I nuovi droni all’avanguardia della Cina nell’ultimo report del Centro studi internazionali (CeSI). Diversificazione dei modelli, sinergie tra industria e ricerca, coordinamento centrale da parte del governo, intelligenza artificiale e tattiche di sciame (swarming). Così Pechino mira a ribaltare gli equilibri di forza negli scenari di suo interesse
La Cina ha fatto dello sviluppo dei velivoli a pilotaggio remoto (Uav) una propria priorità di sviluppo, passando in pochissimi anni dalla dipendenza dal mercato estero a una posizione di leadership nella progettazione e realizzazione di droni di tutti i tipi. Motore di questo rapidissimo sviluppo è stato il coordinamento effettuato dal governo di Pechino, che ha spinto soprattutto sulle sinergie tra accademia, ricerca, cluster industriali e forze armate. È quanto emerge dall’ultimo report del Centro studi internazionali (CeSI), a firma di Noemi Brancazi, dedicato alle ultime tendenze e previsioni sul futuro delle tecnologie Uav cinesi.
SINERGIE INDUSTRIALI
Nonostante le notizie siano frammentarie, “data la rilevante omissione di dati da parte dello Stato”, la posizione di assoluta leadership di molte aziende cinesi nel capo dei droni è registrata anche nella lista delle top 20 industrie di droni stilata dall’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di stoccolma (Sipri). Tra di loro, la più importante risulta essere la Aviation industry corporation of China (Avic), un consorzio pubblico di aziende responsabile della produzione dei modelli Wing Loong e Soar Dragon. Vera costante del settore industriale e la sua continua opera di collaborazione con la ricerca accademica e universitaria, come si legge nel report del CeSI: “Chiaro esempio è lo Xi’an ASN Technology Group che, grazie ad una profonda collaborazione con la Northwest Polytechnical University of Xi’an, si pone come il più grande polo cinese di ricerca, sviluppo e produzione di Uav (in particolare ad uso civile) e detiene il 90% del mercato di droni interno cinese”. Questa continua opera di interscambio, regolata e diretta dal governo, ha permesso allo sviluppo dei settori militare e civile di procedere largamente in parallelo, laddove di solito avviene che lo sviluppo militare preceda e funga da volano per quello civile.
LA COMPONENTE MILITARE
Le possibilità tecnologiche e strategiche offerte dagli Uav ha spinto Pechino a investire enormemente nello sviluppo di questo settore rispetto anche a piattaforme aeree più tradizionali, riducendo al contempo i costi materiali e riducendo il rischio di esposizione dell’elemento umano. L’Esercito popolare di liberazione (Pla) attualmente impiega numerosi modelli diversi di velivoli a pilotaggio remoto, coprendo una vasta gamma di operazioni, dalla ricognizione, alla sorveglianza alla guerra elettronica. Di particolare interesse anche la capacità offerta dai droni di fornire falsi bersagli per ingannare eventuali sistemi Awacs e Aew” (i sistemi di preallerta aerei).
I MODELLI
Il più grande e sofisticato tra gli Uav è il Cai Hong 7 (CH-7), drone adatto ad operare ad alta quota (Hale) dotato di capacità stealth e in grado di essere impiegato in una vastissima gamma di ruoli: ricognizione, spionaggio, intercettazione, attacco al suolo. Questo drone, “il cui design ricorda molto il drone americano sperimentale X-47B”, ha effettuato il suo primo volo nel 2018, ed è previsto che entri in produzione nel 2022. Il CH-7 è un’evoluzione del modello precedente CH-5, a sua volta progettato sul modello MQ-9 Reaper americano, adatto per attacchi in profondità e soppressione delle difese antiaeree nemiche. Caratteristica fondamentale è la condivisione di tutti i modelli della stessa piattaforma di comando e controllo, garantendo una completa interoperabilità degli stessi, dai modelli più avanzati a quelli più obsoleti ma già in servizio. Altrettanto importante è il Wing Loong II, per le medie altitudini, basato questa volta sul RQ-1 Predator, che risulta essere il modello più venduto all’estero. Il modello precedente Wing Loong I è stato ampiamente testato sul campo, venendo impiegato anche in Libia dagli Emirati Arabi Uniti, e contribuendo al successo commerciale del suo successore.
DRONI “KAMIKAZE”
Ma l’aspetto più interessante dell’industria degli Uav cinese sottolineato dal report è lo sviluppo delle cosiddette “loitering munitions” o munizioni circuitanti, piccoli droni leggeri in grado di identificare autonomamente il proprio bersaglio prima si scagliarcisi contro in un attacco cinetico suicida. L’impiego di questi piccoli droni “kamikaze” è da effettuarsi principalmente attraverso l’utilizzo di veri e propri sciami di droni che, dialogando tra loro tramite sofisticati impianti di intelligenza artificiale, sono in grado di sopraffare le difese avversarie saturandone le capacità di risposta.
LA STRATEGIA CINESE
Pechino ambisce a diventare leader nell’impiego dei velivoli a pilotaggio remoto, sfruttando la tecnologia e le tattiche innovative permesso da questo tipo di piattaforme. I diversi modelli con cui sta equipaggiando le sue forze armate le garantiscono di operare diverse tipologie di missioni in ambienti operativi difficili, resi ancora più complessi dalle difese avversarie. In particolare, le tattiche di sciame permettono alla Cina di bucare le difese antiaeree nemiche, modificando l’equilibrio tattico presente in regioni di importanza strategica per Pechino, come l’area dei mari cinesi Meridionale e Orientale. Gli Uav permettono di affrontare l’avversario con mezzi i cui costi sono contenuti e che non mettono a rischio la vita degli operatori, allargando di conseguenza il ventaglio di operazioni effettuabili.
SCENARI FUTURI
Nonostante la rapidità con cui la Cina ha effettuato questa scalata verso i vertici del settore dei droni – sottolinea ancora il report del CeSi – la tecnologia cinese non può ancora competere con il livello di sofisticazione dei corrispettivi americani. Tuttavia, “per quanto i sistemi Reaper, Predator o Global Hawk siano decisamente superiori ai rispettivi CH-7, Wing Loong II o Soar Dragon, attualmente il Pla possiede Uav in grandi numeri e di adeguata qualità, in grado di soddisfare i principali requisiti operativi presenti, ma anche futuri”.
In conclusione, spiega il Centro studi internazionali, la Cina “anche se non fosse in grado, in futuro, di portarsi a livelli di sofisticazione tecnologica tali da competere gli Stati Uniti nella costruzione delle piattaforme, lo sviluppo di tattiche di swarming particolarmente raffinate ed efficaci, basate su componenti software quali algoritmi AI, potrebbe ribaltare tale equazione e portare ad esiti imprevedibili”.