Non solo Emma Bonino, il rapporto con l’Europa è un problema anche per il Pd e nella coalizione (scomposta) del centrodestra. Una fetta non indifferente della debolezza della Ue nei confronti di Usa e Cina risiede anche nella fragilità delle alleanze, nella tortuosità delle appartenenze, nella rarefazione degli ancoraggi politici
Se più Europa è disgregativo (per chiarimenti chiedere a Emma Bonino), meno Europa è impossibile: ce l’ha spiegato Mario Draghi. “Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”, ha scandito in Parlamento prima di chiedere il voto di fiducia. Messa così , la questione diventa non si o no ma come ci si sta in Europa.
Purtroppo chiedere lumi alle forze politiche italiane significa infilarsi in un labirinto che è peggio che mai: la confusione ristagna e la sensazione è che a Strasburgo vengano esportate le contraddizioni del quadro politico nazionale nel tentativo, velleitario e strumentale, di risolverle. Un balletto senza fine che minaccia di rendere ancora più indecifrabile la mappa dei rapporti politici.
Ha fatto clamore la possibilità che il Pse accolga nelle sue fila il Movimento Cinquestelle. In molti, a partire da Calenda, sono insorti e pure nel Pd non sono mancati dubbi, perplessità, critiche. Del resto va ricordato che lo stesso Partito Democratico per molto tempo è rimasto ai margini del gruppo socialista e solo con Matteo Renzi ha sancito la definitiva appartenenza.
Com’è noto, l’atteggiamento grillino verso la Ue è stato per così dire ondivago: dall’euroscetticismo spinto all’accettazione dell’edificio comunitario; dal Conte 1 a braccetto di Salvini capofila dello schieramento per cui l’euro non è irreversibile, al Conte 2 d’intesa con i Democratici con i quali l’Europa non solo è bella ma anche indispensabile.
Di un tale girotondo ne ha risentito pure la collocazione sui banchi dell’Assemblea guidata da David Sassoli: dai senza gruppo all’accostamento ai liberali dell’Elde che hanno risposto no grazie. Dal voto Ursula, alla possibile liaison con gli affiliati di Stanisev e Post.
Non molto meglio vanno le cose sul fronte opposto. Se infatti Giorgia Meloni ha ottenuto un importante riconoscimento a livello continentale con la presidenza del gruppo dei Conservatori europei, Matteo Salvini è una specie di Ulisse in perenne ricerca di terre amiche. Dopo il rifiuto di unirsi ai Popolari europei, il Capitano è stato tentato dal Viktor Orban che con il suo Fidesz ha cercato di costruire un nuovo gruppo assoldando i leghisti: al momento però senza successo.
Eppure i giochi sono importanti. Se infatti il MoVimento entrasse nel Pse, al di là dei contorcimenti ideali e della girandola di posizionamenti, la ricaduta in Italia sarebbe notevole. Di fatto l’intesa con il Pd verrebbe cementata: infatti come sarebbe possibile dividere a Roma quel che è unito a Strasburgo? Forse si può, ma pagando pegno.
E anche nel centrodestra la Babele è forte. Salvini ha aderito allo schema Draghi e fa parte della maggioranza di larghe intese guidata dal premier più europeista di tutti. Ma il solco scavato con Fdi in ambito Ue non è facilmente riassorbibile.
Senza dimenticare che Forza Italia e Berlusconi sono fortissimamente incastonati nelle ranghi del popolarismo targato Ppe. Eppure in caso di elezioni politiche (ma anche adesso per le amministrative di autunno), i tre partiti si presenteranno assieme convinti di vincere: e tanti saluti alla Ue e ai suoi magheggi di gruppi e gruppetti parlamentari.
Ritorniamo all’inizio. Più Europa è complicato, meno Europa è impossibile. Però una fetta non indifferente della debolezza della Ue sugli scacchieri internazionali, la problematicità ad assumere il ruolo di player geo-mondiale in grado di affrontare i giganti Usa e Cina risiede anche nella fragilità delle alleanze, nella tortuosità delle appartenenze, nella rarefazione degli ancoraggi politici.
L’Europa arranca sui vaccini ma è nebulosa anche sull’asse maggioritario su cui reggersi. Per mezzo secolo e più è stata governata dell’accordo tra popolari e socialisti. Poi il pilastro Pse si è sgranato e nuove forze, sia europeiste che euroscettiche, si sono affacciate salendo sul palcoscenico europeo. Ma la rappresentazione ha un canovaccio indefinito e sfuggente e il suo leader più importante, la Cancelliera Angela Merkel, si appresta a passare la mano. Solo se la Ue riesce a recuperare un equilibrio politico-istituzionale solido e significativo può ricominciare a correre.