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Non solo ristori, la ricetta di Licia Mattioli per uscire dalla crisi

L’imprenditrice ex vicepresidente di Confindustria: giusto aiutare chi non ce la fa, ma perché non impiegare parte delle risorse per incentivare le assunzioni da parte delle aziende in salute? Le imprese zombie possono salvarsi, altrimenti c’è solo l’eutanasia. La proposta dem sul debito? Occhio ai proclami, o si passa dalla padella alla brace

Un po’ emergenza, un po’ guardare oltre l’ostacolo. Il decreto Sostegno, il primo provvedimento anti-pandemico, valore 32 miliardi, del governo Draghi e prossimo all’esame del Consiglio dei ministri (qui l’intervista all’ex sottosegretario Pier Paolo Baretta), dovrà per forza strizzare l’occhio alla crescita e a quel Recovery Fund non ancora messo in cassaforte. Perché tra ristoro e sostegno c’è per ora solo una differenza nominale, non certo reale.

Licia Mattioli, imprenditrice torinese, per quattro anni ai vertici di Confindustria in veste di vicepresidente, oggi nel board di Pininfarina, è di questo avviso: un conto sono i decreti di emergenza, un conto è pensare al dopo, a come rimettere in piedi un Paese con l’economia a brandelli. E allora perché non fare dei ristori una forma di incentivo alla crescita, anziché di sola sopravvivenza?

Mattioli, a breve il decreto Sostegno per le imprese. Ancora ristori, ancora aiuti a chi non ce la fa. Crede sia sufficiente?

Facciamo un passo indietro. Noi dobbiamo certamente aiutare e dare ristoro a chi non ce la fa, soprattutto alle piccole e medie imprese. E quando cadrà il muro dei licenziamenti, il quadro sarà ancora più pesante. Per questo, occorre mitigare il più possibile una situazione drammatica. Detto questo però c’è un secondo aspetto: immaginare una ripartenza del Paese. E questo è il passo successivo, su cui si deve lavorare, fin da ora.

Sì ma come? La sensazione è invece che si pensi e ragioni in una logica di pura emergenza…

La ripartenza può partire solo dalle certezze, perché senza certezze non si va da nessuna parte. Un esempio? Dire che entro l’estate saremo tutti vaccinati è dare una certezza, o almeno provarci e questo è molto importante. La verità è che adesso bisogna pensare a convertire tutte le iniziative volte a consentire alle aziende che non stanno tanto bene di mantenere i posti di lavoro, come possono essere i ristori, in incentivi per favorire l’assunzione delle medesime persone presso aziende che invece stanno molto meglio. Perché a monte di tutto c’è un paradosso.

Quale?

Vede, in questo momento in Italia c’è una forbice molto ampia tra le aziende che stanno bene e quelle che stanno invece male. Le prime hanno bisogno di assumere ma non trovano, proprio perché le seconde sono tenute in vita dai ristori. Ecco che se allora si fa in modo che i ristori diventano incentivi all’assunzione, per portare le persone verso un nuovo lavoro, possiamo già gettare un ponte per la crescita e smetterla di pensare solo in una logica emergenziale. I ristori, insomma, dovrebbero essere un ponte per la crescita. Quindi, giusto aiutare le imprese in difficoltà ma parte delle risorse vadano anche nella direzione di nuove assunzioni, altrimenti si finisce per vivere di soli sussidi.

Chiaro. Faccio notare che a fine giugno, almeno per chi non avrà fatto ricorso alla Cig e ad altri ammortizzatori, scadrà il blocco dei licenziamenti. Confindustria ha suggerito una norma transitoria che renda meno traumatica la fine della moratoria. Lei cosa pensa?

Sono d’accordo, dobbiamo prevenire questo tipo di shock, non possiamo permettercelo anche da un punto di vista sociale. Credo che in questo senso una buona riforma degli ammortizzatori sociali possa essere la soluzione migliore.

Mattioli, il premier Draghi ha spesso sottolineato la necessità di impedire il proliferare di aziende zombie. Vale la pena salvarle queste aziende oppure lasciare che il mercato faccia la selezione?

Credo che sia importante mappare queste imprese e in un secondo motivo capire e si possono aiutare o meno. Nel lusso, settore dove opero, spesso ci sono state aziende decotte che prese da aziende sane hanno ricominciato a funzionare. Servirebbero delle imprese capofila, dello stesso settore di queste imprese zombie, che possano prendere queste realtà, qualora ce ne sia ragionevole motivo. Altrimenti, se non c’è speranza, meglio l’eutanasia.

Il Pd ha rilanciato una proposta, che poggia su un’intuizione dello stesso Draghi, di sterilizzare il debito accumulato da imprese e famiglie causa pandemia. Solo una sparata o qualcosa di più?

La questione può anche essere aperta, d’altronde il tema debito c’è. Però intendiamoci bene, come si fa? Attenzione a lanciare proposte senza sapere come fare. Se il debito deve essere abbuonato e messo in pancia allo Stato anche no, visto che già abbiamo uno stock elevatissimo. Allora potremmo immaginare una moratoria sulla moratoria, un allungamento delle scadenze, questo sì. Altrimenti il risultato è che passiamo dalla padella alla brace.

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