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Il nucleare è verde. Fondi del Recovery anche per le centrali? A Bruxelles dicono di sì

Un documento trapelato dal Joint Research Centre, il braccio scientifico della Commissione Ue, suggerisce di classificare l’energia nucleare come investimento ambientalista

L’energia nucleare è sulla strada giusta per essere etichettata come energia “verde” dall’Europa. Una fuga di notizie a Bruxelles raccolta da Euractiv ha fatto emergere la bozza del documento in cui gli esperti del Joint Research Centre (JRC), il braccio scientifico della Commissione, raccomandano di garantire la qualifica ambientalista alla produzione di elettricità dall’atomo.

Il documento finale vedrà la luce solo la settimana prossima. Si tratta dell’inizio di un iter di almeno tre mesi, che innesca una serie di controlli e approvazioni da parte di diversi enti scientifici e istituzionali. Ma se l’Ue accettasse la raccomandazione, l’industria dell’energia nucleare potrebbe beneficiare dell’etichetta di energia “verde” che la renderebbe meritevole di sovvenzioni e investimenti mirati alla sostenibilità, nel quadro della mobilitazione generale dei 27 per la transizione ecologica.

“Le analisi non hanno rivelato nessuna prova scientifica che l’energia nucleare arrechi più danni alla salute umana o all’ambiente rispetto ad altre tecnologie di produzione di elettricità”, si legge nel rapporto, che afferma anche che lo stoccaggio di scorie nucleari in formazioni geologiche profonde è “appropriato e sicuro”.

Mancano ancora “esperienze di lungo termine” per poter garantire la solidità di questo approccio, ma svariati Paesi Ue tra cui Francia, Svezia e Finlandia sono in fase avanzata di sperimentazione in tal senso, e il documento cita anche l’ampio consenso tra le comunità scientifiche, tecnologiche e regolatorie riguardo alla sicurezza dello stoccaggio in questione.

Sempre sul fronte sicurezza la bozza del JRC afferma che anche se le probabilità di evitare incidenti nucleari gravi non saranno mai pari al 100%, si tratta di eventi estremamente rari, dato che negli ultimi 15 anni si costruiscono solo reattori di terza generazione a livello mondiale. “I tassi di fatalità che caratterizza le centrali all’avanguardia sono i più bassi di tutte le tecnologie di generazione dell’elettricità”, conclude il rapporto.

Il documento del JRC sarà posto al vaglio di altri due enti prima che la Commissione possa approvarlo. Passerà tra le mani degli esperti di protezione dalle radiazioni e gestione dei rifiuti designati dall’Articolo 31 dell’Euratom Treaty (il trattato europeo sul nucleare siglato a Roma nel 1957) come anche dagli esperti di impatto ambientale della Commissione scientifica sulla salute e sui rischi ambientali ed emergenti (SCHEER). Foratom, il gruppo di lobbying dell’industria nucleare, ha accolto positivamente la bozza JRC.

I Paesi europei divergono sull’utilizzo dell’energia nucleare. Al summit europeo della settimana scorsa un gruppo di sette Paesi, tra cui la Francia, ha esortato la Commissione a promuovere il nucleare, anche attraverso l’approvazione “verde”. Altri stati membri come l’Austria osteggiano queste posizioni al fianco di alcune associazioni ambientaliste come Greenpeace, che sottolineano il problema dello stoccaggio delle scorie, i ritardi e i costi in rialzo di alcune centrali in costruzione.

Greenpeace, in particolare, si è scagliata contro il JRC, chiamandolo un “servizio strutturalmente pro-nucleare” fondato col trattato Euratom per “creare le condizioni necessarie per la rapida creazione e crescita delle industrie nucleari”. La Commissione ha rifiutato queste accuse evidenziando il progresso scientifico del centro dal 1957 a oggi e la vastità delle materie che tratta, oltre all’indipendenza degli enti di controllo.

Oggi più di un quarto dell’energia elettrica prodotta nell’Unione europea è nucleare. 13 Paesi su 27 ne fanno uso, anche se non tutti sono convinti di voler accrescere la produzione; la Germania, per esempio, mira a spegnere tutti i reattori entro il 2022 (anche se i dubbi non mancano) complice la vasta opposizione al nucleare dei tedeschi.

L’Italia, in tutto questo, rimane la grande assente. Pur essendo circondato da Paesi che producono energia nucleare, il Belpaese ha scelto di non farlo in seguito al referendum del 1987. Ma Roma potrebbe ripensare le sue posizioni sul nucleare in vista degli obiettivi ambientalisti europei, soprattutto considerando gli 80 miliardi che ha destinato per la transizione ecologica nella cornice del Piano nazionale di ripresa e resilienza, basato su fondi e obiettivi di derivazione europea.

Il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha già parlato del connubio tra idrogeno e fusione nucleare (tecnologia in fase di sviluppo) come la carta vincente. Nel piano presentato due settimane fa si fa riferimento all'”autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, anche ubicati in mare, di sicurezza nucleare e di disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi”.

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