In pieno secondo conflitto mondiale, il 12 marzo del 1941, usciva Meet John Doe (“Arriva John Doe”), con l’eccezionale duo Gary Cooper/Barbara Stanwyck. La perfetta commedia sociologica di Frank Capra era un apologo, ancora attuale, sulla bontà dell’uomo della strada preda del potere della stampa e della politica. Il ricordo dello storico e critico Eusebio Ciccotti
In pieno conflitto mondiale, nel periodo 1940-1944, le potenze impegnate chiedevano ai cineasti un cinema di evasione, storielle d’amore piccolo borghesi, nelle quali gli operai, se comparivano, dovevano esser felici e puliti. Oppure ci si rifugiava nei classici della letteratura, in modo che si evitasse la lettura politica di fenomeni comparabili al presente. In Italia, per fare un esempio, avevamo il cinema dei telefoni bianchi e gli adattamenti da Antonio Fogazzaro. Naturalmente ogni cinematografia produceva film a soggetto di propaganda, i noti film “di guerra”, in cui tutti vincevano.
FA SCUOLA LA COMMEDIA HOLLYWOODIANA
Solo chi aveva alle spalle una buona “scuola”, e diversi generi (il noir; il western; il musical; l’animazione;), come Hollywood, poteva affrontare anche la commedia, in un periodo storico attraversato da lutti e depressione, in maniera creativa e senza cadere nel ridicolo. Il cinema americano attraverso una delle firme più prestigiose del genere leggero del tempo, Frank Capra (insieme a Charlie Chaplin, Preston Sturgess, Ernest Lubitsch, Gregory La Cava erano le colonne della sophisticated comedy e del comico sociale), che nel 1934 aveva fatto parlare di sé con Accadde una notte, sette anni dopo, nel 1941, crea una commedia apologo sul mondo dei media e della politica, pronti a sfruttare l’ingenuità dei puri di cuore: Meet John Doe (Arriva John Doe).
IL TRIONFO DELL’UOMO QUALUNQUE
La trama, nota, ci parla della giovane giornalista Anna Mitchell (Barbara Stanwyck), dalla fervida fantasia, che licenziata dal nuovo direttore chiamato “a tagliare i rami secchi del giornale”, si vendica attraverso l’ultimo pezzo: pubblica la lettera di un certo John Doe, che per protesta contro la modernizzazione della società, che non si occupa più degli uomini in difficoltà; e per tale ragione, si suiciderà, gettandosi dalla torre del Municipio la notte di Natale. Naturalmente la lettera è inventata. Ma parte il caso. Il giornale rivale della città taccia il quotidiano di “giornalismo dozzinale”; le diverse fazioni politiche ci vedono un attacco dei rispettivi oppositori. L’incompetente nuovo direttore accetta l’idea di Anna: mantenere la bugia facendo “scrivere” al personaggio fittizio una lettera a settimana, sino a Natale, per rialzare le vendite, ed essere riassunta con un contratto più vantaggioso. Anna ci riesce. Solo che poi bisognerà trovare un John Doe in carne e ossa. Ma il problema non si pone: arrivano in redazione decine di disoccupati, non rasati, mal vestiti, insomma clochard e barboni. È il silenzioso esercito degli uomini qualunque. Quelli messi ai margini della società del benessere. Tutti asseriscono di aver scritto quella lettera.
POVERO MA BELLO E SPORTIVO
Naturalmente quando, nel provino improvvisato nella redazione, si presenta un uomo alto e slanciato, dal “viso giusto”, che altri non è che Gary Cooper, Ann sceglie lui. Riservato e inizialmente timido, è un ex giocatore di baseball infortunatosi e in cerca di un lavoro per pagarsi il suo ortopedico. Ha il sogno di tornare a calcare i campi. Con la battuta di Sanwyck: “Bello, disoccupato ed ex giocatore di baseball: vero americano!”, Capra e gli sceneggiatori Robert Ruskin e Robert Presnell, sottolineano i temi vincenti di ogni buona commedia hollywoodiana: umorismo, amore e sport nazionali (non è un caso che ancora oggi il maturo Clint Eastwood raggiunga il successo di critica e pubblico con un film quale Million Dollar Baby).
UN FILM CHE PARLA ALLA SOCIETÀ DEL DUEMILA
Arriva John Doe, che vi invitiamo a rivedere, è di una sconcertante attualità ora che attraversiamo altre guerre. Fa il paio con I sopravvissuti di Preston Sturgess, sempre del 1941. Due film che in piena guerra parlano di poveri e di amore per il prossimo. La società egoista degli inizi anni Quaranta sembra molto simile alla nostra del terzo millennio. È sì pronta a farsi caritatevole, ma anche a gridare, dopo pochi minuti, “a morte!” quando il politico corrotto manipola le folle. (John Doe è accusato di essersi prestato al gioco del giornale: ma egli lo aveva fatto, ingenuamente, solo per pagarsi l’ortopedico).
L’ETICA DEL SICILIANO FRANK CAPRA
Ma ecco la giusta impennata d’onestà di John Doe, motivo etico-narrativo del cinema di Capra: ossia, mantenere la parola data. L’uomo si prepara al suicidio dalla Torre del Municipio. Nella notte del 24 dicembre. (Il tema del Natale tornerà nel capolavoro di Capra, La vita è meravigliosa, 1948). Accanto al tema dell’onestà, Capra pone in risalto anche l’amore. Quello sentimentale e quello per la vita. La vita contro la morte, quest’ultima voluta solo dai corrotti politici, per invidia e per vendetta. Perché John Doe non ha assecondato le proposte politiche del manipolatore di turno, il proprietario del giornale, Jimmy Norton, candidato alle politiche, intenzionato a sfruttare elettoralmente i Club John Doe messi su spontaneamente dalla povera gente. (L’attore Edward Arnold, nella complessione della figura, e in alcuni gesti, rimanda a Mussolini).
VINCE L’AMORE DELLA STANWYCK
John Doe rinuncia al suicidio solo dinanzi all’implorante preghiera laica di Anna, “No! Non lo fare, ti prego! Tutti hanno bisogno di te. Ti amo!”. Un manipolo dei suoi fedeli assiste alla scena, ha raggiunto la terrazza della Torre del Municipio. Fa freddo. Nevica. Dal lato opposto i famelici politici, delusi che vinca l’amore, che entri nel cuore degli uomini il perdono, aspettano che il giovane si getti. Ma saranno sconfitti. Come sappiamo, i miti, erediteranno la terra.
ATTORI DI CLASSE
Barbara Stanwyck è una attiva, peperina e romantica giovane ragazza americana in carriera, come ogni mamma sognava per il proprio figlio sin dagli anni del New Deal. Solo tre anni dopo, da solare e luminosa gazzella, sarà la perfida ed eroticamente dark (ricordate come scende le scale della sua villa, presentandosi?) moglie assassina in La fiamma del peccato (Double indemnity,1944), capace di intortare l’ingenuo assicuratore Walter Neff (Fred McMurray). Gary Cooper, già esperto nella parte dell’ingenuo, ma attento provinciale, in Arrivata la felicità (1935), sempre di Frank Capra, girerà più di cento film, raggiungendo imperitura fama nel western, anche grazie al riflessivo, abbandonato e coraggioso sceriffo di Mezzogiorno di fuoco (1952) di Fred Zinnemann. Due grandi attori ancor oggi studiati nelle scuole di cinema.