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Integrazione europea e regionale. La prova per Draghi secondo D’Onofrio

Un contesto di europeismo non soltanto retorico e declamatorio da un lato, e dall’altro una visione di unità nazionale pienamente consapevole del significato storico e culturale delle autonomie locali: questi sono gli orizzonti culturali e politici dai quali l’attuale governo Draghi dovrebbe trarre alimento

Le vicende degli ultimi giorni hanno posto contestualmente in evidenza l’intreccio sempre più intenso tra il processo di integrazione europea da un lato e, dall’altro, la difficile attuazione del Titolo V della Costituzione Italiana, concernente, come è noto, la questione così detta del regionalismo speciale.

Come aveva già indicato il Presidente Sergio Mattarella nel momento in cui si diede vita all’Italia a tre colori, si era in presenza di una pandemia che aveva dato vita a tre emergenze: sanitaria; economica; sociale. Gli sviluppi della pandemia hanno progressivamente fatto emergere la necessità di dar vita ad interventi molteplici che cercavano di tenere insieme e contemporaneamente la tutela della salute da un lato e il diritto al lavoro dall’altro.

La evoluzione nei tempi più recenti ha fatto progressivamente passare dalla ricerca di provvedimenti-tampone, a un più generale piano di vaccinazioni, una volta che si sia venuti in possesso di vaccini capaci di resistere proprio agli effetti più devastanti della pandemia. Il contesto europeo, pertanto, ha finito con il considerare la questione della pandemia sempre più dal punto di vista dei vaccini.

Ma si è venuti a constatare che proprio sulla questione dei vaccini mancava e manca una strategia europea complessivamente tendente ad affermare una qualche autosufficienza dell’Europa medesima in materia di vaccini, a differenza di quanto si poteva constatare in riferimento al notissimo vaccino russo Sputnik, e agli ancora poco conosciuti vaccini cinese ed indiano. Di qui la percezione sempre più evidente dell’allontanamento della Gran Bretagna dalla Unione europea.

Basti pensare alla aggrovigliatissima vicenda che ha coinvolto il vaccino anglo svedese AstraZeneca. Si è infatti finiti persino con il ricercare le ragioni per le quali una grande quantità di vaccini AstraZeneca siano prodotti in Italia ad Anagni, senza che se ne sappia nulla in riferimento alle sue esportazioni fuori dal continente europeo.

Le critiche anche da questo punto di vista svolte molto rigidamente dal presidente Draghi nell’ultima conferenza europea sul tema dei vaccini hanno avuto e hanno una questione di fondo: siamo in presenza di una situazione puntuale ed eccezionale o siamo in presenza di una nuova stagione di un processo anche costituente dell’integrazione europea?

Ed è proprio in questo contesto che per il presidente Draghi si è posta la questione delle intollerabili differenziazioni regionali concernenti gli anziani.

La vicenda della vaccinazione aveva infatti finito col diventare determinante anche del processo di integrazione europea, sì che venivano contemporaneamente in questione da un lato la necessità di una comune visione europea e dall’altro l’opportunità di un coordinamento nazionale, rispetto al quale nessuna autonomia regionale poteva o può determinare disomogenee differenze territoriali quale che sia l’autonomia regionale invocata.

Le critiche all’insufficiente contesto europeo, con la conseguente e ripetuta affermazione della necessità di una purtroppo tuttora mancante visione continentale comune, hanno pertanto finito con il coincidere temporalmente con le critiche definite “inaccettabili” alle differenziazioni regionali, esse sospettate di essere dovute a questioni conseguenti alle capacità contrattuali delle più svariate categorie lavorative.

Mai come in questa situazione appariva evidente, da un lato, che solo un governo fortemente tendente a proseguire il cammino della integrazione europea, e dall’altro che il rapporto tra stato e regioni deve comunque essere caratterizzato da una determinante collaborazione istituzionale, capace di tenere insieme le specifiche differenze storiche e culturali da parte a parte del territorio nazionale.

Un contesto di europeismo non soltanto retorico e declamatorio da un lato, e dall’altro una visione di unità nazionale pienamente consapevole del significato storico e culturale delle autonomie locali (come afferma l’articolo 5 della Costituzione): questi sono gli orizzonti culturali e politici dai quali l’attuale governo Draghi dovrebbe trarre alimento.

Questa infatti è la sfida di fronte alla quale si trova non già la persona del presidente del Consiglio dei ministri, ma la natura stessa dell’Unità Nazionale che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva posto proprio a fondamento nell’incarico dato a Mario Draghi: formare un governo che non avesse a fondamento una qualunque più ristretta o specifica maggioranza politica.

È dunque in questo contesto che l’Italia si presenta entro il prossimo aprile a presentare la propria proposta concernente il Recovery Fund; ed è sempre in questo contesto che l’incontro fissato per il prossimo lunedì tra le Regioni e il presidente del Consiglio potrà finire con il porre le basi per un nuovo Titolo V della Costituzione.



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