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Più farmaci, più Pil. Il caso irlandese un esempio per l’Italia

Secondo l’autorevole centro studi tedesco Wifor i nuovi farmaci per cancro e malattie cardiovascolari genereranno 52 miliardi di valore in due decenni, con un ritorno di 3,8 euro per ogni euro investito. Un caso simbolo, anche per l’Italia

La ricerca farmaceutica conviene. E fa bene al Pil, non solo alla salute delle persone. Non sono solo parole ricche di speranza in un momento drammatico come quello attuale, non solo almeno.  Ma numeri veri e concreti. Quelli cioè contenuti nell’ultimo rapporto dell’istituto tedesco Wifor, redatto per l’associazione delle imprese farmaceutiche irlandesi e diffuso sui canali della Radio e Televisione di Stato dell’isola.

Ebbene, secondo lo studio si prevede che i nuovi farmaci per il cancro, le malattie cardiache e respiratorie genereranno quasi 52 miliardi di euro di valore socio-economico per l’Irlanda in un periodo di 20 anni, 11 mila euro per ogni cittadino irlandese. Praticamente l’equivalente (e oltre) di due manovre italiane di finanza pubblica. Il titolo della ricerca è emblematico, Il valore dei medicinali in Irlanda. In altre parole, quanto il progresso scientifico non solo possa migliorare la qualità della vita, ma apportare un effetto benefico all’economia di una nazione. In questo caso l’Irlanda. Ma potrebbe essere anche l’Italia.

Nei prossimi due decenni i soli farmaci per le malattie cardiovascolari genereranno 25,8 miliardi di euro in valore socioeconomico aggiuntivo per l’economia irlandese. Nel campo del cancro, tale cifra è invece di 16,8 miliardi di euro, mentre 9,1 miliardi di euro è il valore socioeconomico aggiuntivo calcolato per le malattie respiratorie. Sommando le tre voci, il beneficio socioeconomico totale, distribuito nelle tre aree terapeutiche, è quasi un quarto del reddito nazionale lordo irlandese e due volte e mezzo il bilancio sanitario dello Stato quest’anno.

Non è tutto. Un dato non meno importante è quello relativo al ritorno per ogni euro investito in medicinali: 3,8 euro da qui fino al 2025. Senza considerare che, in 20 anni, i nuovi farmaci per le malattie cardiovascolari comporteranno 703.210 anni di vita persi in meno.

Dennis Ostwald, amministratore delegato del Wifor ha affermato come “la nostra analisi evidenzia il significativo contributo economico e sociale dell’industria biofarmaceutica all’economia di un Paese. Il nostro lavoro mostra i guadagni, economici e non, generati dai nuovi farmaci, utilizzando un’analisi di 20 anni di malattie chiave per collegare l’innovazione dei farmaci con i guadagni nell’aspettativa di vita”.

Ora, l’Italia è certamente un’eccellenza nella farmaceutica, grazie a 31,2 miliardi di euro di produzione, di cui il 79% destinato all’export (24,8 miliardi di euro)
e 2,8 miliardi di euro di investimenti, Ma lo studio di cui sopra dimostra che investire nel farmaco è sempre un buon affare.

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