L’Italia alla ricerca di una strategia africana, con la visita del ministro Lorenzo Guerini a Gibuti, ormai il maggior crocevia militare internazionale dell’intero continente. L’analisi di Stefano Silvestri, direttore editoriale di AffarInternazionali e consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai)
La visita a Gibuti del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, si iscrive in una storia consolidata di rapporti bilaterali tra l’Italia e la piccola Repubblica che si affaccia sul Mar Rosso. Ex-colonia francese, grazie alla sua posizione geografica e al suo grande porto naturale, Gibuti è stata tradizionalmente la più importante base militare francese nella regione: un ruolo confermato anche dopo il conseguimento della sua indipendenza.
Attualmente Parigi vi ospita circa duemila militari e due piccoli contingenti alleati (spagnoli e tedeschi). Da alcuni anni è presente a Gibuti anche una piccola, ma importante base italiana, in appoggio alle forze impiegate nelle varie missioni contro la pirateria, il terrorismo e in genere la sicurezza nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e naturalmente in Africa. Tale presenza è tanto più significativa in quanto a Gibuti sono anche presenti la maggiore base militare americana in Africa (che ospita anche un piccolo contingente militare britannico) e una grande base cinese, aperta nel 2017.
Infine, una più piccola base logistica per l’appoggio alle missioni militari nel continente, è stata stabilita anche dal Giappone. In altri termini, in pochi anni Gibuti è divenuta il maggior crocevia militare internazionale africano e medio orientale. Non è soltanto un utile snodo logistico, ben collocato geograficamente per il controllo del Corno d’Africa, della penisola araba e delle grandi rotte marittime tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano, ma anche un prezioso punto di osservazione per seguire le scelte delle maggiori potenze nella intera regione.
L’Italia non ha ancora elaborato una sua chiara ed esplicita politica africana, al di là del contrasto al terrorismo e all’immigrazione clandestina, ma è certamente interessata a seguire gli sviluppi politici nel Corno d’Africa (Somalia, Eritrea, Etiopia), nonché ai rapporti con l’Egitto. Senza contare che questa regione confina con l’area di interesse della Libia, che rappresenta sicuramente il centro focale di qualsiasi politica mediterranea ed africana del nostro Paese.
La nostra presenza militare in Africa è molto probabilmente destinata ad aumentare, sia in accordo con la Francia e con gli Stati Uniti, sia, auspicabilmente, nel quadro di una comune strategia europea. Benché l’impegno contro la pirateria nel Golfo di Aden e dintorni appaia oggi in netto calo, mentre aumentano gli attacchi e le minacce nel Golfo di Guinea, sulla sponda atlantica del continente africano, la presenza italiana a Gibuti non perde per questo di importanza. Al contrario il crescente rilievo dello scacchiere Asia-Pacifico e il grande coinvolgimento economico e militare della Cina in Africa, confermano l’importanza di questo grande hub strategico internazionale.