della Cina nel prossimo decennio, e diventeranno più vulnerabili a uno spettro di minacce abilitate dall’intelligenza artificiale da una miriade di attori statali e non statali”.
IL BUDGET
Parola d’ordine integrazione, di pratiche, di visioni e prospettive strategiche. Si punta cioè a rafforzare il dialogo tra tutti i soggetti coinvolti a livello nazionale, pubblico e privato, industria e ricerca. Notevole è il focus sulla formazione, in particolare per il Pentagono, chiamato ad “abilitare l’alfabetizzazione digitale di base” e garantire “l’accesso all’infrastruttura digitale e ai software necessari per l’onnipresente integrazione dell’Ia per addestramento, esercitazioni e operazioni”. In altre parole, si suggerisce di tenere presenti gli sviluppi di intelligenza artificiale in ogni campo militare. Per questo, gli esperti della Commissione suggeriscono al Pentagono di dedicare almeno il 3,4% del suo budget ai programmi “science and technology”, e di portare a ricerca e sviluppo sull’Ia almeno 8 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 (attualmente sono 1,5 miliardi).
L’INVITO AGLI ALLEATI
La “sveglia” sull’intelligenza artificiale riguarda anche gli alleati. La Commissione suggerisce di coinvolgerli sia nella pressione globale su Russia e Cina, sia nella definizione di un sistema di norme per l’impiego dell’Ia. “Ottenere il consenso alleato riguardo agli standard per lo sviluppo, il test e l’uso di tali sistemi stabilirà norme importanti – si legge nel report – e contribuirà a garantire che siano sviluppati e utilizzati in modo sicuro, sottolineando ulteriormente l’impegno degli Stati Uniti e dei loro alleati a favore di usi etici e responsabili dell’intelligenza artificiale”. Di più: “Gli Stati Uniti dovrebbero utilizzare tali consultazioni per evidenziare i modi in cui l’Ia diventerà una parte cruciale delle future operazioni militari e sviluppare quadri comuni che guidino l’uso appropriato e responsabile di sistemi d’arma autonomi e abilitati all’intelligenza artificiale sul campo di battaglia”.
LA SPONDA NATO
L’invito trova facile sponda alla Nato. Lo scorso maggio veniva pubblicato il rapporto “Science & Technology Trends: 2020-2040”, dedicato alla tecnologie “disruptive” che cambieranno la guerra del futuro. C’è anche l’intelligenza artificiale, ritenuta capace nel giro di un decennio di rivoluzionare il confronto militare con effetti sulla competizione globale paragonabili all’ingresso nel confronto geopolitico della bomba atomica. Come emerso da un recente evento del Centro studi americani (Csa), la Nato sta lavorando per elaborare un’apposita strategia interamente dedicata all’intelligenza artificiale.
COSA CAMBIA CON BIDEN
Per quanto riguarda il dibattito interno agli Stati Uniti, il report della Commissione trova terreno fertile al Pentagono guidato da Lloyd Austin, da cui si attende un approccio più strutturato all’innovazione militare (a partire dalle pratiche di procurement). La sua vice, Kathleen Hicks, ha già sottolineato l’intenzione di dare “ampia visibilità” a tutto ciò che concerne l’intelligenza artificiale. A guidare l’impegno c’è il Joint Artificial Intelligence Center (Jaic), il centro di eccellenza di cui la Difesa Usa si è dotata nel 2018, attualmente affidato al generale Michael Groen. A febbraio 2019, il Jaic ha prodotto la prima “Ai Strategy”, una tabella di marcia per accelerare l’impegno militare nel campo, discendente dalla più ampia National Defense Strategy. Un anno dopo (lo scorso febbraio), sulla base dei suggerimenti arrivati dal Defense Innovation Board (gruppo di esperti che supportano il Pentagono), il centro ha reso noti i cinque principi etici per l’intelligenza artificiale applicati ai sistemi militari. Poggiano tutti sul controllo umano costante, trasparente e verificabile degli assetti dotati di IA (qui il focus).
RIFORME IN VISTA?
C’è però di più. A fine dicembre, il Congresso ha approvato il maxi budget per il Pentagono 2021, pari a 696 miliardi di dollari. È accompagnato da una richiesta specifica: presentare entro quattro mesi un report su tutte le iniziative dedicate all’Ia. L’obiettivo è infatti fare ordine tra i numerosi programmi in campo, anche considerando che pressoché tutti i progetti recenti hanno in sé elementi legati all’intelligenza artificiale. Già a luglio, l’ispettorato generale del dipartimento della Difesa notava che “un processo di gestione dell’inventario dei progetti di intelligenza artificiale per identificare e sviluppare una linea comune è necessario per mantenere la consapevolezza dei tipi e del numero di programmi in tutto il Pentagono”.
UN CENTRO PER L’IA
Anche la Commissione nel suo report invita a una maggiore organizzazione, suggerendo di potenziare il Jaic e renderlo un acceleratore trasversale. Sembra dunque tracciata la strada per il Centro, destinato a essere sempre più la guida dei vari impegni del Pentagono nel campo. Nella stessa nota di luglio, l’ispettorato generale della Difesa spiegava la necessità di aumentarne la capacità per coprire tutti i progetti che rientrano nelle competenze del Pentagono. Per questo, a novembre, il generale Groen annunciava il piano per un passaggio a “Jaic 2.0”, finalizzato ad affidargli un più ampio ruolo di coordinamento, aumentando e stabilizzando i contatti con le articolazioni della Difesa, approfondendo l’analisi del procurement e offrendo servizi di consulenza e assistenza alle varie Forze armate.