Sergio Mattarella ha quasi concluso il suo mandato come Capo dello Stato. Eppure con un esercizio di fantasia (e fantapolitica) si potrebbe immaginare il suo bis, così da permettere a Draghi di finire la legislatura e arrivare, in seguito, alla porta del Quirinale
Nel weekend, tempo di pensiero e rilassatezza, è lecito abbandonarsi alla fantapolitica, vagheggiando scenari impalpabili, immaginando situazioni surreali, agganciandosi alla realtà con l’uncino immaginifico dell’utopia. Partendo però da un elemento inconfutabile che è lo scorrere del tempo.
Dal punto di vista istituzionale, la clessidra del Quirinale ha quasi esaurito la sabbia: ancora un pugno di mesi e il mandato di Sergio Mattarella si esaurirà. Non è tempo di bilanci. Piuttosto di attesa: per quel che verrà, per quel che sarà. Il tempo di Mario Draghi a palazzo Chigi l’ha scandito il Colle: da lì è stata caricata la molla che segna lo scorrere dell’azione dell’ex presidente Bce. Ma la differenza, sostanziale, rimane: il tempo della presidenza di Mattarella è segnato, quello di Draghi no. Non ancora almeno: è il Parlamento che deve decidere.
Ecco, qui comincia il girotondo di fantasticherie. La scelta di Draghi è frutto del Quirinale. È stato il Capo dello Stato a rompere gli indugi e a convocare SuperMario per affidargli l’incarico di governo. Più che una scelta una svolta, che ha messo tutti, a partire dalle forze politiche, di fronte alle loro responsabilità.
Dunque il filo che lega Sergio a Mario è d’acciaio. Un filo fatto di stima e rispetto reciproci, di consapevolezza dei ruoli e delle necessità. Una sintonia da civil servant si sarebbe detto una volta. Però, appunto, c’è il tempo. Una categoria che la fisica ci ha insegnato è mutevole e si dipana diversamente a seconda di dove l’osservatore si pone. Bene, poniamoci anche noi. Se Draghi è sullo scranno più importante dell’esecutivo è perché ce l’ha voluto Mattarella, e Camera e Senato hanno poi accolto l’indicazione.
Ma se Mattarella ha un tempo definito, qual è quello di Draghi? Sempre fantasticando ma con maggiore concretezza: se Mattarella è il mantello che avvolge e protegge Draghi, quando verrà riavvolto che succederà al presidente del Consiglio? A caldo, a voto di fiducia acquisito, la risposta è stata un riflesso condizionato: uscito Sergio, arriverà Mario, che problema c’è. Già. Ma se poi non succede? Se Mattarella dice addio, la forza di Draghi resterà stessa? Forse. O forse no. E chissà cosa accadrà.
Allora la soluzione potrebbe essere un’altra: Mattarella resta e Draghi continua la sua opera. Bello. E magari impossibile. Se Mattarella lascia e Draghi resta a valle senza incamminarsi sui colli, come proseguirà l’azione di governo?
Non solo. Draghi si regge su una maggioranza di larghe intese che da sempre era stata considerata una chimera e poi si è materializzata d’incanto retta sulle condizioni eccezionali dettate dalla pandemia. Se Mattarella dice addio che fine farà la strana maggioranza che va da Salvini a Roberto Speranza: come potrà reggere?
Forse allora la fantapolitica una sua utilità finisce per averla. Realizzando un ghirigoro che dice: meglio che Mattarella resti un altro paio danni, fintantoché SuperMario finisca il lavoro. Chissà se qualcuno nel Palazzo fantastica allo stesso modo. E chissà se, fantasia dopo fantasia, come Pollicino semina briciole che arrivano fin nelle ovattate stanze presidiate dai corazzieri. E ancora: chissà se l’attuale inquilino prende la ramazza e le spazza via. Oppure se la fantasia, stavolta nei dintorni di via XX settembre e non a Boulevard Saint Germain, prende il potere e determina gli eventi.